La guerra e le false notizie di O. M. Schena
da CONFLITTI E STRATEGIE (Gianfranco La Grassa)
{…}L’esistenza di un sistema di tutele e di garanzie giuridiche è pre-condizione al godimento dei diritti della persona e, appunto, per lo sviluppo umano, inteso nel suo senso più alto.
Si tratta di fondamenti riaffermati dalla stessa Carta delle Nazioni Unite, che sin dal suo preambolo ha enunciato l’impegno “a creare le condizioni in cui la giustizia e il rispetto degli obblighi derivanti dai trattati e dalle altre fonti del diritto internazionale possano essere mantenuti” e “a promuovere il progresso sociale e un più elevato tenore di vita in un contesto di accresciute libertà”.
“Sembra che il progresso sociale sia un’araba fenice e che però, purtroppo, i cambiamenti climatici e drammatici conflitti rendono tutto più difficile”; ma nessuno, eccetto i turiferari del potere, potrebbe disconoscere il vertiginoso accrescersi delle libertà e l’elevarsi del tenore di vita.
“(…)Ci troviamo, purtroppo, in un contesto più complesso di quanto si immaginava poco tempo addietro.
All’intensificarsi degli effetti negativi del cambiamento climatico si aggiunge il proliferare di drammatici conflitti che allontanano dall’impegno di dare priorità a quell’agenda.
Le conseguenze sono disastrose: allo stato attuale solo una parte modestissima degli obiettivi dell’Agenda 2030 sarebbe raggiungibile nei tempi indicati.
Il lavoro che attende questa Conferenza preparatoria sarà prezioso (…)
Affidarsi esclusivamente alla buona volontà degli attori in gioco si è rivelato, spesso, illusorio.
Ecco perché l’Obiettivo 16, oggetto della riflessione di questa giornata, costituisce – e comporta – un passaggio ineliminabile.”
“Troppe persone, troppe popolazioni vivono nell’insicurezza.
Come potremmo parlare, infatti, di pace come sviluppo se non sostenendo i diritti delle persone e dei popoli?
Come potremmo, se non affermando la pratica, nei conflitti, dei principi delle Convenzioni di Ginevra in materia di diritto umanitario, oggi apertamente violati?”
E qui a me pare che il malvezzo degli interrogativi possa servire a coprire, ovvero a nascondere la vecchia ma sempre utile arte del “dire non dicendo”e del “non dire dicendo”.
“Se non ponendo in campo norme e iniziative a tutela della condizione femminile, contro la violenza sui fanciulli e sulle donne, sullo sfruttamento da parte della criminalità organizzata, sulla marginalizzazione dei disabili?
Sono questioni che riguardano da vicino le istituzioni e l’amministrazione della giustizia.
Si tratta di porre fine alla insicurezza cui sono confinate troppe popolazioni e troppe persone.
Siamo particolarmente onorati, in proposito, di avere proposto e ottenuto l’assenso dell’Assemblea Generale, poco più di un mese fa, su una Risoluzione che, a ventiquattro anni dalla Convenzione di Palermo, ha dichiarato, ricordando la figura di Giovanni Falcone, il 15 novembre di ogni anno, “Giornata internazionale per la prevenzione e la lotta contro tutte le forme di criminalità organizzata transnazionale”.
La stabilità degli stessi Stati, la vigenza dello Stato di diritto, troppo spesso vengono messi in causa da queste forme di pervasiva criminalità.
Se questi sono temi di urgenza particolare, la prospettiva verso la quale ci muoviamo è quella di rendere le nostre società più coese e giuste, allargando gli spazi civici e politici di partecipazione a tutte le componenti delle società; rendendo le istituzioni, a ogni livello, più inclusive e più rappresentative: in ultima analisi rinsaldando il “contratto sociale” tra popoli e istituzioni.
Si tratta di condizioni essenziali per lo sviluppo della persona, purtroppo fragili o assenti in tante parti del mondo.
Anche per questo l’Italia è impegnata con convinzione a far avanzare l’attuazione di questo obiettivo e a collaborare a questo fine con organizzazioni come l’Idlo, che ospitiamo a Roma.
Signore e signori,
pace e sviluppo hanno destini incrociati.
Non può esservi l’uno, senza l’altra.
Viviamo in un’epoca con il maggior numero di conflitti dalla fine della Seconda guerra mondiale che divorano enormi risorse nella corsa agli armamenti, sottraendole allo sviluppo.”
Quest’ultima considerazione sembra davvero un insulto alla nostra memoria. E non si può non notare come vi sia uno smisurato uso, dunque un abuso dell’aggettivo “troppo”.
“L’appello alla costruzione delle condizioni necessarie per la pace e per porre fine ai conflitti non potrebbe essere più necessario e urgente.
Fronteggiamo oggi un pericolo ulteriore che mina il rapporto di fiducia con le istituzioni e tra i Paesi, quello della disinformazione.
È di venerdì scorso la Giornata mondiale per la libertà di stampa che ammonisce, ogni anno, sul valore della libertà dell’informazione per il mantenimento della democrazia.
Temi come l’accesso all’informazione, la libertà di espressione, la tutela della privacy, appartengono, a buon diritto, alle mete incluse nell’Obiettivo 16, oggetto di questa discussione.
Con – e nelle – Nazioni Unite dobbiamo lavorare per ricostituire la fiducia tra le nazioni, rinsaldare la cooperazione internazionale e tessere nuove reti di comprensione e di collaborazione.
È sulla base di questo approccio che l’Italia dispiega la sua azione, con ferma determinazione nel sostenere gli strumenti di dialogo basati su quel principio di multilateralismo che oggi vediamo così drammaticamente messo in discussione dall’aggressione russa all’Ucraina e dalle conseguenze dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese.
Non possiamo continuare ad attardarci in relazioni tra Paesi basate su visioni ed eredità ottocentesche, su pulsioni di potenza.
A chiedercelo con forza sono i cittadini, i giovani, le donne, che chiedono un avvenire ispirato agli obiettivi che l’Agenda 2030 ha delineato.
Con questi auspici auguro a tutti voi buon lavoro.
(…)Come potremmo parlare, infatti, di pace come sviluppo se non sostenendo i diritti delle persone e dei popoli?
Come potremmo, se non affermando la pratica, nei conflitti, dei principi delle Convenzioni di Ginevra in materia di diritto umanitario, oggi apertamente violati?”
Verrebbe da commentare: un interrogativo dopo l’altro e tutto è come prima. Attendiamo ora che il Presidente della Repubblica ci illumini sulla nuova unità di misura idonea a valutare l’autorevolezza delle Forze dell’Ordine.
Annotiamo comunque, en passant, come sia durata davvero solo un attimo la solidarietà presidenziale ai ragazzi manganellati. Ebbene sì, anche i Presidenti possono sbagliarsi.
«voler mettere a tacere chi la pensa diversamente contrasta con le basi della civiltà e con la nostra Costituzione»: Mattarella dixit … resta da capire come possa tutelarsi “la libertà di manifestare pubblicamente opinioni” se questa manifestazione viene definita, apoditticamente, dal potere presidenziale “censura”! Ma non tutto può essere compreso, soprattutto da dei poveri villani come noi.
Il Presidente Mattarella il 6/5/2024 si è detto, dunque, molto lieto di aprire i lavori dell’incontro su “Pace, Giustizia e Istituzioni per lo Sviluppo Sostenibile”, dedicato all’Obiettivo 16 dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite.
Qui non si vuole mettere assolutamente in dubbio che il P.d.R. possa aver provato un grande piacere nel sottolineare come pace, inclusione, giustizia siano principi portanti anche dell’ordinamento costituzionale italiano. Ma è pur vero che correrebbe anche l’obbligo di precisare (s’intende ad avviso di chi scrive), che potrebbe anche trattarsi di un macroscopico caso di fictio iuris (finzione del diritto). E non tanto perché la Carta costituzionale italiana sia di qualità inferiore alla Carta dell’ONU, quanto in base alla medesima osservazione presidenziale: “Affidarsi esclusivamente alla buona volontà degli attori in gioco si è rivelato, spesso, illusorio”, così ha voluto precisare il Presidente della Repubblica.
Ne deriva che cambiando il campo di applicazione delle Carte, il risultato non cambia. Poi il Presidenteha aggiunto: quel “principio di multilateralismo che oggi vediamo così drammaticamente messo in discussione dall’aggressione russa all’Ucraina e dalle conseguenze dell’irrisolto conflitto israelo-palestinese”. E qui, forse, senza il forsenecessiterebbe un approfondimento … se, naturalmente, non ci si vuole sdraiare sulla vulgata della NATO, come sembra preferire il Presidente! Approfondimento che, chi vuole, può ascoltare dai link del prof. Alessandro Barbero, più avantiriportati.
È noto come uno storico come Luciano Canforavenga considerato un nipotino di Stalin e, dunque, un parente stretto, stretto di Putin, cioè del “male”,ovvero di Satana. Qui non si vuole indagare sulle parentele del P.d.R. Mattarella o di Biden, sicuramente pure e celestiali, ma saremmo curiosi di conoscere quali parentele si vorranno tirar fuori per lo storico Alessandro Barbero, il quale pare (ma è lui a confessarlo) abbia avuto due nonni fascisti, di cui uno fucilato dai partigiani:
1)https://www.youtube.com/watch?v=BS7qT6Pi6Xs
Il Professor Barbero sull’Ucraina E A. Di Battista : “È impossibile capire che razza di guerra sia”
2)https://www.youtube.com/watch?v=OXtrotorc6Y
NATO & UCRAINA – Alessandro Barbero (2023)
3)https://www.youtube.com/watch?v=K9krUnGXJUs
Perché UCRAINA e RUSSIA si ODIANO? – Alessandro Barbero (Inedito 2022)
In ogni caso l’espressione del P.d.R. Mattarella“sull’aggressione russa all’Ucraina” ci dice, in modo abbastanza chiaro, che il Presidente non ha mai letto nulla di Marc Bloch, o che, se ha letto qualcosa, deve averla dimenticata all’istante. Già, ma perché mai uno dovrebbe conoscere e ricordare Marc Bloch? Carneade, chi sarà mai costui? In realtà questo è solo un modo di dire, perché il filosofo scettico Carneade sarà molto, grandemente, assai più noto di Bloch al colto e all’inclita, presidenti compresi.
Al Presidente Mattarella basta, invece, una sola parola: “irrisolto”, per liquidare “Il conflitto israelo-palestinese” che ha ormai raggiunto la veneranda età di 75 anni. Ma qui bisognerebbe saper apprezzare la grandissima, sconfinata capacità di sintesipresidenziale, qualità di cui, ahimè, chi scrive è del tutto carente.
Non sarebbe male ricordarsi come il Presidente Mattarella in qualità di vice presidente del Governo D’Alema nel 1999 fece partecipare l’Italia ai bombardamenti di Belgrado; altro che la storiella dei 70anni di pace in Europa! Questa azione bellica illegale che per prima ha riportato la guerra in Europa, signor Presidente.
E come Presidente d.C. all’epoca c’era un piccista doc come Massimo D’Alema. Dieci anni dopo, proprio costui, così dichiara al Riformista:
«Pentito no, mai. Continuo però ancora oggi a pensare che non era necessario bombardare Belgrado». Davvero meraviglioso: “Pentito no, mai” – Pentito sì – pentito un caz. Pentito per l’inutile spreco di bombe su Belgrado, che si potevano risparmiare? Compagno sì, compagno no, compagno un caz! D’Alema, un tipo dalla coscienza davvero funambolesca!
Compagno Si, Compagno No, Compagno Un Caz
RICKY GIANCO
Ad ogni buon fine qui si può escluderecategoricamente che il discorso del presidente Mattarella sia riducibile ad una truffa semantica o ad una fiera di menzogne soltanto perché quel discorso sarebbe un impilaggio di punti interrogativi, neanche quei punti interrogativi fossero figurine delle collezioni Panini. La questione, in verità, è assai più seria e grave perché potrebbe nascondere una sindrome linguistica.
Dato, però, il suo intervento all’Onu del 6/5/2024, dovrebbe, comunque essere chiaro che il P.d.R. Mattarella non ha mai letto nulla di Marc Bloch, o che, se l’avrà letto, l’avrà presto dimenticato:
(Tratto da: Marc Bloch “La guerra e le false notizie” ed. Donzelli 2004 p. XV)
“psicologia della testimonianza”
Subito dopo la guerra, la propria esperienza individuale è ripensata da Marc Bloch a un livello più generale, una prima riflessione sulla storia volta al superamento della vecchia opposizione fra verità ed errore, fra realtà e rappresentazione. Muovendo da una lettura critica di quattro libri recenti su questo tema, l’articolo del 1921 sulle “false notizie della guerra” propone agli storici di fare propri i risultati delle ricerche sulla “psicologia della testimonianza”, ma anche di dare una dimensione collettiva ad analisi che gli psicologi riducono generalmente a esperimenti individuali di laboratorio. L’oggetto della storia non è l’individuo isolato, ma la società; è la guerra è stata un “esperimento immenso di psicologia sociale” che lo storico deve imparare a studiare come tale. Le “false notizie” avrebbero dovuto essere analizzate come altrettante realtà identificabili che, al di là della loro falsità, rivelano in modo indiretto qualcosa di nascosto sulla società: quest’ultima, infatti, le accetta e le diffonde solo se esse corrispondono a sue attese profonde. La loro diffusione, inoltre, è possibile quando siano realizzate le condizioni favorevoli alla loro accettazione (nel caso della guerra: la censura, la disorganizzazione dei circuiti “normali” di comunicazione dell’informazione, l’isolamento di piccoli gruppi di individui nelle trincee) e quando esistano dei “mediatori” per la loro diffusione.
Veniva così definito un programma di lavoro in cui le “false notizie” o le “credenze popolari” erano proposte come oggetto di studio per lo storico in quanto testimonianze indirette su quelle che non si era ancora presa l’abitudine di chiamare le “mentalità collettive”. “Una falsa notizia nasce sempre da rappresentazioni collettive che preesistono alla sua nascita”: sono queste, non quella, che contano per chi vuol capire una società. Se anche i re inglesi e francesi non hanno mai avuto il potere di guarire gli scrofolosi, la stessa credenza in questo potere presso larghe fasce di popolazione costituisce una “realtà” storica e una dimensione fondamentale delle società dell’ancien regime che avrebbe dovuto essere analizzata come tale: “la falsa notizia” è lo specchio nel quale la “coscienza collettiva” contempla i propri lineamenti.
Marc Bloch
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Ebbene lo confesso, ho il sospetto che la condanna morale di tanta parte della storia, ivi compresa quella dei secoli recenti e passati, nasconda un’autoassoluzione, ovvero, la proclamazione dell’innocenza del mondo in cui viviamo, ovvero: l’innocenza dei vincitori.
Le “illusioni”, come le “false notizie”, almeno così sembra allo scrivente, possono rivelarsi estremamente pericolose se mantengono in un’abiezione di fede tanta povera gente, mentre la sconcezza del “far bottega” su quell’abiezione equivale a far divenire il “tragico quotidiano”, “disonesto quotidiano”.
Ci sarebbe, insomma, quanto basta per doversi preoccupare seriamente.
Oronzo Mario Schena
12 maggio 2024
FONTE: http://www.conflittiestrategie.it/la-guerra-e-le-false-notizie-di-o-m-schena
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