Non accenna a fermarsi la protesta degli studenti italiani ed europei per la Palestina. Nella giornata di mercoledì 8 maggio sono state montate alcune tende all’interno del polo universitario di Palermo mentre nel frattempo appelli per analoghe proteste sono stati lanciati anche dalle mura del campus dell’ateneo di Cosenza. La “acampada” siciliana si aggiunge così alle già insediatesi tendate nelle città di Bologna, Napoli e Roma, e risponde con esse in anticipo all’appello nazionale lanciato dai giovani palestinesi sulle proprie piattaforme social, i quali hanno invitato tutti gli studenti e i membri del personale d’ateneo italiani a riunirsi il prossimo 15 maggio in occasione del simbolico anniversario della nakba per protestare contro la presenza filo-israeliana nelle università. Intanto temporeggia il Governo sulla linea da adottare: il 13 maggio è stata infatti fissata una riunione del Comitato per l’ordine e la sicurezza con i rettori e le rettrici, indetta su esplicita richiesta della Ministra per l’università Anna Maria Bernini al Ministro dell’interno Matteo Piantedosi.
L’occupazione che ha avuto luogo mercoledì nell’università di Palermo ha visto montate alcune tende di fronte all’edificio 19 del polo universitario, e vuole, come dichiarato dagli studenti, «chiedere l’interruzione degli accordi di ricerca con le università e le aziende israeliane complici del genocidio, e con le aziende italiane che sostengono politiche belliche». Intanto gli studenti dell’università di Cosenza hanno richiamato i propri colleghi a partecipare alla acampada prevista il prossimo 15 maggio alle 16.00 sotto il rettorato, rispondendo così al più ampio appello lanciato dai giovani palestinesi nei giorni scorsi. Le proteste che hanno trovato sfogo nella giornata di mercoledì si aggiungono così al generale clima di mobilitazione a favore della Palestina che sta investendo da mesi gli studenti italiani, e si inseriscono sulla scia della via via più capillare erezione di campi di solidarietà nei confronti del popolo palestinese che sta generalmente avendo luogo negli atenei di tutto il mondo. In Italia, nello specifico, è stata Bologna a inaugurare la tendenza, erigendo il proprio campo di solidarietà in data 5 maggio. All’ateneo emiliano sono seguiti quello di Roma e quello di Napoli.
I giovani palestinesi hanno lanciato una mobilitazione generale per il prossimo 15 maggio, spiegando le ragioni della ribattezzata “intifada studentesca” con un comunicato redatto alla maniera di un documento formale, e avanzando nello specifico quattro precise richieste: in primo luogo gli studenti chiedono alle università italiane per mezzo della CRUI (Conferenza dei Rettori delle Università Italiane) di denunciare l’azione militare israeliana a Gaza e di fornire solidarietà e assistenza alla popolazione civile colpita dagli attacchi di Tel Aviv; successivamente domandano lo scioglimento immediato dei rapporti con le università israeliane e il boicottaggio del sistema accademico di Tel Aviv “braccio forte dell’apparato di occupazione coloniale” di Israele; il terzo punto chiede all’esecutivo di “limitare al minimo la complicità del Governo italiano nei crimini di guerra” e contro l’umanità; infine viene chiesta l’istituzione di un fondo per finanziare progetti di ricerca e di sostegno con e verso le università e gli studenti palestinesi. In attesa dell’anniversario della nakba, il Governo italiano sta temporeggiando nel decidere in che maniera e modalità rispondere. Riguardo a ciò la Ministra Bernini in occasione del suo intervento al forum del quotidiano Domani a Napoli ha annunciato un incontro del Comitato ordine e sicurezza con la CRUI, «in modo da capire com’è la situazione nel rapporto con gli studenti nelle università».
Il continuo sorgere di campi di solidarietà non è un fenomeno unicamente italiano, ma è una forma di protesta che sta investendo tutto il mondo, e che ha assunto pienamente i connotati di un movimento globale. Dopo le proteste studentesche statunitensi, infatti, analoghi campi sono sorti in ogni angolo del pianeta, arrivando in Canada, Messico, Australia, e Medioriente. Anche l’Europa sta venendo particolarmente colpita da questa nuova ondata di contestazioni, e sono sorti campi nel Regno Unito, in Francia, in Spagna, in Germania e in numerosissimi altri Paesi del vecchio continente. In Italia, la “mobilitazione dei saperi” va avanti sin dalla metà di novembre. Poco dopo la metà di marzo, a Torino c’è stato il primo caso di approvazione di una mozione che sospende la partecipazione di una università al bando MAECI per la collaborazione con le università israeliane, e qualche giorno dopo tale soluzione è stata approvata anche dalla Normale di Pisa, cui studenti si sono raccontati a L’Indipendente. In generale la mobilitazione nelle università si sta facendo sempre più sentita e si sta allargando in tutta Italia.
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