Aquisgrana: metamorfosi o fine dell’Unione Europea?
di INDIPENDENZA
Il 22 gennaio 2019 è destinato a passare alla Storia. Che il “Trattato di amicizia” franco-tedesca, firmato ad Aquisgrana, sia attuato o meno, implicherà ovviamente differenze profonde di scenario, pur tuttavia il messaggio che arriva è già dirompente per il suo significato politico e per le ripercussioni che comunque comporterà.
Innanzitutto si tratta di un palese atto di insubordinazione e di sfida alla ‘leadership’ USA, uno strappo senza precedenti nel processo di costruzione europea perseguito dagli Stati Uniti dal secondo dopoguerra, di portata enormemente superiore allo strappo gollista tra la fine degli anni ’50 e ’60.
In secondo luogo l’auto-formalizzatosi direttorio franco-tedesco cambia radicalmente la natura della cosiddetta “Unione” Europea. Chiaro l’intento sia di superare l’attuale Unione Europea confederale accentuando in modo ancor più marcato i peraltro già esistenti rapporti di subordinazione interni, sia di silurare il progetto di Unione Europea federalista, a governo unico, di spinelliana memoria e di atlantico interesse.
Nell’Accordo, alla primazia decisionale e alla funzione ‘motrice’ di Germania e Francia nella UE fanno da contraltare i restanti Paesi dell’Unione. Questi, pur nella diversità di condizioni socio-economiche, brillano per non avere voce in capitolo, ignorati nel loro essere soggetti deboli, nelle loro economie prostrate, nelle loro privazioni di sovranità, nemmeno invitati nei previsti “consigli franco-tedeschi”, entità subalterne e, sottinteso, tenute ad adeguarsi alle decisioni di un direttorio che si pone ‘forte’ in termini militari, economici, commerciali, tecnologici. Il richiamo alla UE che echeggia un po’ qua e un po’ là nell’Accordo sembra fatto apposta intanto per configurare una ‘massa critica’ verso gli USA, l’alleato che si sa ostile a questi sviluppi.
È del resto il timore della reazione USA, il suo configurarsi ostile che giustifica e rende necessario oggi quel Trattato un po’ ‘innaturale’ che, per ragioni interne ed estere, non è privo di rischi per gli stessi contraenti, in particolare per la Germania (si pensi ad esempio al ‘se’ e ‘come’ si riconfigureranno le relazioni con quei Paesi sinora gravitanti nell’orbita tedesca). Sarà ovviamente necessario aspettare la reazione statunitense e la forza invasiva assolutamente da non sottovalutare che è in grado di esercitare, in alcuni Paesi in modo particolare, Italia in primis.
Il silenzio dei gruppi (sub)dirigenti italiani di semi-governo e di opposizione è paradigmatico dell’assoluto imbarazzo e dell’incapacità politica sia di comprendere gli eventi, sia di quali passi intraprendere. Si sta e ci si comporta come pesci in barile. Decenni di servilismo a Washington, a Bruxelles e a Francoforte, del resto, hanno fatto per generazioni bei danni.
Il Trattato di Aquisgrana è la prosecuzione più ampia e meglio configurata, nelle intenzioni, del progetto di “esercito europeo” (la PeSCo) varato nel dicembre 2017 dai capi di Stato e di governo dell’Unione Europea (25 su 27 i Paesi sinora aderenti, con fuori solo Danimarca e Malta), su decisivo impulso di Francia e Germania (in primis per lanciare «operazioni militari ad alta intensità» fuori dall’UE in maniera efficace e tempestiva, sul presupposto di una Francia potenza atomica militare e di una Germania prima potenza industriale). Vi è, ad esempio, un interesse invasivo verso l’Africa (la Francia ha da difendere la sua area coloniale, insidiata da Cina e Stati Uniti).
Sfrondato dalle frasi di circostanza e di equilibrismo diplomatico, si mira a rafforzare la cooperazione tra le rispettive forze armate con istituzione di un apposito Consiglio franco-tedesco di difesa e sicurezza (art. 4). Nella UE i due Stati si impegnano “a consultarsi regolarmente prima dei grandi eventi europei a tutti i livelli, cercando di definire posizioni comuni”. Saltata la richiesta tedesca di trasformare il seggio permanente della Francia in seggio UE (cioè condiviso con Parigi), alla fine si è convenuto sul prosieguo degli sforzi per la riforma del Consiglio di Sicurezza dell’ONU e, conseguentemente, “l’ammissione della Repubblica Federale di Germania quale membro permanente del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è una priorità per la diplomazia franco-tedesca”. Quindi viene formulato l’obiettivo sia dell’integrazione delle rispettive economie “al fine di creare una zona economica franco-tedesca con regole comuni”, sia dell’armonizzazione bilaterale delle rispettive legislazioni, in particolare in materia di diritto commerciale, per “promuovere la convergenza tra i due Stati e migliorare la competitività delle loro economie” (art. 20).
Insomma, le chiacchiere europeiste ad Aquisgrana si sono sciolte come neve al sole. L’unica buona notizia è che forse si tratta di un’ottima opportunità perché la UE deflagri e che (anche) l’Italia ritrovi una possibilità di rinascita. Con ben altre classi dirigenti ed un’idea di società alternativa a quella da decenni dominante, ovviamente. C’è comunque, politicamente, molto da fare in tal senso!
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