Il futuro del welfare aziendale è già nel 2017
In un ipotetico e ambito ritorno alla sovranità popolare, e l’indipendenza nazionale, nella quale lo Stato sarà capace di realizzare nuovamente delle politiche fiscali decise democraticamente, così come delle strategie economiche libere da vincoli astratti come quello del 3% (nel rapporto tra deficit pubblico e PIL), bisognerà sciogliere una serie di nodi su come gestire il necessario aumento del deficit pubblico.
Sicuramente aumenterà nella misura in cui si potranno recuperare le potenziali risorse economiche al momento sprecate: quali la forza lavoro attualmente inoccupata, così come una fitta rete di servizi e centri industriali al momento scomparsi e deteriorati. Servirà una spesa adeguata per la rinazionalizzazione degli assets strategici (es: siderurgia, trasporti, energie, telecomunicazioni), servizi finanziari, e ovviamente i servizi essenziali (scuola, sanità).
Tuttavia, occorrerà affrontare, nello stesso tempo, anche la questione della bpd (bilancia dei pagamenti). Come si potrà impedire che un aumento degli investimenti non generi, a sua volta, una domanda aggregata tale da aumentare in modo eccessivo il consumo di beni esteri?
A seconda delle scuole di pensiero, nello stesso ambito post-keynesiano, abbiamo soluzioni diverse. Un filone è quello che propone la MMT (Teoria della Moneta Moderna), che vede nelle importazioni un beneficio, anziché un problema; oppure, la bpd costituirà un serio gratta capo, lo stesso che si trovò ad affrontare la classe dirigente francese nel 1981 quando divenne capo di governo Francois Mitterand.
Esiste un filone di articoli che recentemente sono usciti su Econopoly che potrebbe rispondere in parte al nostro problema: trasferire una parte dei profitti nei servizi (non essenziali) a favore dei loro dipendenti.
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di ECONOPOLY
Pubblichiamo un contributo di Federico Isenburg, fondatore e CEO di Easy Welfare –
Fino ad oggi si è sempre parlato di welfare aziendale come uno strumento a supporto del lavoratore: un di più, un aiuto, un sostegno. Ma se non fosse solo questo? Nel Regno Unito, per esempio, i benefit hanno un peso considerevole nella scelta di un lavoratore di firmare un contratto per un’azienda… o per un’altra.
Chi di noi davanti ad una scelta non ha mai fatto la lista dei pro e dei contro? Tutti. E se i benefit, in campo lavorativo, diventassero il vero ago della bilancia? E se fosse già così ma il mondo delle risorse umane ancora non se ne fosse reso conto? Il problema è che con i “se” e con i “ma” nessuno è mai andato molto lontano.
In Italia, nonostante la crisi economica che da anni sta attraversando il paese, tante aziende stanno scoprendo il valore del welfare aziendale come strumento di “attraction” e di “brand reputation”. Inoltre, una piccola ma grande rivoluzione, contenuta all’interno della Legge di Stabilità, sta prendendo piede. Nel 2016 sono state gettate le basi e nel 2017 nuove possibilità sono in arrivo per l’azienda e per il dipendente.
La prima grande svolta riguarda il premio di risultato che, così come il premio di partecipazione agli utili di impresa, gode della tassazione agevolata (aliquota IRPEF al 10%) e può essere convertito in beni e servizi welfare al verificarsi di determinate condizioni. Rispetto all’erogazione in denaro, la conversione del premio in welfare consente sia all’azienda che al lavoratore di risparmiare gli oneri fiscali e contributivi. Dal 2017 queste opportunità sono garantite non solo alle aziende del settore privato, ma anche al settore pubblico.
Penso sia fondamentale capire che il welfare aziendale di oggi non è solo il mero rimborso delle spese scolastiche e sanitarie. Certo, istruzione e salute rimangono le colonne portanti, ma c’è di più. Un mondo fatto di pacchetti viaggio, attività ricreative, abbonamenti sportivi, centri benessere, cinema, soggiorni in location selezionate. Il welfare aziendale del 2017 è sia sostegno per le spese fondamentali, sia quel di più che, senza benefit, forse si rinuncerebbe ad avere.
Vacanza in un hotel a 5 stelle? Il lavoratore medio, con famiglia e figli a carico, d’estate è solito ricercare l’offerta migliore tra le promozioni last minute online. Ma se per quel viaggio non dovesse toccare il conto corrente ma il proprio saldo welfare? Ecco la svolta, la differenza e il vero valore del welfare aziendale.
Poi, sicuramente non bisogna sottovalutare i vantaggi fiscali aggiuntivi per chi sceglie di convertire il Premio in Servizi per la salute e in previdenza complementare. Contemporaneamente con le novità 2017, vengono ulteriormente ampliati i servizi previsti dall’articolo 51 del TUIR.
Per esempio, non concorrono più a formare reddito i contributi e i premi versati dal datore di lavoro per prestazioni, anche in forma assicurativa, aventi per oggetto il rischio di non autosufficienza nel compimento degli atti della vita quotidiana o il rischio di gravi patologie.
Scontato dire che si stia facendo tanto e tanto ci sia ancora da fare. Forse la cose più importante resta la comunicazione. Ma qui la normativa può fare poco.
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