Lettera alla Senatrice Liliana Segre
DA LA FIONDA (Di Elena Basile)
Gent. ma Senatrice Segre,
non se ne abbia a male se continuo a rivolgermi a lei e a ribattere ai suoi interventi pubblici.
Il dialogo è un segnale di rispetto. In una democrazia, un’ambasciatrice come una ordinaria cittadina può rispondere all’intervento pubblico di una senatrice dello Stato.
Mi costa emotivamente rivolgermi a lei che mi ha querelato per razzismo. Mai mi era stata rivolta un’accusa così infamante in 38 anni di carriera diplomatica.
Ma proprio per questo non cedo al risentimento e mi rivolgo a lei in un monologo (purtroppo non credo che lei mi risponderà e questo è invece un segnale di disprezzo) che spero possa andare a beneficio dei miei lettori.
Mi riferisco alle sue parole sul genocidio in Palestina. Sabato c’è stata una manifestazione per la Palestina ed è stato quindi un giorno ottimo per tentare di spiegare come e perché a Gaza c’è un genocidio.
Naturalmente, non starebbe a me e neanche a lei stabilire qualcosa di cui è incaricata la Corte Internazionale di Giustizia, organo delle Nazioni Unite. Eppure, dati i tempi inevitabilmente lunghi del giudizio della Corte, tante voci si esprimono in materia.
Lei afferma che non c’è genocidio perchè non c’è una sistematica azione di sterminio di un gruppo etnico. Vi sono crimini di guerra legati alla guerra. Osserva che storicamente il genocidio non è stato funzionale a una guerra. E conclude affermando che l’accusa di genocidio proietterebbe su Israele il male assoluto che renderebbe poi difficile la pace. Addirittura crede che si tratti di “libidine” se si afferma che un popolo che ha subito il genocidio lo stia eseguendo su un altro popolo.
Cominciamo con l’esaminare la Convenzione sul genocidio di Ginevra, firmata affinché dopo l’Olocausto tali orrori non si ripetessero.
Per genocidio si intende ciascuno degli atti seguenti commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo nazionale, etnico: a) uccisone dei membri; b) lesioni gravi all’integrità fisica o mentale dei membri c) sottoporre deliberatamente il gruppo a condizioni di vita intese a provocare la sua distruzione fisica totale o parziale.
Mi sembra che in questi 3 criteri sui 5 stabiliti dalla Convenzione rientri pienamente l’operato di Israele.
Che il genocidio non sia stato in passato funzionale a una guerra non significa che, qualora lo sia, non debba essere riconosciuto come genocidio.
Quello che fa propendere anche il grande intellettuale israeliano Ori Goldberg per l’esistenza di un genocidio a Gaza è la sistematicità della distruzione: azioni coordinate eliminano donne, bambini, la classe dirigente, dottori, giornalisti, professori, operatori UNRWA, radono al suolo ospedali, scuole e chiese, provocano espulsioni di massa, carestia, disumanità, realizzando la frantumazione dell’esistenza palestinese a Gaza.
La motivazione del genocidio – afferma Goldberg – è stata in passato come oggi l’autodifesa.
Molti, come mi sembra anche Travaglio, affermano trattarsi di pulizia etnica e non di genocidio in quanto il movente sarebbe l’espulsione dalla Palestina. Insomma, se i Palestinesi lasciassero la Palestina, gli Israeliani non si impegnerebbero nel genocidio.
Goldberg afferma che il genocidio è legato alla pulizia etnica. Quest’ultima si verifica se si perseguita e si pratica violenza su un gruppo per fargli lasciare un territorio. Si tratta tuttavia di azioni frammentate che diminuiscono se i membri del gruppo cedono.
Ori Goldberg nota che a Gaza si è giunti dalla pulizia etnica al genocidio per il coordinamento sistematico degli atti di distruzione messi in atto.
Senatrice, non è con libidine, come afferma, che si riversa questa atroce accusa su un popolo che ha subito il genocidio. È con disperata tristezza. Comprenderà che se la vittima diventa carnefice il senso della Storia scompare.
Un abusato dovrebbe – più di chiunque non abbia subìto alcun abuso – essere sensibile e denunciare il crimine alle prime avvisaglie, appena ne vede l’ombra.
Goldberg, a prescindere dalla definizione giuridica che spetta alla CIG, sente infatti l’esigenza di una posizione politica al riguardo.
Senatrice, lei afferma che con l’accusa di genocidio si considera Israele artefice di un male assoluto e questo sarebbe negativo per la pace. Mi permetto di dissentire. Solo se Israele sarà in grado di andare fino in fondo alla consapevolezza della notte che l’ha travolto avrà la possibilità di risorgere. E’ quanto accaduto storicamente ad altri Stati e popoli.
Noi, le comunità ebraiche, i cattolici, la società civile laica, dovremmo essere lì per accompagnare il popolo e lo Stato di Israele in questo percorso doloroso.
Gli ebrei di oggi, le vittime, sono i Palestinesi. L’umanesimo e una possibile luce per l’umanità possono essere ritrovati solo nella difesa determinata e senza compromessi dei diritti del Popolo di Palestina.
FONTE: https://www.lafionda.org/2024/12/03/lettera-alla-senatrice-liliana-segre/
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