Per Cina e Italia le nuove vie della seta non hanno lo stesso obiettivo
di LIMES (Giorgio Cuscito)
Il presidente del Consiglio italiano Giuseppe Conte stringe la mano al presidente cinese Xi Jinping durante la sua visita in Italia (23/3/2019). Foto: ALBERTO PIZZOLI/AFP/Getty Images
BOLLETTINO IMPERIALE Opportunità e controindicazioni dell’adesione di Roma al progetto di Pechino. Il piano perfetto di Macron. Nuovi accordi per Huawei in Europa. Gli eventi geopolitici più importanti di marzo per la Belt and Road Initiative.
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Durante la visita del presidente cinese Xi Jinping, l’Italia è diventata il primo paese del G7 a firmare il memorandum di adesione alla Belt and Road Initiative (Bri, o nuove vie della seta). Il nostro paese e la Repubblica Popolare hanno siglato 29 intese – 19 istituzionali e 10 commerciali – per un valore totale di 2,5 miliardi di euro.
L’Italia è stata la prima tappa del viaggio europeo di Xi (21-26 marzo), che poi si è recato nel Principato di Monaco e in Francia.
UN MEMORANDUM, DUE PROSPETTIVE
Pechino si è servita dell’adesione italiana per rafforzare in patria e all’estero l’immagine del proprio progetto geopolitico, volto ad espandere l’influenza della Cina in Eurasia. Oltre a sollecitare l’approfondimento dei rapporti sotto ogni aspetto – incluso quello politico – a Roma Xi ha rimarcato che la collaborazione sino-italiana ha una dimensione strategica. Mentre il governo Conte vorrebbe declinarla principalmente in termini economici.
Si tratta di uno smacco per gli Usa, che più volte hanno chiesto all’Italia di non appoggiare esplicitamente l’iniziativa del loro rivale. Nell’ultimo anno, la Bri ha prodotto le critiche di Washington, le preoccupazioni di Germania e Francia per un’eccessiva penetrazione cinese in Europa e i timori dei paesi asiatici più fragili per la cosiddetta trappola del debito.
Malgrado l’opposizione formale all’iniziativa, Berlino e Parigi intrattengono con Pechino relazioni economiche e politiche nettamente più intense rispetto a Roma. Per il governo italiano, il memorandum rappresenta il volano per colmare questo divario in tre campi: esportazioni verso la Repubblica Popolare, investimenti cinesi nelle infrastrutture portuali e cooperazione con Pechino in paesi terzi. È probabile che altri accordi verranno siglati durante il secondo Belt and Road Forum, che si terrà nella capitale cinese a fine aprile e a cui parteciperà il presidente del Consiglio Giuseppe Conte.
Il memorandum d’intesa sottoscritto dal vicepresidente del Consiglio Luigi Di Maio include esplicitamente la collaborazione nel campo delle telecomunicazioni. Pertanto – come rimarcato dai media cinesi – la già avviata partnership con Huawei e Zte per lo sviluppo della rete 5G italiana non è per ora a repentaglio.
Il documento menziona inoltre “lo sviluppo di sinergie” tra l’iniziativa cinese, le infrastrutture, la rete dei trasporti italiana e quella trans-europea (Ten-t). In tale contesto occorre calare le intese firmate dalle autorità portuali di Trieste e Genova con la China Communications Construction Company (Cccc). L’obiettivo di lungo periodo è rendere i due scali marittimi dei punti di approdo dei flussi commerciali tra Oriente e Occidente. Trieste punta a collegarsi con lo scalo ferroviario di Kosiče in Slovacchia, del cui sviluppo si sta occupando proprio Cccc.
Come previsto, Cassa depositi e prestiti (Cdp) ha concordato con Bank of China l’emissione dei “panda bond”, obbligazioni in yuan destinate a investitori della Repubblica Popolare che finanzierebbero così le imprese italiane operanti in Cina. Cdp e Snam hanno firmato anche un protocollo d’intesa con il Silk Road Fund per sviluppare collaborazioni nel settore del gas naturale e del biometano in Cina. Il dossier è di particolare rilevanza per Pechino, che da tempo punta sulla diversificazione del paniere energetico per ridurre l’utilizzo del carbone (sua risorsa principale in tale ambito) e i preoccupanti livelli d’inquinamento.
In tema di cooperazione in paesi terzi, l’azienda Danieli ha firmato un contratto con la China camc engineering co. per la creazione di un complesso siderurgico integrato in Azerbaigian. Pechino sta consolidando fortemente la sua presenza in Asia Centrale, ricca di risorse energetiche e passaggio obbligato delle rotte terrestri della Bri verso Occidente.
Si è consolidata la collaborazione tra l’Agenzia spaziale italiana (Asi) e la China National Space Agency (Cnsa), che lanceranno insieme il secondo satellite per lo studio di fenomeni elettromagnetici e sismografici. Il primo, nell’etere dallo scorso anno, è stato il frutto del progetto Limadou, nome in cinese del gesuita Matteo Ricci, noto per la sua attività pastorale nella Cina imperiale. L’Asi è l’unica agenzia straniera a collaborare alla costruzione della stazione spaziale cinese, che Pechino considera un passo essenziale nella sua lunga marcia nello spazio.
Le intese tra il Sole 24 Ore e l’Economic Daily Group, tra l’agenzia di stampa Ansa e l’omologa cinese Xinhua e tra Rai e China Media Group sono passi in avanti nella già avviata collaborazione tra mezzi di comunicazione italiani e cinesi. Basti pensare alla piattaforma Class-Xinhua creata da Milano Finanza e l’agenzia di stampa della Repubblica Popolare e dedicata alle nuove vie della seta. Nel campo accademico, rilevano la collaborazione tra l’italiana ToChina hub, China Global Philanthropy Institute e il China Development Research Foundation e quella tra l’Università del Popolo e l’omologa italiana Luiss. Pechino e Roma incentivano le partnership mediatiche e universitarie per irrobustire la conoscenza del paese altrui e il rispettivo soft power.
La visita di Xi a Palermo ha avuto toni marcatamente culturali. Il presidente cinese ha potuto conoscere il Mezzogiorno italiano, nel quale potrebbero emergere nuove opportunità per i nostri porti. Non è escluso che la meta fosse stata scelta anche per organizzare un incontro informale poi sfumato tra Xi e il papa, alla luce del recente accordo sino-vaticano per la nomina dei vescovi nella Repubblica Popolare.
Le intese descritte non minacciano direttamente la sicurezza nazionale italiana né quella degli Stati Uniti, di cui la Penisola ospita diverse basi militari. Tuttavia, il nuovo corso delle relazioni tra i due paesi richiederà un più attento monitoraggio nostrano, un maggior coordinamento tra Roma, gli enti locali e le imprese italiane. Inoltre, sarà necessario un confronto propositivo con Bruxelles e Washington per definire i confini della cooperazione con Pechino. Obiettivo: trarre il massimo beneficio economico dal rapporto con la Cina, prevenire una sua eccessiva penetrazione e schivare eventuali rappresaglie americane. Gli Usa potrebbero ridurre la condivisione di informazioni con Roma o indurre le agenzie di rating (tutte a stelle e strisce) ad alimentare la sfiducia verso l’Italia. Danneggiandone l’economia e vanificando gli sforzi fatti per aderire alle nuove vie della seta.
IL PIANO PERFETTO DI MACRON
Durante la visita di Xi in Francia, Parigi è riuscita a consolidare i rapporti economici con la Repubblica Popolare criticandone allo stesso tempo i propositi geopolitici. Il vertice quadrilaterale tra il presidente francese Emmanuel Macron, l’omologo cinese, la cancelliera tedesca Angela Merkel e il presidente della commissione europea Jean-Claude Juncker è servito a mostrare che l’Ue vuole sviluppare una strategia comune nei confronti della Repubblica Popolare, definita da Bruxelles una “rivale sistemica”.
Anche Parigi ha firmato una dichiarazione congiunta con Pechino, ma questa non menziona la Bri. Soprattutto, l’Eliseo ha messo da parte la fermezza politica quando si è parlato di affari, concludendo 15 accordi economici. In particolare, l’Airbus ha venduto alla Cina 300 aeroplani, pari a un valore di 30 miliardi di euro.
LUSSEMBURGO ADERISCE ALLA BRI
Una settimana dopo l’Italia, anche il Lussemburgo ha firmato un memorandum con la Cina sulla Bri. Il piccolo paese è un hub finanziario privilegiato per coloro che vogliono investire nell’Ue. Di qui la rilevanza agli occhi della Cina, in una fase in cui il Vecchio Continente è particolarmente guardingo verso le sue operazioni economiche.
HUAWEI A MONACO, VILLARREAL E GELSENKIRCHEN
A Montecarlo, Xi ha di fatto benedetto il recente accordo tra Huawei e Monaco Telecom. Il gigante tecnologico cinese farà del Principato di Monaco (grande 2 chilometri quadrati) il primo paese del mondo a disporre della rete 5G su tutto il suo territorio. Huawei supporterà anche la città spagnola di Villarreal e la tedesca Gelsenkirchen nella loro trasformazione in smart cities. Tali dinamiche evidenziano il primato della Cina nel campo della rete di quinta generazione a livello mondiale in termini di prezzo e qualità e conferma le difficoltà degli Usa nel persuadere i paesi occidentali a non fare affari con Huawei.
LA MALAYSIA NEGOZIA CON LA CINA
Pechino ha proposto a Kuala Lumpur di ridurre di 2,45 miliardi di dollari il costo della costruzione della East coast rail link, il progetto che il premier malayisiano Mahathir Mohamad aveva deciso di congelare pochi mesi fa. La linea ferroviaria, che taglierebbe da Est a Ovest la Malaysia, rientra tra le soluzioni infrastrutturali pensate da Pechino per bypassare lo Stretto di Malacca, collo di bottiglia monitorato dagli Usa. Il governo cinese spera di finalizzare il nuovo accordo prima del secondo Belt and Road forum di fine aprile, cui parteciperà anche il capo di governo malese.
BOAO FORUM E LA GLOBALIZZAZIONE SECONDO LA CINA
Pechino si è servita dell’annuale forum di Boao (ribattezzato ottimisticamente la “Davos d’Asia”) per promuovere la propria versione della globalizzazione, in antitesi a quella plasmata dagli Usa. L’evento, svoltosi dal 26 al 29 marzo sull’isola di Hainan, è stato caratterizzato dalla presenza del ministro dell’Economia e delle Finanze Giovanni Tria, del sottosegretario presso il ministero dello Sviluppo economico Michele Geraci (a capo del dossier Cina nel suo dicastero) e dell’ex presidente del Consiglio Romano Prodi. La loro partecipazione conferma l’importanza che l’Italia ha per Pechino in questo frangente. Il forum ha avuto un riverbero internazionale inferiore rispetto alla scorsa edizione. In quel caso, a fare la differenza è stata la presenza di Xi, che stavolta ha delegato il discorso di apertura al primo ministro Li Keqiang. Pechino vuole trasformare Hainan in una grande zona di libero scambio, per sperimentare nuove riforme economiche evitando che queste influenzino prematuramente la Cina continentale.
Fonte: http://www.limesonline.com/rubrica/italia-nuove-vie-della-seta-cina-xi-jinping-visita-marzo-2019
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