Venezia violentata dalle Grandi Navi

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Una risposta

  1. Salvatore Delio ha detto:

    Si capisce l’ interesse degli armatori a farsi pubblicità ed offrire ai turisti spettacoli accattivanti che portano maggiori clienti (come avveniva nel caso di Costa Concordia, naufragata sugli scogli dell ‘isola del Giglio). Ma, chi si rende unico responsabile di questi danni ambientali e di vite umane derivanti da questi accostamenti “ravvicinati” di quei giganti del mare, sono le autorità preposte (soprattutto quelle che dovrebbero garantire la sicurezza della navigazione, MinTrasporti e Guardia Costiera), che dovrebbero emanare, nelle acque portuali, norme di regolamentazione della navigazione tendenti ad impedire la navigazione e la manovra di quelle grandi navi entro specchi di acqua ristretti. Con un minimo di capacità tecnica, ci si renderebbe conto dei rischi collegati a manovre a pochi metri dalle banchine. Ricordiamo la tragedia a Genova dell’ urto della nave contro la torre dei piloti del porto, con perdite di vite umane e danni, perché la torre piloti era costruita praticamente sul ciglio di banchina. Chi ha consentito di costruire in quel posto la torre, chi ha consentito a Costa Concordia di navigare (con i famosi inchini) a poche centinaia di metri dalle coste di tutti i porti di scalo, sotto gli occhi della Guardia Costiera che non segnalava la pericolosità di quella navigazione sotto-costa per quei giganti del mare, chi ha consentito, in quest’ altro caso di Venezia, la navigazione accanto a palazzi e piazze veneziane, dimostra di non capire nulla di sicurezza in materia di navigazione e di manovra navale. Pare si sia rotto il cavo di rimorchio in questo caso, cosa che dovrebbe essere facilmente prevedibile in casi del genere, con navi aventi superfici emerse e dimensioni così imponenti. Anche a Gaeta, le grandi petroliere che attraccano al pontile ENI spa, ci fanno correre, per colpa di autorità con persone poco esperte di sicurezza navale, rischi di disastri dalle conseguenze incalcolabili. E’ utile ricordare, per dimostrare l’ inutilità delle risibili precauzioni prese con la presenza di rimorchiatori sottobordo, che durante una esercitazione di simulazione di incendio a bordo che si tiene periodicamente, il cavo di acciaio di uno dei due rimorchiatori che dovevano portare la nave al largo, si è rotto, e la nave ha dovuto usare i suoi motori per allontanarsi. Se fosse stato un caso reale, o con avaria al motore in fase di ormeggio/disormeggio, la nave sarebbe finita sul pontile petroli con tutte le conseguenze immaginabili. Tutti i disastri, quelli navali in particolare, derivano o dall’ incompetenza , oppure dal menefreghismo delle autorità preposte alla imposizione di norme di sicurezze adeguate.
    Neanche gli esposti, ampiamente documentati da leggi esistenti, hanno fatto prendere qualche provvedimento alla procura di Cassino. Ma la cosa più assurda e che, se accadesse un incendio/esplosione, la Procura nominerebbe, per gli accertamenti delle cause e delle responsabilità, la stessa autorità pubblica (MinTrasporti Guardia Costiera) che avrebbe dovuto emanare quelle disposizioni per evitarli (anche in questo caso a Venezia, le indagini sul sinistro a chi sono state affidate ?). La solita storia italiana di mancanza di norme e controlli, dove il controllato ed il controllore sono la stessa persona, quando, qualsiasi uso di buon senso, dovrebbe suggerire alla magistratura di nominare, per le indagini e accertamenti di omissioni e responsabilità, soggetti di accertata capacità ed esperienza professionale esterni al MinTrasporti Guardia Costiera. Così, in Italia viene tutto insabbiato, oppure la colpa va a finire sul solito capro espiatorio, come la tragedia di Costa concordia, dove l’ unico a pagare è stato il comandante della nave che faceva, come tutti quelli della compagnia crocieristica, i famosi “inchini” alle città di scalo.

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