Ecuador: la dittatura del Fondo Monetario Internazionale e la repressione di un franco tiratore
di LA CITTÀ FUTURA (Federica Zaccagnini)
7 morti, di cui 1 neonato asfissiato dai lacrimogeni
95 feriti gravi
Più di 500 feriti lievi
83 dispersi, di cui 47 minori
Più di 800 detenuti,
57 giornalisti attaccati dalla polizia
13 giornalisti incarcerati e 9 media chiusi o intervenuti dalla polizia
26 politici arrestati
Inoltre, viene segnalata la detenzione arbitraria di 14 cittadini venezuelani che non hanno partecipato alle proteste
Questa è la denuncia delle organizzazioni sociali, sugli ultimi accadimenti che stanno devastando il paese.
La popolazione indigena, ma non solo quella, protesta per l’applicazione della lettera di intenti con il Fondo Monetario Internazionale, che tra le altre cose prevede: l’eliminazione dei sussidi ai combustibili (dunque l’aumento del 60% del prezzo della benzina, per un paese produttore ed esportatore di petrolio), licenziamenti di massa nel settore pubblico e la riduzione di circa un 20% dei salari pubblici, nonché la soppressione di 15 giorni di vacanza all’anno, mentre, d’altro lato, si condonano più di 4 miliardi di dollari di imposte alle grandi imprese multinazionali. Quest’ultima cifra è molto simile a quella del prestito ottenuto dal FMI, per il quale si firma la suddetta lettera e per i cui contenuti l’Ecuador sta protestando. Oggi si sono tenute anche le manifestazioni degli Ecuadoriani residenti all’estero.
Qualcosa di nuovo? Niente di nuovo. Anzi, l’avevamo previsto dai primi vagiti di Moreno Presidente. Si torna, infatti, nell’orbita del Fondo Monetario Internazionale e lo si fa seguendo il Protocollo Neoliberista, made in U.S.A.
Preparazione egemonica all’austerità
Non appena assume l’incarico, una volta eletto nelle fila del partito di Rafael Correa, Moreno disconosce il suo predecessore, del quale fu vicepresidente e rappresentante alle Nazioni Unite a Ginevra e lo accusa di autoritarismo, corruzione ed eccessivo indebitamento.
Durante il primo anno e mezzo di governo circa, in armonia con i mass media privati e le Camere di Commercio, si cerca di creare l’ambiente egemonico volto ad inculcare alla società civile nazionale ed internazionale il principio della scelleratezza del governo di Correa, che per costruire scuole, strade, ospedali e università avrebbe agito da cattivo padre di famiglia indebitando il paese con la Cina, mentre i suoi sodali avrebbero ingrossato i propri portafogli, intascando una immane quantità di mazzette.
I conti, però, non tornano, perché per ottenere indici di super-indebitamento vengono incluse voci che neanche il Fondo Monetario Internazionale riconosce come tali, ma che invece possono essere considerate strategie creative, come il caso della vendita anticipata del petrolio, per evitare di far ricadere sulla popolazione la crisi internazionale.
Il nuovo Plan Condor – parte A
Se negli anni ’70 si faceva sparire la “dissidenza” lanciando i militanti dagli aerei o seppellendoli in fosse comuni, oggi il Plan Condor agisce sul legame tra i leaders della sinistra progressista latinoamericana ed il suo popolo. Distrugge l’immagine morale di questi e spazza via la fiducia della collettività nella possibilità di attuazione di un progetto comune nell’interesse delle masse.
La restaurazione dell’individualismo che (salvo importanti esperienze di resistenza) così bene aveva dominato in America Latina, dalle dittature militari in poi, fino allo stop imposto dalle rivoluzioni socialiste del secolo XXI, viene ben individuato dalle oligarchie con legami internazionali come il primo passo per distruggere i nuovi progetti socialisti, senza necessità di muovere carri armati e velivoli militari. Basta l’aiuto delle imprese multinazionali, come la Odebrecht, che ha disseminato mazzette e corruzione in diversi paesi latinoamericani, per poi agire da principale testimone contro i rappresentanti politici più scomodi, come Lula, Glas o Correa.
Così inizia la persecuzione a Correa ed ai leader rimasti al suo fianco: accuse di corruzione create a tavolino, spesso basate sul principio che “tale spesa non era necessaria per il paese” o sulla sostituzione dei membri di istituti legali di garanzia quali Corte Costituzionale, il Consiglio di Partecipazione Cittadino, etc. Il risultato è stato il carcere e l’esilio per diversi degli ex-ministri e alti funzionari di Correa.
Diversa invece, l’accusa per l’ex Ministro degli Esteri Ricardo Patiño, che viene accusato e condannato per “istigazione alla rivolta”, per via della diffusione di un video di un suo intervento ad una riunione del partito in cui si stava organizzando una manifestazione fuori dal carcere di Latacunga, dove è recluso da ormai due anni il vicepresidente dell’Ecuador, Jorge Glas, eletto in binomio Presidente-Vicepresidente con Lenin Moreno.
Jorge Glas, accusato di corruzione proprio dalla Odebrecht, con un processo pieno di irregolarità, mai arrivato al terzo grado di giudizio, viene trasferito in questo istituto penitenziario di massima sicurezza, dove quotidianamente avvengono sanguinosi incidenti. Non è da molto, infatti, che alcuni dei detenuti, criminali comuni, siano stati ritrovati a palleggiare con la testa decapitata di un loro compagno.
Il FMI e “le crisi” del debito
Il Fondo Monetario in Ecuador, come in quasi tutti i paesi latinoamericani, aveva avuto un ruolo determinante nella destrutturazione del settore pubblico, nonché nello smantellamento della nascente industria tessile e chimica nazionale. Infatti, dopo la nota crisi del debito scoppiata in Messico nel 1982, l’Ecuador rientra in una moratoria che comporta una continua rinegoziazione del debito estero e ad ogni rinegoziazione si richiede un ulteriore impegno in senso neoliberista nel rispettare le proprie raccomandazioni e condizionalità, che sono esse stesse la causa dell’impossibilità dell’estinzione del debito e del continuo indebitamento. Il risultato è un peggioramento delle condizioni economiche che hanno portato alla dollarizzazione, il 60% della popolazione in povertà, enorme sperequazione di accesso alla ricchezza, crisi economica strutturale.
Con il governo della Revolucion Ciudadana di Rafael Correa, si costituisce una commissione per la rinegoziazione del debito, guidata dal sopracitato, oggi esiliato, Ricardo Patiño, allora ministro dell’economia, e si giunge alla dichiarazione di non pagamento di una parte del debito considerata illegittima ed immorale. Con la caduta del valore dei titoli del debito sul mercato internazionale, l’Ecuador ricompra i suoi titoli e risparmia milioni di dollari. Allo stesso modo salda i debiti con gli organismi internazionali, attenua la dipendenza economica e comincia a riacquistare la sovranità. Al contempo, si inizia una diversificazione dei partners commerciali, si guarda all’intero mondo per esportazioni, importazioni e apertura agli investimenti diretti esteri. Anche i creditori sono nuovi. Tra questi la Cina. Ma perché per l’Ecuador la Cina era meglio degli USA? “Per le condizioni; la Cina non interviene sulla politica interna, non pone condizionalità”, sosteneva l’allora Presidente Correa.
La Repressione: il nuovo Plan Condor – parte B
D’altro canto l’Ecuador di Correa, noto per un nuovo progetto di sviluppo umano e solidale, il buen vivir ed un nuovo socialismo civico ed ambientalista, si è fortemente scontrato con gli Stati Uniti e con le sue multinazionali petrolifere colpevoli di un disastro ambientale nell’amazzonia ecuadoriana senza precedenti. La rinegoziazione del debito che ha fatto risparmiare milioni di dollari, l’emancipazione dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, l’asilo politico a Julian Assange e il lascia passare che ha salvato la vita ad Edward Snowden, nonché il disegno e l’implementazione, insieme ai partners internazionali, di una Nuova Architettura Finanziaria, volta a superare l’egemonia del dollaro e l’austerità imposta dai soliti noti, sono sfide troppo grandi per non essere pagate, prima o poi.
Dunque, dopo aver creato la necessità dell’intervento del FMI e aver cercato di distruggere l’immagine della Revolucion Ciudadana, arriva la parte B del Nuevo Plan Condor: la dichiarazione dello stato emergenza, il coprifuoco, lo spostamento della capitale a Guayaquil, e la repressione delle mobilitazioni di protesta. Che però, questa volta, continuano…
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