Il caso Ilva. Da metalmeccanici a stilisti: la miopia degli imprenditori alla Illy
di BARBADILLO (Augusto Grandi)
Andrea Illy, sì proprio quello del caffè con un passato di politica ovviamente a sinistra, ha deciso che l’Italia deve fare a meno della produzione di acciaio.
Un’attività obsoleta, che non ha più chances di essere competitiva a livello globale, e che dovrebbe essere sostituita da nuove produzioni di alta gamma.
Non è una posizione nuova, la sua. Ed è auspicata da molti e da molto tempo. Peccato che il sogno si sia scontrato con la brutalità della realtà. Perché non è chiaro chi dovrebbe assumersi i costi, colossali, della trasformazione, della rivoluzione industriale. Il signor Rossi con una Pmi che produce bulloni non può trasformarsi in uno stilista di moda dall’oggi al domani. Gli operai metalmeccanici non si possono convertire in informatici di primo livello con un colpo di bacchetta magica.
Gli altoforni non diventano distese di ulivi solo perché il boss del caffè lo ha stabilito. Ed anche elevare i livelli qualitativi delle produzioni avrebbe un costo che pochi sono in grado di affrontare. A prescindere dalla mancanza di volontà di cambiamento di una consistente parte dell’imprenditoria italiana. Perché per alzare il livello della qualità occorrono investimenti materiali in azienda ed immateriali sulla preparazione dei lavoratori.
Peccato che i lavoratori più qualificati abbiano poi la pretesa di essere pagati in modo adeguato, consono alla preparazione. Insensibili alle necessità del padronato di acquistare nuove ville e yacht.
Ma poi il compagno/padrone Illy ammette che per salvare Alitalia ed Ilva servono grandi gruppi stranieri. Dunque il problema non è nelle regole, perché quelle sono identiche per investitori italiani e stranieri. Non è nel costo del lavoro, nei ritardi della giustizia (e nella sua inaffidabilità), nelle carenze logistiche ed infrastrutturali, nella mancanza di fiducia. Tutti problemi reali, ma uguali per tutti coloro che vogliono operare in Italia.
Il problema è che l’Italia non ha più grandi imprese. Perché i grandi predatori nostrani hanno preferito vendere piuttosto di investire per crescere. E le aziende sono diventate americane, francesi, tedesche, cinesi. Con imprenditori stranieri che in Italia hanno investito dimostrando che si poteva fare impresa anche in Italia.
Salvo, poi, chiudere tutto quando trovavano condizioni più favorevoli in altre colonie da sfruttare. Sono i rischi del capitalismo apolide. Che se ne frega di territorio e del futuro dei lavoratori. I colleghi di Illy, in pratica. Che oscillano, nell’arco di pochi giorni, dal consiglio di rinunciare all’Ilva al consiglio di salvarla facendo intervenire altri capitali stranieri. Tanto, per digerire i cambiamenti di programma ed i licenziamenti, si può sempre prendere un buon caffè. Lavazza, ovviamente. (da ElctoRadio)
Fonte: http://Il caso Ilva. Da metalmeccanici a stilisti: la miopia degli imprenditori alla Illy
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