Clima all’anidride
Di ILSIMPLICISSIMUS
Cattive notizie per l’ambientalismo di nuovo conio prodotto dal sistema neo liberista nel corso del 2019 e che ha avuto come testimone e immacolata vergine mediatica Greta Thunberg. Questo tipo di ecologismo divenuto frenetico dopo essere stato reticente, blando e rituale per decenni, ha individuato nelle emissioni di Co2 la causa di tutti i mali all’esclusivo scopo di favorire una transizione industriale destinata a stimolare consumi in calo, senza per questo costringere a trasformazioni produttive (non oso nemmeno dire sociali) in grado di intervenire in maniera più complessa e più concreta sull’ambiente planetario sottoposto alla distruzione antropica. Insomma ci si è concentrati sul tema più facile creando una sorta di ideologia anidro carbonica che prende esclusivamente di mira un gas naturalmente presente in atmosfera, che entra nel ciclo delle biomasse, ma che risulta l’unico imputato presente in aula, nonostante vi siano parecchi dubbi sul suo ruolo di principale colpevole, vedi Ideologia Co2
Ma perché cattive notizie? Perché un mese fa sono stati pubblicati su Nature i risultati della più ambiziosa ricerca paleoclimatica condotta da diverse università americane coordinate da Yuzhen Yan della Princeton University che apre prospettive tutte nuove e per qualche verso inattese e per questo vi chiedo un piccolo sforzo di attenzione perché queste non sono cose da sardine. I ricercatori hanno effettuato profondi carotaggi nei ghiacci dell’Antartide per poi esaminare le bolle d’aria rimaste intrappolate e studiarne la composizione, riuscendo a risalire fino 2,6 milioni di anni fa. Com’è noto in questo periodo così lungo si sono alternati periodi glaciali e di caldo secondo però due schemi principali: fino a 1,2 milioni di anni fa i periodi di freddo e caldo si alternavano in media ogni 40.000 anni, mentre dopo, a partire dal Pleistocene medio, i cicli glaciali sono diventati più freddi mentre il loro alternarsi a periodi molto caldi è arrivato a 100.000 anni e questo tra parentesi ci riguarda molto da vicino visto che le periodiche glaciazioni hanno fortemente influenzato l”evoluzione della specie umana e la sua storia di migrazioni. Fino ad ora si pensava che il cambiamento di ciclo fosse strettamente correlato alle quantità di Co2 in atmosfera, ma questo studio ha mostrato una realtà molto più complessa visto che i valori massimi e medi dell’anidride carbonica sono gli stessi in entrambe le fasi e a diminuire sono solo i livelli minimi: l’anidride carbonica ha oscillato tra un minimo di 214 e un massimo 279 parti per milione nel primo periodo e tra 180 e 279 parti per milione nel secondo. Insomma il ruolo della Co2 ne esce fortemente ridimensionato a quanto pare con delusione e imbarazzo degli stessi ricercatori così inopinatamente sbattuti dai dati fuori dalle tesi standard, visto che sembra soprattutto la sua carenza a determinare variazioni significative. Questo in realtà non è strano visto che questo gas entra nel metabolismo della biomassa e in un ciclo di 6 – 7 anni viene totalmente assorbito e riemesso: il suo aumento determina un aumento della biomassa vegetale e dunque un suo maggior consumo mentre una diminuzione comporta anche una riduzione degli organismi provocando un calo del suo consumo. Si tratta insomma di un meccanismo di retroazione che conserva un certo equilibrio sia pure su tempi lunghi, ma è abbastanza evidente che in assenza di intervento umano i fattori che innescano e determinano questi cicli sono altri.
Non c’è alcun dubbio che l’attività antropica abbia aumentato la quantità di anidride carbonica, ma l’attuale riscaldamento climatico va addebitato oltre alle cause naturali piuttosto a un complesso di emissioni (metano, protossido di azoto, alocarburi e trifluoruro di azoto utilizzato per la produzione di schermi per tv, monitor e cellulari tanto per citarne alcuni ) ma anche a fattori fino a ieri ampiamente trascurati come, ad esempio, l’aumento esponenziale delle superfici urbane che sono come veri e propri termosifoni (ma l’adozione sistematica di pannelli solari potrebbe facilmente riportare a un riequilibrio, aumentando l’albedo complessivo e sottraendo un dieci per cento di energia solare) . In conclusione puntare su un solo fattore potrebbe essere del tutto insufficiente a minimizzare gli effetti antropici sul clima, ma certamente è anche la tesi che può massimizzare i profitti in una sorta di ambientalismo di mercato il cui scopo non è quello di ridurre l’iperproduzione, ma anzi di aumentarla sotto il manto dell’etica ecologica.
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