9 novembre 2019, Ansa: “Consumi: per crisi spesa famiglie -21 mld”.
L’Ufficio studi della Cgia di Mestre ha elaborato i dati dei consumi dell’anno 2018. A causa delle crisi economica le famiglie italiane hanno tagliato i consumi per un importo pari a 21,5 miliardi di euro.
Una cifra che va letta dai diversi punti di vista degli attori coinvolti:
- Il consumatore. Nella maggior parte dei casi, una famiglia che taglia i consumi è una famiglia che rinuncia a beni e servizi e che spesso vede ridursi la qualità dello standard di vita.
- Il commerciante/imprenditore. Mancati consumi equivalgono a mancate vendite. I commercianti e le piccole imprese stentano così a riprendersi dalla crisi e con loro il PIL del Paese.
- Il lavoratore dell’impresa/negozio. Le aziende che non vendono sono costrette a ridurre il numero dei dipendenti. Mancati consumi significa aumento della disoccupazione (che genera a sua volta ulteriori mancati consumi).
Che cosa sta alimentando questa spirale apparentemente senza via di uscita?
Il fattore determinante nell’equilibrio consumi-profitti-occupazioneè rappresentato dalle politiche economiche di un Paese. Manovre economiche orientate alla riduzione del deficit si traducono in tagli alla spesa pubblicae aumento delle tasse; un calcolo matematico che ha l’obiettivo di aumentare l’avanzo primario dello Stato (a scapito del benessere della collettività).
Ma cosa accade nel settore privato quando il governo taglia la spesa pubblica (investimenti, assunzioni, appalti, servizi, ecc)?
La diminuzione dei consumi di cui parla lo studio della Cgia di Mestre.
La sola via di uscita dalla stagnazione dei consumi è l’aumento del deficit. Alcuni commentatori continueranno ad indicare nei dazi, nell’incertezza economica e nella Brexit le cause della perdurante stagnazione dell’economia, ma senza interventi di politica fiscale i consumi rimarranno fermi (anche quando quegli elementi verranno meno). Un recente articolo pubblicato da Bloomberg (“MMT Has a Big Hurdle to Overcome to Succeed in Europe”) centra in pieno il problema: “l’area euro è in ritardo rispetto ad altre grandi economie nell’iniezione di stimoli fiscali”. I risultati sono davanti a noi in tutta la loro drammaticità.
Noi sappiamo cosa occorre perché le imprese creino lavoro. Si chiamano “clienti”. Non è così difficile da capire. I redditi creano le vendite. Le vendite creano posti di lavoro.
Stephanie Kelton, economista MMT
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