Il ministro dell’Ambiente Sergio Costa pochi giorni fa è stato protagonista di una dichiarazione, rilasciata al quotidiano La Stampa, per certi versi sorprendente sull’importanza del gas naturale, dopo mesi in cui da ministro dei due governi Conte ha vestito i panni del nemico del settore. Il titolare del dicastero ha in sostanza affermato che non si può passare in un giorno dalle fonti fossili alle rinnovabili e all’idrogeno ma serve un percorso di passaggio che ci permetta di arrivare all’utilizzo di tecnologie “pulite” senza creare vuoti energetici. Non si può che concordare con il suo pensiero, soprattutto per uno come me che – anche da queste colonne – da anni sta insistendo sulla necessità di adottare per la transizione energetica un mix gas-rinnovabili.
E finalmente c’è un’iniezione di lucidità che, almeno per ora, sgombra il campo da tanto ecologismo di facciata, ad uso elettorale, che non contribuisce alla salvaguardia dell’ambiente e allo stesso tempo mette in crisi i settori produttivi italiani. Anche se contemporaneamente il ministro dell’istruzione Fioramonti non contribuisce a tale iniezione di lucidità pontificato che l’Eni debba abbandonare gli idrocarburi e trasformare tutte le sue attività verso il “green”. Consiglio al ministro la lettura del libro di Carlo M. Cipolla Allegro ma non troppo che indaga sulle leggi fondamentali della stupidità umana.
Tornando al ministro Costa mi aspetto che ora compia un altro passo importante, cioè vada a incontrare le imprese e i lavoratori dell’oil&gas: un primo appuntamento potrebbe essere organizzato in tempi record a Ravenna, dove opera il distretto con alcune delle aziende di eccellenza internazionale e dove sono occupate centinaia di persone. E primo incontro dovrebbe essere con dirigenti, tecnici e maestranze dell’Eni, che è la punta di diamante non solo del distretto ravennate ma costituisce una delle più importanti aziende mondiali nel campo della ricerca ed estrazione di idrocarburi.
Il primo argomento da dibattere riguarda gli investimenti che Eni aveva previsto per ricominciare a estrarre gas in Adriatico, con la previsione di raggiungere i 5 miliardi di metri cubi, ma che il decreto semplificazione del precedente governo ha stoppato. Ora, la domanda che farei al rappresentante del governo è questa: qual è la strategia industriale italiana? È quella che prevede di sostenere i settori di eccellenza, che danno lavoro a migliaia di persone e producono ricchezza o quella di chiuderli senza però avere a disposizione un’alternativa per quanti perderebbero il lavoro? Se intendiamo abbracciare un modello di economia circolare, che non è in discussione – anzi i tempi sono già stretti – lo dobbiamo fare senza shock, senza strappi che ci priverebbero di una dimensione industriale tradizionale consistente e di valore mondiale senza che ne sia stata messa in piedi un’alternativa.
La seconda riguarderebbe la transizione energetica, che è una componente fondamentale del processo verso l’economia circolare. Il governo è intenzionato a puntare finalmente sul gas naturale italiano, di cui vi sono giacimenti rilevanti soprattutto in Adriatico che Eni è pronta a utilizzare? Se il governo ha cambiato idea sulla strategia energetica lo dimostri nei fatti e conceda a Eni di portare a termine gli investimenti previsti in questo campo, scongiurando il rischio che abbandoni i territori dove opera e mettendo a rischio l’indotto e la sicurezza nazionale. Quest’ultima, vale la pena ricordarlo, è strettamente collegata alla possibilità di essere autosufficienti in materia di approvvigionamento energetico.
Non possiamo giocare a chi si mette la giacca da ecologista più appariscente: l’estrazione e la commercializzazione del gas naturale non sono questioni limitate all’industria nazionale, ma riguardano la geopolitica europea. Teniamo conto che il 40 per cento delle nostre forniture proviene dalla Russia attraversando l’Ucraina, una situazione che è causa di tensioni e che ora è oggetto di una trattativa con l’Ue. Il ministro Costa sa bene, lo confermano le sue parole, che il gas naturale è l’energia di domani e non solo di oggi. Che è un componente fondamentale del mix per la transizione energetica e uno degli elementi su cui costruire un’economia circolare moderna e funzionante. Come sa che in Italia operano professionalità in grado di costruire e sostenere uno sviluppo sostenibile ma che debbono essere messe nelle condizioni di potere lavorare e creare ricchezza. È tempo di passare dalle parole ai fatti scegliendo con convinzione la strada della produzione nazionale di gas e del sostegno alla più importante impresa partecipata dallo Stato, il nostro champion national, l’Eni. Il ministro in pratica lo ha detto: ora il governo agisca.
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