La Russia guarda all’Africa: le sanzioni internazionali hanno costretto Mosca a guardare al di là delle consuete regioni di investimento
Quando si è tenuto il primo vertice Russia-Africa nell’ottobre 2019, la maggior parte degli osservatori del settore riteneva che gran parte dei progetti in discussione non avrebbe superato la fase delle Decisione finale di investimento (Fid) sopratutto per le diverse prospettive economiche in campo. Al contrario, invece, oltre alle esportazioni di grano, alle tecnologie nucleari, alle armi convenzionali e all’estrazione di minerali, anche il petrolio è stato preso in grande considerazione. Con l’accordo Opec Plus – entrato ormai nel suo terzo anno consecutivo e il prezzo del petrolio che si è stabilizzato intorno ai 60 dollari al barile – le compagnie petrolifere russe hanno abbastanza denaro da investire, ma stando ben attente alle incertezze future dei progetti nazionali, che rischiano di finire nella categoria della “capacità produttiva di riserva”.
LE SANZIONI HANNO COSTRETTO MOSCA A GUARDARE ALL’ESTERO
Le sanzioni internazionali e le derive che esse comportano, infatti, hanno costretto la Russia a guardare al di là delle consuete regioni di investimento a cominciare dall’Europa che dal 2014 non è praticamente più presa in considerazione. Gazprom è infatti un investitore poco gradito nel Vecchio Continente e anche società private come la Lukoil hanno deciso di cedere le attività downstream riducendo la presenza retail. Stesso discorso per quanto riguarda Stati Uniti e Canada per motivi prevalentemente politici, mentre le compagnie petrolifere nazionali del Medio Oriente sono cresciute fino a diventare concorrenti dei russi, a loro volta alla ricerca di opportunità per diversificare il proprio portafoglio. A causa di tutti questi fattori, l’Africa è emersa quindi in modo piuttosto naturale come regione adatta agli investimenti russi.
NESSUN COLLEGAMENTO CON LE DECISIONI OPEC PLUS?
Il ministero dell’Energia russo, tuttavia, si è rifiutato più volte di collegare l’interesse della Russia per l’Africa con i tagli imposti dall’Opec Plus, affermando che i progetti greenfield richiedono di solito 5-7 anni prima della messa in funzione, un divario temporale troppo ampio per poter influenzare qualsiasi previsione. Eppure nessuno sa esattamente quando i tagli dell’Opec Plus si fermeranno e le compagnie petrolifere devono prepararsi per il futuro e non possono agire solo in seguito alla decisione (di solito abbastanza improvvisa) di aumentare la produzione a livelli normali. Con gran parte delle major americane ora concentrate sugli shale interni e sugli sviluppi in acque profonde, la Russia ha in sostanza intravisto in Africa occidentale un nuovo ruolo per se stessa.
IN REPUBBLICA DEMOCRATICA DEL CONGO IL PRIMO ACCORDO CON LA VEB RUSSA
In questo quadro, la Repubblica Democratica del Congo (Rdc) è emersa come una delle aree chiave per gli investimenti russi in Africa. La Rdc non è il primo paese africano a registrare investimenti russi di per sé – Rosneft ha già acquistato partecipazioni in progetti di produzione di gas in Egitto (Zohr) e Mozambico, mentre Lukoil ha avuto una vicenda piuttosto caotica in Ghana -. Tuttavia la Rdc può essere considerato il primo paese in cui le aziende russe sono in grado di assumere impegni complessi, comprese le soluzioni relative alle infrastrutture. A differenza del passato, questi impegni non saranno presi da una compagnia petrolifera e del gas, ma dalla VEB, la società statale per lo sviluppo: e nei prossimi mesi VEB e la compagnia petrolifera congolese SNPC dovrebbero concludere l’accordo per la costruzione di un oleodotto per i prodotti petroliferi.
Questo oleodotto della capacità di 2,1 mtpa collegherà il porto congolese di Pointe Noire con il terminal di Maloukou vicino a Kinshasa, fornendo sia benzina e diesel, sia kerosene per l’aviazione. Secondo quanto riferito da Oilprice.com, “il principale produttore russo di tubi d’acciaio TMK dovrebbe aggiudicarsi il contratto per l’oleodotto congolese nelle prossime settimane, ma resta ancora da vedere quale compagnia petrolifera accetterà il lavoro. Il fatto che sia la società di sviluppo statale ad assumere il ruolo di interfaccia tra le imprese petrolifere statali congolesi e quelle russe implica che non è necessario che siano le major ad essere coinvolte. E in effetti l’esperienza in Siria dimostra che compiti di tale difficoltà potrebbero essere assegnati a nuove società (anche se con personale esperto) che si avvalgono del sostegno del governo”.
LUKOIL È ENTRATA IN CONGO AL FIANCO DI ENI
L’accordo per l’oleodotto arriva a distanza di pochi mesi dall’entrata in Congo della principale compagnia petrolifera privata russa la Lukoil con l’acquisto del 25 per cento del blocco di licenze di Marine XII. Marine XII, gestito da ENI, comprende cinque campi scoperti con una riserva totale di 1,3 Miliardi di barili che dovrebbero raggiungere un livello di produzione di 100 mila barili giornalieri, sostanzialmente triplicato rispetto all’attuale livello di produzione di circa 30 mila barili giornalieri. L’investimento di 770 milioni di dollari su Marine XII andrà ad integrare il precedente coinvolgimento di Lukoil nell’offshore del Ghana dove l’obiettivo è iniziare le perforazioni per sviluppare il campo ultra-profondo di Pecan (con riserve stimate a 0,34 miliardi di barili) che si trova nel blocco Deepwater Tano Cape Three Points. Oltre a ciò, Lukoil e la società statale russa di esplorazione geologica Rosgeologia hanno firmato accordi separati con la Guinea Equatoriale per le future attività di esplorazione nel Paese.
LA RUSSIA CERCA UN PROPRIO RUOLO NEL GOLFO DI GUINEA
“Con la maggior parte della Nigeria apparentemente prenotata da major internazionali che hanno scelto di trasferirsi in Africa occidentale molto prima, la Russia sembra essere insomma alla ricerca di un posto tutto suo nella parte meridionale del Golfo di Guinea – si legge su Oilprice.com -. L’accordo per l’oleodotto con la Repubblica Democratica del Congo rafforza la sua presenza sul mercato congolese in quanto verrà utilizzato per alimentare sia Kinshasa sia Brazzaville. Potrebbero rientrare in gioco anche potenziali attività upstream in Camerun – Lukoil ha acquisito una partecipazione del 37,5% nel campo offshore di Etinde nel 2014 – se l’azienda russa decidesse di avviare il suo programma di perforazione nella regione. Se a questo si aggiunge la prospettiva di un successo della valutazione/perforazione russa in Guinea Equatoriale, si ottiene una rete abbastanza fitta di copertura in Africa occidentale”.
LA RAGIONE PER CUI LE AZIENDE RUSSE HANNO TUTTO QUESTO INTERESSE PER L’AFRICA
Ma qual è la ragione per cui le aziende russe hanno tutto questo interesse per l’Africa? “In primo luogo, perché hanno obiettivi interni da raggiungere che, data la tolleranza zero per qualsiasi sostanziale liberalizzazione del mercato, saranno piuttosto difficili da raggiungere se si concentreranno esclusivamente sui progetti in patria – si legge su Oilprice.com -. Rosneft è un caso esemplificativo in questo contesto: poiché Gazprom ha mantenuto il suo monopolio sulle esportazioni di gasdotti, Rosneft non ha sostanzialmente raggiunto l’obiettivo di produrre 100 miliardi di mc all’anno di gas entro il 2020. Tuttavia, con un paio di investimenti simili a quelli di Zohr, può recuperare ciò che è stato potenzialmente perso all’interno del paese in progetti all’estero. In secondo luogo, l’Opec Plus sta facendo pressione sulle aziende affinché non perdano le occasioni che si possono presentare in quadro in cui tutte gli altri paesi e compagnie sono alla ricerca di nuove opportunità, nel senso quindi che concentrarsi esclusivamente sulla Russia sarebbe una strategia notevolmente miope”.
Estratto di un articolo pubblicato su Energiaoltre.it, qui la versione integrale.
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