Sospendere, esserci
di Alessandro Bolzonello
Respingere la tentazione di reagire: lasciare entrare nelle membra le sollecitazioni, sentirne movimenti e vibrazioni, tutta l’entropia prodotta, l’eventuale dolore o appagamento. Per quel che si può, soffermarsi a percepire ciò che accade, pensare che esiste un ‘perché’ con un suo senso e significato, provare a coglierlo, anche – perché no – fermarsi e rinunciare. È liberante.
L’importante non è la risposta alle sollecitazioni, bensì assumere la posizione del ‘sospendere’, etimologicamente ‘trattenere dal cadere’. Sospendere è ‘azione’: difesa profonda, chiave di accesso, leva d’attacco, terreno di crescita; sospendere è ‘amore’: riconoscimento del ‘mistero’, sintonizzazione sull’altro, emozione vissuta. Si evita in questo modo la facile conclusione: semplicistica e banale, sviante e deviante, inconcludente e inutile.
Per esprimere questo concetto prendo a prestito le parole di Gotthard che vive a Lipsia e lavora come animatore in un carcere.
Attraverso l’ascolto di questi uomini, ha scoperto molte sfumature di grigi e anche i colori.”
Nel tempo in cui il ritmo delle cose è irreversibilmente rotto, nel tempo in cui riproporre il passato risulta inadeguato e obsoleto, nel tempo del passaggio verso un nuovo che ancora non è e chissà se mai sarà, abbiamo l’occasione di fermarci, tralasciare le aspettative altrui e limitarci ad esserci, qui ed ora, a partire dal quotidiano. E poi, solo dopo aver attraversato questa ‘posizione’, fare la propria mossa.
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