Aiuti alle imprese: dallo Scaricabarile al Sottobosco
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Si ripetono i ritardi e gli errori del 2008
Ce la fanno sotto il naso, gli altri Stati: aiutano le loro piccole e medie imprese, mentre le nostre soffocano. Usano le norme in deroga agli aiuti di Stato per rafforzarle, mentre da noi si fa a scaricabarile.
Al di là delle garanzie sui prestiti alle imprese e degli aiuti alle esportazioni, che sono stati disposti anche in Italia e su cui si registrano enormi ritardi, la Commissione europea ha aggiunto la possibilità di erogazioni a fondo perduto a favore delle imprese: “l’importo complessivo dell’aiuto non supera 800.000 EUR per impresa. L’aiuto può essere concesso sotto forma di sovvenzioni dirette, agevolazioni fiscali e di pagamento o in altre forme, quali anticipi rimborsabili, garanzie, prestiti e partecipazioni, a condizione che il valore nominale totale di tali misure rimanga al di sotto del massimale di 800.000 EUR per impresa; tutti i valori utilizzati sono al lordo di qualsiasi imposta o altro onere“.
Si specifica poi che “l’aiuto è concesso sulla base di un regime con budget previsionale, che non può essere concesso a imprese che si trovavano già in difficoltà al 31 dicembre 2019 e che deve essere concesso entro e non oltre il 31 dicembre 2020“.
Nel settore agricolo ed in quello della pesca, l’importo massimo dell’aiuto per ciascuna impresa è di 120 mila euro.
Bisogna fare in fretta.
Si corre il rischio di fare come nel 2008, quando furono ammessi aiuti di Stato alle banche: ne approfittarono un po’ tutti, dalla Germania alla Francia, dal Belgio all’Olanda, ma non l’Italia.
I Tremonti bond furono respinti con sdegno, perché troppo cari ed invasivi, e non si procedette per tempo a creare le “bad bank” quando era ancora possibile. D’estate, il 1° agosto del 2013, la Commissione cambiò le regole del gioco, vietando da allora in poi il bail out a favore delle banche, la possibilità di aiuti di Stato.
In quegli anni, le banche italiane non sono state aiutate dallo Stato, ma hanno guadagnato bei soldoni con i titoli emessi dal Tesoro, che compravano facendosi dare liquidità a prestito dalla BCE a tasso zero. Per colmo del ridicolo, era lo Stato italiano a garantire per la solvibilità dei bond emessi dalle banche, che venivano consegnati come collaterali alla BCE per ottenere la liquidità.
Nel frattempo le imprese stramazzavano per la crisi economica e per la riduzione del credito dovuta alle normative sempre più restrittive varate dopo gli stress test: anno dopo anno, i bilanci bancari sono stati svuotati con la cessione degli NPL.
Anche stavolta, mentre gli altri Stati europei notificano incessantemente misure di sostegno alle imprese, l’Italia va a rilento: le misure relative agli aiuti di Stato alle piccole e medie imprese, pur essendo state varate con decreto legge ed accolte dalla Commissione, sono ferme.
Mentre si è chiesto ai cittadini di obbedire senza eccezioni, da un’ora all’altra, per evitare sanzioni che all’inizio avevano anche un rilievo penale, chiudendo i negozi ed un gran numero di attività ritenute non indispensabili, si stanno accumulando gravi ritardi sia nel sostegno ai redditi, con le varie misure una tantum che coprono solo un mese.
Siamo allo scaricabarile.
Dopo la tempesta dei divieti che hanno bloccato la vita degli Italiani, la riapertura è densa di incognite: le misure di emergenza decise con i due decreti legge di marzo stentano a diventare operative.
Non solo la Cassa integrazione guadagni straordinaria non è stata ancora liquidata, e solo in alcuni casi i lavoratori hanno potuto incassare l’assegno per merito di accordi diretti tra gli imprenditori e le banche, che hanno anticipato queste somme, ma di quella in deroga lo stesso governo ha dovuto ammettere che da parte delle Regioni ci sono deplorevoli ritardi. Lo stesso vale per le istruttorie bancarie che riguardano la erogazione di liquidità alle imprese. In molti sono restii ad accollarsi nuovi debiti.
Del cosiddetto “decreto aprile” non si sa molto: oltre al reddito di emergenza, che dovrebbe essere prorogato ed esteso, si susseguono le voci più diverse circa nuovi interventi dello Stato a favore delle imprese. Non si tratterebbe comunque di contributi a fondo perduto, ma di prestiti “convertibili” in partecipazione al capitale da parte dello Stato, se la azienda non fosse in grado di restituirli nel tempo previsto.
Troppo poco, troppo tardi e troppa discrezionalità: i soldi arriveranno solo alle imprese degli amici.
Servono misure automatiche, non mance.
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