Pretendi il lavoro!
Alle 19:00 di martedì 29 settembre 2020, in Largo Alessandrina Ravizza (Monteverde nuovo, Roma), si è tenuto un incontro organizzato dai soci romani del FSI in collaborazione con la libreria “I Trapezisti”, per presentare “Pretendi il lavoro!” di Savino Balzano. La presentazione è stata ospitata dal bar di Largo Alessandrina Ravizza, si è dunque svolta all’aperto, nel mezzo di una piazza molto vivace. Gli interventi dei soci Gilberto Trombetta e Stefano Rosati hanno aperto e concluso la presentazione del libro. La tesi fondamentale, attorno alla quale tutti gli interventi si sono articolati, è stata la seguente: la democrazia è reale solo quando ai cittadini sono garantite tutte quelle condizioni senza le quali partecipare attivamente alla vita politica è semplicemente impossibile. La forma democratica della Repubblica Italiana sancita nella costituzione è stata, dunque, colpita nella sua realtà, pur mantenendone intatta la forma verbale, tramite un lungo processo di “riforme” del lavoro, che ha colpito la possibilità reale dell’esercizio dei diritti politici del cittadino. Tale processo è stato solo formalmente attinente alla regolamentazione del lavoro, ma realmente attinente alla forma costituzionale della Repubblica, incidendo sui diritti politici del lavoratore.
Gli interventi di Gilberto Trombetta, Stefano Rosati e Savino Balzano hanno avuto un certo impatto sulla piazza. Anche chi era a prendere un aperitivo con gli amici, aveva un orecchio verso di loro e sentiva. Alcuni invece, che erano di passaggio, si fermavano con interesse. C’è chi si è seduto al bar solo per ascoltare, mentre era a spasso col cane, e chi, conclusa la presentazione, ha voluto esprimere la sua adesione al progetto. Un signore ha preso parola per dire di avere vissuto la precarizzazione del lavoro e di voler aderire al progetto di FSI-RI. L’esperienza ci conferma che quando i nostri soci hanno l’opportunità di farsi sentire riscuotono largo consenso.
Il consenso, in effetti (da osservatore che guardava più i volti del pubblico che quelli di chi parlava) è stato largo. Questo risultato conferma che il nostro compito principale, per sedimentare e allargare la nostra presenza sui territori, non è quello di elaborare nuove complesse strategie comunicative, ma di farci conoscere, di moltiplicare le occasioni in cui ci presentiamo a un quartiere, a una piazza, a un viale, a una persona. In questa attività noi dobbiamo dirigere tutti i nostri sforzi di militanti.
Riceviamo conferma della necessità di militare sia nelle forme che ci portano a dialogare con un passante a cui porgiamo un volantino, sia nelle forme che ci portano a fare dei monologhi che culminano in un appello ai presenti (anche implicito, come in questo caso). Dobbiamo tutti coltivare la nostra capacità di parlare in pubblico, di farci capire anche nel monologo, e non solo nella conversazione. Nel farlo ci dovremo educare e ci educheremo all’equilibrio del carattere il quale ha sempre come effetto la precisione e la lucidità del discorso. Dovremo, cioè, essere sì in grado di mutare la forma del nostro discorso in base alla situazione (altrimenti saremmo sprovveduti), ma mai il suo contenuto (altrimenti saremmo bugiardi). Dovremo essere sempre precisi e mai cadere nella tentazione di dare a intendere quel che non intendiamo, al fine di guadagnare un facile consenso. Sarebbe opportunismo, il quale produce un rapido ma illusorio consenso, perché rivolto a idee che non sono le nostre, ed è legato alla convinzione che il popolo sia troppo stupido per apprezzare talune verità misteriche, rivelate solo a pochi eletti. La nostra strategia e la nostra tattica saranno, invece, popolari. La nostra strategia, la moltiplicazione delle occasioni di incontro. La nostra tattica: sì alla relatività della forma, no alla relatività del contenuto.
Marco Di Croce, FSI-Roma
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