di SIMONE GARILLI (FSI-Riconquistare l’Italia Mantova)
In questo articolo, che tratta dell’incompatibilità tra società di mercato e Costituzione del 1948, si tocca il punto a mio avviso decisivo, racchiuso nell’articolo 3 comma 2 della nostra Carta, che segue: “È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.
Leggendo il comma con attenzione, la parola più importante del periodo mi pare essere “rimuovere”, un verbo. La Costituzione, in uno degli articoli che compongono i Principi Fondamentali della nostra vita associata, impone quindi un movimento all’azione politica, che da quel momento non potrà più essere semplice conservazione dei rapporti sociali e di produzione. E il movimento, naturalmente, non è inteso come positivo in sé, ma viene indirizzato verso un fine preciso: l’effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese, da ottenersi attraverso un’uguaglianza non tanto di opportunità, che è implicita, ma di condizioni (non solo di partenza).
È un processo di rimozione continua degli ostacoli economici e sociali allo sviluppo della persona umana che non può che passare dal lavoro (articolo 1); una tensione che non può mai spegnersi, pena la perdita della libertà insieme all’eguaglianza.
Ora, questo contenuto dinamico della Costituzione del 1948, che origina da un’analisi critica non solo del fascismo, ma anche del liberalismo, o meglio del fascismo in quanto fenomeno connesso alla fase acuta del liberalismo, è precisamente ciò che non consente di definirla “vecchia”, “superata”, “simbolica”.
Inutile dire che senza una declinazione più puntuale dei principi fondamentali, questi resterebbero un corpo morto. Per dar vita all’articolo 3 comma 2 serve innanzitutto il titolo III, che disciplina i rapporti economici della nostra vita associata, e nel quale chiaramente si dichiara, all’articolo 41 comma 3, che “La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”. I programmi, non solo i controlli.
Ora, pensare che la Costituzione sia solo forma, da subordinare al contenuto, è sintomo di una ingenua posizione anti-intellettualistica, che non porta da nessuna parte, o peggio.
Grazie! Ho approfondito alcuni aspetti toccati da questo post qui: https://www.facebook.com/enrico.bonfatti/posts/10220932410533101?notif_id=1601483461022234¬if_t=feedback_reaction_generic&ref=notif