Comunque vada per i sovranisti finirà bene
Nonostante l’europeismo di Tsipras, si deve riconoscere che la decisione di indire il referendum e la vittoria del NO in ogni caso produrranno un indebolimento dell’Unione europea, sicché i sovranisti possono, anzi devono, comunque festeggiare.
Semplificando al massimo, i possibili scenari sono due.
La prima ipotesi è che le “istituzioni” mantengano la linea dura, sostenendo che il referendum vincola il governo greco a non accettare le condizioni poste dalle istituzioni sovrannazionali per il rifinanziamento della Grecia ma non vincola le istituzioni stesse, che dichiareranno di non essere disposte a concessioni, salvo qualche contentino di facciata. In questo caso, salvo un impensabile tradimento dell’esito del referendum da parte del governo greco, la Grecia dovrà uscire dall’euro e la gioia dei sovranisti sarà grande.
La seconda ipotesi è che le Istituzioni, rinunciando a somministrare la dose da cavallo di austerità, accettino di condizionare il rifinanziamento alla dose minima di austerità proposta dal Governo greco prima del referendum. In questo caso, per la Grecia cambierà pochino: avrà una discesa del PIL più contenuta di quella che avrebbe avuta accettando le originarie condizioni. E tra un po’ di tempo il conflitto Grecia/Istituzioni si riproporrà, nella consapevolezza diffusa e anzi pacifica che l’austerità non potrà mai essere la soluzione. Ma l’austerità, lo sappiamo, è l’euro, sicché il futuro conflitto non sarà facilmente risolubile e vedrà nascere almeno due partiti: il partito dei falchi e il partito delle colombe, sostenitori di linee politiche non necessariamente compatibili (ma i partiti, invero, cominciano ad essere parecchi, come spiego più giù).
Tuttavia, il cedimento da parte delle Istituzioni genererà non pochi problemi immediati, sia alla Merkel sia ai governanti di altri paesi della zona marco.
E’ di ieri la notizia che nella piccola Austria, su poco più di otto milioni di abitanti, 261.259 cittadini maggiorenni si sono recati negli uffici pubblici per firmare una proposta di legge di iniziativa popolare a sostegno dell’uscita dell’Austria dall’euro, nonostante l’assoluto silenzio dei mezzi di conformazione dell’opinione pubblica e sebbene nessun partito fosse sostenitore del referendum. Alcune delle motivazioni dei cittadini austriaci, sostenitori della proposta di legge, saranno irrobustite da un eventuale cedimento delle Istituzioni: “Non vogliamo che i contribuenti pubblici continuino a pagare per salvare l’euro e rimediare ai danni delle speculazioni delle banche” hanno sostenuto (ma gli austriaci hanno anche capito che “le politiche dell’Ue hanno portato al crollo di salari e pensioni“).
La Merkel stessa avrà gravi problemi interni, perché pagherà il costo di aver diffuso (o di non aver sbugiardato le) false informazioni sulla crisi greca: se la Grecia è messa così male perché i Greci non lavorano, hanno pensioni troppo alte e si sono indebitati troppo facilmente (tutte balle o semplificazioni), apparirà ingiusto ai cittadini tedeschi dare un aiuto ai Greci, soprattutto se crederanno che il denaro prestato verrà preso anche dalle loro tasche. E’ dato prevedere, perciò, che in caso di cedimento delle “Istituzioni”, nelle prossime elezioni, Alternative für Deutschland, partito in ascesa e favorevole all’uscita della Germania dall’euro, otterrà un successo elettorale a scapito del partito della Merkel.
A questo punto serve a poco fare previsioni e interrogarsi sul ruolo che svolgerà Obama, anzi non serve a niente. La cosa importante per i sovranisti è che il processo disgregativo dell’Unione europea, che ancora poco tempo fa vedevamo in atto soltanto noi, tanto da essere accusati di confondere desideri e realtà, sia entrato in una fase nella quale, non soltanto è visibile a tutti, ma si manifesta anche in una per certi versi inaspettata formazione di diversi partiti europeisti – le false colombe di Alternative für Deutschland, le colombe ingenue di Syriza, alle quali oggi è andato ad aggiungersi persino D’Alema; i moderati alla Mattarella; e i falchi palesi alla Juncker – i quali, man mano che passerà il tempo, proporranno soluzioni diverse per la crisi della UE. Da un simile conflitto politico, la prospettiva sovranista risulterà rafforzata. Infatti, più la crisi si farà acuta e più si constaterà la irriformabilità dell’Unione europea. L’Unione europea di Tsipras, infatti, non è l’Unione europea di Juncker, che non è quella di Mattarella e nemmeno quella di Bernd Lucke (segretario di Alternative für Deutschland): l’accordo su un nome non è un accordo. Insomma alla desiderata lotta tra sovranisti ed europeisti si va ad aggiungere un conflitto tra europeisti che farà il gioco dei sovranisti.
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