Le nazioni hanno una lunga vita
di ANTHONY D. SMITH (sociologo; London School of Economics)
Una decina di anni fa [alla fine degli anni Ottanta, ndr] poche persone percepivano la rinnovata importanza dell’etnicità e del nazionalismo nel mondo moderno. La maggior parte della gente era condizionata dalle ideologie e dal potere armato dei blocchi delle superpotenze, e sperava al massimo in un calo delle tensioni conseguente all’inizio della disgregazione dell’impero sovietico attraverso la glasnost e la perestroika. Ancora nel 1990, la maggioranza degli studiosi occidentali si occupava di marxismo, socialismo e liberalismo, prestando solo un’attenzione sommaria alle questioni dei conflitti etnici e di identità nazionale.
Nel 1991 lo scenario mutò con la caduta dell’Unione Sovietica: la disgregazione dell’impero nelle sue diverse repubbliche etniche fu accompagnata da conflitti etnici nel Caucaso, e fu rapidamente seguita dalla caduta dell’impero etiope, dalla incruenta divisione della Cecoslovacchia e dalle sanguinose e prolungate guerre che fecero seguito alla disgregazione della Jugoslavia.
Il nazionalismo si sostituì di colpo al marxismo come materia di riflessione intellettuale; la politica dell’identità divenne la nuova parola d’ordine dei radicali in cerca di un linguaggio politico che affrontasse i problemi attuali sostituendo le vecchie distinzioni tra destra e sinistra. Come si potevano spiegare il risorgere del nazionalismo e la improvvisa esplosione del conflitto etnico?
Ritengo che le nazioni moderne non possano essere analizzate senza comprenderne le rispettive strutture etniche e sociali, che a loro volta possono essere spiegate solo come esito di processi storici, di solito di lunga durata. Lo stesso si può dire per gli attuali nazionalismi. Il loro carico emozionale non deriva tanto dai bisogni del capitalismo o degli stati moderni, quanto da più antiche forme di memoria collettiva, simboli, miti e valori. Sono queste a dare una risonanza così ampia alle moderne forme di nazionalismo in settori tanto vasti della popolazione in ogni stato ed area culturale, tanto da legare tra di loro persone che neppure si conoscono sotto le insegne di un destino politico comune.
Troppe delle teorie “moderniste” su nazioni e nazionalismi tendono a far luce sulle strategie e le attività delle élite culturali, trascurando le importanti dimensioni popolari. Le élite rappresentate da burocrati, intellettuali, funzionari, commercianti sono spesso fondamentali per il successo dei nazionalismi e per la costruzione delle nazioni. Ma non possono, e non riescono, a operare nel vuoto. Oggi, come stiamo vedendo continuamente, gli appelli “al popolo” e la mobilitazione di una grande fascia della popolazione sono di importanza vitale per il successo dei movimenti nazionalistici etnici e religiosi, in India e nel Medio Oriente così come nel corno d’Africa, nell’Asia sudorientale e nell’Europa dell’Est.
Stiamo nuovamente assistendo al ritorno di un nazionalismo etnico di tipo romantico in aree del mondo dove le masse si mobilitano, spesso dopo un lungo periodo di silenzio. Ma questo non rappresenta un semplice ritorno al XIX secolo. Viviamo infatti in un’epoca diversa con, al tempo stesso, più scetticismo e maggiore interconnessione. Se lo scetticismo ci fa dubitare della versione più romantica del nazionalismo etnico, le reti tecnologiche (computer, satelliti, tecnologie dell’informazione) rendono molto più facile la mobilitazione e l’attivazione di un gran numero di persone per tutti i tipi di movimenti sociali e politici, inclusi i nazionalismi etnici e religiosi. Inoltre, nonostante il crescente multiculturalismo delle società occidentali, la domanda di una visibile identità nazionale rivela, in Occidente come altrove, la profondità delle ragioni etniche in tante nazioni e la permanente influenza dei simboli nazionali.
Questo è vero anche per la versione più “civica” del nazionalismo. Oggi è diventato frequente distinguere tra un tipo “civico” di nazionalismo liberale e uno “etnico” di tipo autoritario e mistico. Si tratta di una distinzione normativa, che non è valida in pratica. Molte nazioni hanno caratteristiche etniche e civiche, e il loro nazionalismo rivela, ad uno sguardo più attento, un misto di elementi ideologici.
Le élite possono aspirare ad argomenti civici, ma le circostanze rivelano solitamente elementi etnici, soprattutto nei dibattiti sull’immigrazione e le minoranze. A questo punto, le pratiche esplicite possono nascondere idee implicite, e i sentimenti popolari prevalere sulle visioni delle élite.
[Le origini etniche delle nazioni, trad. it. il Mulino 1998]
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