Torniamo su Israele non per accanimento, ma per quel minimo di onestà che si deve all’informazione. Lo Stato ebraico ha da poco siglato i cosiddetti Accordi di Abramo per normalizzare i rapporti con Emirati Arabi Uniti e Bahrein. È l’inizio di un processo importante. Non a caso il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, dice che in lista d’attesa per firmare accordi simili ci sono «cinque o sei altri Paesi», con Marocco, Oman e Sudan in prima fila. Alla base di quegli Accordi, però, c’era l’impegno di Israele a non procedere con l’ annessione del 30% della Cisgiordania occupata con le conquiste militari del 1967 (guerra dei Sei giorni) e con gli eventi successivi. Annessione peraltro prevista dal Piano di pace presentato da Trump in gennaio e poi dagli accordi politici che hanno fatto nascere il governo Netanyahu-Gantz.
Sono passati pochi giorni e già si scopre che i pessimisti avevano ragione. La West Bank Civil Administration, organismo dello Stato israeliano, ha approvato, il 14 ottobre, la costruzione di 2.166 nuove unità abitative in Cisgiordania. E altre “approvazioni” sono attese a breve. Il che fa ulteriormente crescere gli insediamenti che, per il diritto e per la stragrande maggioranza delle istituzioni internazionali, sono illegali. Si tratta, com’è ovvio, di un’ annessione mascherata, giusto quel tanto che permette a Israele, agli Emirati, al Bahrein e agli Usa di far finta di rispettare i patti. Per Israele e gli Usa niente di nuovo. Da decenni la politica di espansione territoriale è l’architrave della strategia israeliana e il primo ministro Benjamin Netanyahu, com’è già successo con la gestione del Covid-19, lega la propria sopravvivenza politica alle richieste della destra ultraortodossa. Gli americani hanno sempre più o meno fatto finta di non vedere. Per i Paesi arabi, e musulmani in generale, che da un buon rapporto con Israele e con gli Stati Uniti possono ricavare notevoli vantaggi sotto ogni punto di vista, è invece il definitivo abbandono della causa palestinese. La Palestina non definisce più le loro politiche e, anzi, è ormai un fastidio di cui liberarsi il più in fretta possibile. Magari, e appunto, con l’ annessione da parte di Israele.
È il mondo nuovo che avanza. Ed era inevitabile che, dopo decenni di stasi e di morti inutili, fosse il più forte a cambiare le carte in tavola. L’unica cosa che non si capisce è però quella fondamentale: che cosa dovrebbero fare e dove dovrebbero andare i palestinesi, visto che non avranno uno Stato, saranno spogliati di quel poco di terra dove ancora sopravvivono e resteranno privi di qualunque forma di autodeterminazione. Davvero crediamo che tre milioni di palestinesi della Cisgiordania saranno felici di prendere ordini da 450 mila coloni israeliani?
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