Contro il monopolio di Google
di LIMES (Alessandro Aresu)
Il 20 ottobre il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ha avviato un procedimento contro Google per la violazione delle leggi antitrust. Nel comunicato ufficiale, si parla del “monopolista Google” e si evocano altri famosi casi antitrust nell’ambito tecnologico, relativi ad AT&T nel 1974 e a Microsoft nel 1998. L’iniziativa non è solo dell’amministrazione federale, ma vi partecipano 11 procuratori generali degli Stati.
Si tratta di un caso “monumentale”, secondo William Barr, che si inserisce in un dibattito ormai avviato. Ricordiamo, tra l’altro, l’audizione degli amministratori delegati di Amazon, Apple, Alphabet e Facebook del 29 luglio. Il 6 ottobre, il sottocomitato della Camera dei Rappresentanti sull’antitrust ha pubblicato un corposo rapporto sulla concorrenza nei mercati digitali.
Le ragioni giuridiche dell’iniziativa contro Google stanno nell’accusa di violazione della seconda sezione dello Sherman Act, la legge antimonopolista del 1890. Secondo il Dipartimento della Giustizia, Google ha fatto accordi economici irregolari con vari operatori, tra cui Apple, per essere considerato motore di ricerca predefinito, sfavorendo i concorrenti. Secondo il giurista Tim Wu, una probabile difesa di Google può essere attaccare la definizione adottata dal governo del “mercato delle ricerche” e supportare il lavoro di economisti che riportino alla competizione e non al monopolio le sue azioni. Alla battaglia degli avvocati si affiancherà la battaglia degli economisti.
Oltre a questo, il caso Google avrà una doppia implicazione geopolitica. La prima è interna, la seconda esterna.
In primo luogo, il caso si confonderà con il processo politico degli Stati Uniti. In caso di una vittoria di Biden, tornerà ad aleggiare l’accusa di Peter Thiel della profonda vicinanza dei Democratici all’azienda. Thiel ha dichiarato che Google nell’amministrazione Obama aveva molta più influenza di Exxon nell’amministrazione di George W. Bush. È possibile uno scontro tra le anime del Partito Democratico su questo tema.
In secondo luogo, la lobby tecnologica degli Stati Uniti insisterà sul fattore geopolitico nel rapporto con la Cina, invocando un’aperta e diretta “fusione militare-tecnologica”, fondata sulla lotta verso il vero nemico, Pechino. Come più volte spiegato, le grandi aziende degli Stati Uniti – ormai fiutato il nuovo, inevitabile vento – insistono sul loro ruolo strumentale nello scontro con la Cina e per la sicurezza nazionale. Secondo questo schema, a volte espresso con totale candore, Big Tech è la risposta strategica degli Stati Uniti al Partito Comunista Cinese. O noi o loro. Così, nei soldi che scorreranno dalle imprese digitali verso gli studi legali e i centri di ricerca economica, anche gli analisti della sicurezza nazionale potranno reclamare un posto al sole, recitando questo nuovo mantra, che nei prossimi anni diverrà ossessivo.
FONTE:https://www.limesonline.com/notizie-mondo-settimana-google-usa-russia-ucraina-quad-mari/120601
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