Non si potrà andare a sciare sotto Natale, o forse sì, o forse più tardi (dipende anche dalla trattativa con gli altri paesi europei). Di sicuro, bisognerà farlo con prudenza, senza esagerare – qualunque cosa significhi – per non ripetere gli errori dell’estate e vanificare i sacrifici fatti fin qui, che è esattamente quello che si disse questa estate. Con la grigliata di ferragosto (e il bonus vacanze) al posto del cenone natalizio, e le discoteche al posto delle stazioni sciistiche. A proposito delle quali uno dei tanti epidemiologi di turno ieri in tv spiegava che si potrebbero fare delle «sperimentazioni», e verrebbe quasi voglia di gridare: che bella idea! Perché non ci abbiamo pensato prima?
Ma è niente in confronto alla voglia di gridare che viene leggendo sull’Huffington post che «nei prossimi giorni sarà avviato un tavolo interministeriale tra il dicastero della scuola e quello dei trasporti insieme a scienziati e tecnici». Tavolo che avrà il compito di studiare, pensate un po’, la questione del trasporto pubblico locale, «da rimodulare a costo di incentivare, in alcuni casi, l’orario scolastico pomeridiano». Ma tu guarda cosa ti vanno a escogitare questi cervelloni, ad appena nove mesi dall’inizio della pandemia. Triste il Paese in cui la pura cronaca fa più ridere della battuta ironica, e la battuta fa venir voglia di piangere (oltre che di gridare).
È da marzo che andiamo avanti così. E ogni volta si ritorna alla casella di partenza: con le misure che funzionano a meraviglia – nonostante abbiamo avuto più morti, con le restrizioni più dure e le scuole chiuse più a lungo di tutti – e i cittadini che però devono essere responsabili, mi raccomando, per non sprecare i frutti di questa meravigliosa strategia. Una strategia tipicamente italiana, del resto. Per essere precisi, il più antico modello italiano della storia: facite ammuina.
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