Telegraph – La Brexit impallidisce di fronte all’antropologia culturale europea e alle guerre del debito
di VOCI DALL’ESTERO (Carmenthesister)
Ambrose Evans Pritchard in questo suo articolo sul Telegraph del 1 Dicembre 2020 fa un confronto tra la situazione in cui è maturata la Brexit e la attuale crisi con Polonia e Ungheria.
Allora, fu proprio la rigidità dei leader europei a porre le premesse per la Brexit, quando le modeste richieste del governo inglese, di ottenere delle clausole di salvaguardia come condizione per approvare il Fiscal Compact, furono respinte e il governo inglese pose il suo veto sul Trattato.
Aggirando il veto britannico, il Fiscal Compact venne surrettiziamente imposto facendo ricorso al “metodo intergovernativo”, nel senso che il patto fu ugualmente sottoscritto, ma non come trattato europeo, che avrebbe richiesto l’unanimità, bensì come semplice trattato intergovernativo tra i paesi aderenti. La valanga di accuse e di invettive a cui fu sottoposto il governo britannico in quella occasione ebbe come risposta il referendum sulla Brexit.
Ora l’Ungheria e la Polonia, che hanno messo il veto al bilancio della UE e al Recovery Fund sulla cosiddetta “rule of law”, rischiano di subire una variante dello stesso trattamento, mentre Bruxelles sta vagliando le modalità per aggirare il veto ed escludere i due paesi dalla ripartizione dei finanziamenti.
A proposito di questo scontro nella UE, Pritchard osserva:
“Non desidero soffermarmi sulle accuse mosse all’Ungheria e alla Polonia, se non per notare che diversi organismi non UE – l’OCSE, il Consiglio d’Europa, e altri – hanno lanciato l’allarme sulla deriva autoritaria di questi regimi.
Ma sono assolutamente certo che questa controversia intra-UE sarebbe gestita in modo diverso se i leader ungheresi e polacchi non fossero anche euroscettici. Chi decide esattamente cosa costituisce una violazione della libertà di stampa o dell’indipendenza dei giudici?
Il francese Emmanuel Macron ha cercato di far passare una legge sorprendente che limita la copertura mediatica delle azioni di polizia, sebbene questa settimana le manifestazioni di massa e le critiche generalizzate lo abbiano costretto a fare un passo indietro. Macron non tollera le critiche e ha l’abitudine di intervenire per far censurare i commenti, anche sulla stampa anglosassone.
In un certo numero di stati dell’UE regna la corruzione, o sono collusi con la criminalità organizzata, o mancano di un’autentica democrazia. La Carta dei diritti fondamentali è applicata in modo selettivo dalla Corte europea.
Amnesty International afferma che la condanna a nove anni per sedizione di due attivisti catalani impegnati in una manifestazione di disobbedienza pacifica rappresenta un grave abuso del potere giudiziario. A loro parere la corte suprema spagnola ha legittimato la repressione politica e ha “criminalizzato atti di protesta legittimi”. L’UE ha guardato dall’altra parte, perché Madrid non mette in discussione il progetto europeo.
Anche i signori che hanno trasformato Malta nel loro feudo personale hanno molto a che fare con l’omicidio del giornalista che ha denunciato i loro abusi. Nel suo sondaggio globale sulla libertà di stampa, Reporter Senza Frontiere classifica diversi paesi dell’UE al di sotto della Polonia, ad esempio Grecia (65) e Bulgaria (111).”
Ricordando quel che è successo in Italia con lo scandalo del CSM e del processo a Salvini per un atto compiuto nell’esercizio dei suoi poteri, cosa che se fosse accaduta in Polonia o Ungheria avrebbe suscitato senza ombra di dubbio enorme indignazione, non possiamo che concordare su quanto osserva Pritchard in conclusione di questo argomento:
“In breve, le violazioni dei criteri di Copenaghen dell’UE in materia di governance democratica e diritti umani sono usate come un bastone che colpisce solo coloro che resistono alle ambizioni centralizzanti di Bruxelles.”
Proseguendo nelle sue argomentazioni, Pritchard commenta la seconda profonda scissione che divide la UE: la guerra del debito nord-sud, problema che ora sembra in apparente remissione, ma cova sotto la cenere pronto a esplodere non appena la BCE dovrà smettere il suo continuo acquisto titoli e torneranno in scena i vincoli di bilancio. Per Pritchard, entrambe queste profonde scissioni sono impossibili da ricomporre.
“Il divario Nord-Sud è ora peggiore che mai. Bruxelles afferma che il debito pubblico in Germania è balzato di 11 punti al 71% del PIL nell’ultimo anno, ma nel Sud è arrivato a più del doppio, raggiungendo il 116% in Francia, il 120% in Spagna, il 135% in Portogallo, il 160% in Italia e il 201% nel Grecia. Queste cifre peggioreranno quasi certamente dopo la seconda ondata di Covid.
Il Fondo monetario internazionale ha avvertito questa settimana che l’UE potrebbe dover aumentare il “sostegno alla solvibilità” per evitare una cascata di insolvenze, sottintendendo che il Recovery Fund è troppo piccolo e lento per sostenere il sistema e che i paesi ad alto debito potrebbero dover affrontare “reazioni avverse di mercato”, a meno che non si metta in atto un bazooka fiscale di maggiori dimensioni.
Gli acquisti di obbligazioni da parte della Banca centrale europea spiegano l’attuale calma illusoria. Francoforte sta assorbendo i deficit del Covid e tenendo a bada i bond vigilantes. ‘In definitiva, l’intero edificio dipende dalla stessa BCE, dalla sua volontà di sostenere il mercato del debito sovrano’, afferma lo storico dell’economia Adam Tooze.
Ad un certo punto la BCE dovrà smettere di acquistare obbligazioni italiane, portoghesi e spagnole, perché altrimenti ci saranno ulteriori sentenze ostili da parte della Corte costituzionale tedesca e in Germania il consenso politico all’unione monetaria verrà meno. Qualsiasi scintilla di inflazione porterà la situazione a un punto critico.
Il fatto è che la zona euro non è come il Giappone, o il Regno Unito, o gli Stati Uniti, dove la politica monetaria sosterrà sempre il sistema. Gli stati dell’UEM sono legalmente e costituzionalmente appesi al proprio debito separato.
Quando i mercati inizieranno ad anticipare la fine del ‘put’ della BCE, l’insolvenza implicita dell’Italia diventerà esplicita. Gli obbligazionisti sconteranno la futura ristrutturazione del debito e torneremo agli scenari di contagio del 2012.
Comunque lo si guardi, non si può colmare il divario economico tra Nord e Sud, così come non si può colmare il divario culturale tra un Occidente laico post-cristiano e un Oriente post-comunista che sta ritrovando con entusiasmo la sua identità cristiana. Non possono coesistere tutti in un’unica Unione, a meno che non sia una libera confederazione che lasci ogni paese libero di gestire i propri meccanismi economici e politici sovrani.
Procedendo con un’ideologia ostinata e un atteggiamento di disprezzo per le politiche nazionali europee, l’UE è finita col diventare un’idra a due teste che è in parte federale e in parte confederale, e intrinsecamente instabile. La resa dei conti con Polonia e Ungheria non è un evento unico. Sono le scosse delle placche tettoniche che vanno sempre più divergendo.
Gli storici avranno una visione molto diversa della Brexit dopo che l’antropologia culturale europea si sarà imposta con la sua forza irresistibile.
FONTE:http://vocidallestero.blogspot.com/2020/12/telegraph-la-brexit-impallidisce-di.html?m=1
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