Accordo di investimento: Cina-UE, una relazione indispensabile
di MARX XXI (Fabio Massimo Parenti)
Poco prima che scoccasse il 2021, il 30 dicembre 2020, Europa e Cina hanno finalmente raggiunto un accordo preliminare sugli investimenti reciproci. Il cosiddetto Comprehensive Agreement on Investment (CAI) ha visto la luce dopo 7 anni di trattative e ben 35 round di negoziati tra le parti. Alla fine, la fumata bianca è arrivata in un momento molto particolare, tanto per la pandemia di Covid-19 che ha di fatto paralizzato l’economia globale, quanto per la crescente avversione degli Stati Uniti nei confronti della Cina. Ricordiamo che Washington ha scatenato una guerra commerciale contro Pechino – inutile, dannosa e per giunta con ripercussioni a cascata su mezzo mondo – ed esercitato molteplici pressioni sugli alleati europei, nel tentativo di danneggiare i rapporti tra il gigante asiatico e il Vecchio Continente. Da quest’ultimo punto di vista, il CAI potrebbe essere uno schiaffo in pieno volto alla nuova amministrazione statunitense guidata da Joe Biden (che lo aveva sconsigliato) e, più in generale, una lezione di realpolitik da parte di Bruxelles all’intera politica americana.
Il fatto che l’Europa abbia cercato l’accordo con la Cina significa che: 1) l’Unione europea ha deciso di rafforzare i legami economici con Pechino dopo essersi resa conto che, voltare le spalle al Dragone soltanto per un pregiudizio ideologico o, peggio, per accontentare gli Stati Uniti, sarebbe equivalso a segnare un clamoroso autogol; 2) nonostante le critiche superficiali di vari governi occidentali – e di una parte dei media liberal – i vertici europei sanno bene che non possono fare a meno del mercato cinese, oggi più che mai. Detto altrimenti, significa che l’Ue considera la Cina, al netto delle diversità politiche e culturali, un partner imprescindibile attraverso il quale ridare ossigeno alla propria economia – vessata da anni di stagnazione e travolta dalla pandemia di Covid – e migliorare la propria autonomia economica rispetto allo storico alleato americano.
Anche se in Occidente nessuno l’ha notato, il CAI potrebbe essere la prima pietra miliare di una nuova relazione win-win tra Europa e Cina, ovvero un legame capace di portare benefici a entrambe le parti coinvolte, secondo un quadro regolamentare via via più articolato e solido. Basta dare un’occhiata al contenuto dell’accordo: l’immenso e ricco mercato cinese aprirà ulteriormente le sue porte ai membri dell’Ue, consentendo agli investitori europei di accedere a settori fino ad oggi rimasti off limits, tra cui la finanza, le telecomunicazioni e auto elettriche/ibride. Dall’altro lato, grazie all’intesa, Pechino suggellerà i propri rapporti con le principali economie del mondo occidentale e coinvolgerà sempre di più l’Europa nella costruzione di una comunità dal futuro condiviso.
Nel frattempo, il Dragone ha già lanciato un chiaro avvertimento geopolitico agli Stati Uniti, infastiditi dalla decisione dell’Europa di non coinvolgerli nelle trattative prima della fumata bianca: Ue e Cina sono sempre più vicine.
Scendendo nel dettaglio dell’accordo preliminare, i pilastri fondamentali dell’intesa appena raggiunta ruotano attorno alla reciprocità, alla facilitazione nell’effettuare investimenti bilaterali e a maggiori tutele economiche. Come se non bastasse, il CAI potrà essere una sorta di propulsore in grado di accelerare l’adesione alla Belt and Road Initiative di altri Paesi europei, oltre a quelli che hanno già risposto (tra questi, l’Italia). E tutto in nome di mutui benefici economici. D’altronde, i numeri parlano chiaro: Cina ed Europa sono sempre più centrali per quanto concerne il commercio mondiale. Secondo l’Eurostat, nel 2019 l’Ue ha esportato in Cina 198 miliardi di beni, importandone 362, con un commercio bilaterale pari a 560 miliardi di euro. Nei primi dieci mesi del 2020, invece, il volume degli scambi ha raggiunto quota 477 miliardi di euro; calcolatrice alla mano, il 2,2% in più rispetto allo stesso periodo del 2019. Non solo: la nazione cinese è la seconda meta di investimenti europei alle spalle degli Stati Uniti (per la cronaca, negli ultimi tre mesi del 2020 le aziende europee in Cina hanno annunciato investimenti per 1,6 miliardi).
Il presidente cinese Xi Jinping ha definito l’accordo di investimento tra la Cina e l’Unione europea “equilibrato e reciprocamente vantaggioso”. Il trattato, inoltre, ha dimostrato la determinazione e la fiducia della Cina nel promuovere l’apertura ad alto livello. “L’accordo fornirà un maggiore accesso al mercato, un più alto livello di contesto imprenditoriale, maggiori garanzie istituzionali e migliori prospettive di cooperazione per gli investimenti reciproci”, ha aggiunto Xi, che ha esortato le due parti a rafforzare la fiducia reciproca. Anche perché Pechino promuoverà un nuovo paradigma di sviluppo – la cosiddetta “doppia circolazione” – il quale fornirà maggiori opportunità di mercato e di cooperazione per l’UE e il mondo intero. Ecco perché l’Europa dovrebbe sostenere il libero scambio e il multilateralismo, nonché fornire un ambiente imprenditoriale aperto, equo e non discriminatorio per gli investitori cinesi. In un periodo storico delicatissimo, in cui nell’Unione europea le crisi economiche e sociali sembrano susseguirsi una dietro all’altra, la Cina diventa, nei fatti, un partner indispensabile per Bruxelles.
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