Ricatto social
di L’INTELLETTUALE DISSIDENTE (Michele Mengoli)
Cari Zuckerberg & Co., se ti fregano l’account sei finito. Ergo: cercasi hacker con cui inaugurare una startup milionaria
Questa è una storia incredibile che parte dall’alto – l’umanità, i loro leader, i mega-miliardari dei colossi di internet che pagano spiccioli di tasse dove preferiscono e decidono, attraverso le loro piattaforme, il destino del singolo – e arriva qui, in basso, dove stiamo noi e dove sta anche il piccolo imprenditore con il suo sito web che fa business anche grazie a quelle piattaforme.
Con una premessa. Adoro il pianeta Terra. Non solo perché è meraviglioso nella sua vastità naturale ma perché ospita noi: l’umanità, la specie che preferisco, ben oltre la saggezza nichilista dei panda, quasi estinti per pigrizia, e la lucida razionalità delle scimmie, però davvero troppo indisciplinate. E tra gli umani, su tutti, impazzisco per gli italiani: funambolici cialtroni inaffidabili. E l’aspetto sorprendente è che l’italiano medio è onesto, diligente, rispettoso delle regole, eroico quando serve. Al contrario, è l’italiano al potere – qualsiasi esso sia – che diventa l’archetipo del funambolico cialtrone inaffidabile (dai, pensate a politica ed economia e la sfilza di esempi è subito infinita).
In fin dei conti anche il resto dell’umanità è soggiogata dal suggestivo stile del nostro essere unici, da Romolo e Remo a Conte e Renzi. Chiaramente, per questo, ogni tanto provano ad emularci. Gli americani, per indole, sono quelli che subiscono più di altri il nostro fascino. Si spiegano così l’ascesa e la caduta di Trump con il finale – hollywoodiano – dell’assalto a Capitol Hill guidato dall’irresistibile bio-sciamano Jack, la manciata di morti in stile film dei fratelli Coen mentre un poliziotto si faceva il selfie con un manifestante e un altro collega indossava il cappellino con su scritto “Make America Great Again”.
Detto ciò, sono certo che Zuckerberg e tutti gli altri nerd miliardari della Silicon Valley in sandaletti tedeschi e calzini bianchi, abbiano come modello di business proprio l’Italia. Perché i social, come il nostro Paese, sono meravigliosi quando le cose vanno bene. Se invece hai una sfiga (o qualcuno non rispetta le regole, causandoti un danno), be’, meglio puntare su uno dei tanti santi della nostra storia millenaria piuttosto che sulle istituzioni, complici indifferenti sia dei ponti che crollano e sia dei ristoranti che chiudono.
E se di recente il dibattito pubblico è concentrato sul diritto dei social – ossia di Zuckerberg & Co. – di ergersi a giudici sovranazionali, facendosi giustizia da soli sull’accensione o sullo spegnimento degli account di Trump e sulla relativa libertà democratica di quale possa essere il limite censorio alle minchiate epocali di un leader politico, eccovi un episodio reale che di per sé è ancora più grave perché non ha nessuna visibilità mediatica. Parlo di un account business di Instagram. Si tratta di una partita iva italiana che genera un suo piccolo business annuale consolidato e con, appunto, il relativo account di Instagram – sviluppato in un quinquennio e seguito da decine di migliaia di follower – che fa parte integrante del core business aziendale, con importanti investimenti pubblicitari sulla stessa piattaforma.
Ecco che nello stesso giorno dello spegnimento social di Trump arriva il messaggio di uno sconosciuto – dice lui dalla Turchia ma con numero di cellulare americano – che ha fatto scomparire il profilo esistente su Instagram riconducibile alla partita iva (cambiandogli nome, password e mail di accesso) e scrivendo in chat all’imprenditore che il suo account è stato hackerato e che se lo rivuole deve pagare. Sconcerto, panico, contatti con Instagram e Polizia postale italiana. Entrambi nemmeno rispondono e bestemmie dell’imprenditore nella totale impotenza di risolvere qualcosa per riavere il suo account in modalità legale.
Di conseguenza arriva l’unica via: l’imprenditore contatta l’hacker e parte la trattativa. Il turco vuole 300 dollari. L’imprenditore si accorda per 250 e paga. Il giorno dopo si aspetta di riavere quello che era suo ma non succede niente. L’imprenditore scrive al turco e lui, come un nostro leader politico qualsiasi, si rimangia la parola data e gli dice che con altri 250 dollari torna tutto come prima.
Qual è la morale di questa storia? Sdegno per l’indifferenza dei social sui diritti del singolo? Macché. È un appello. Cerco un hacker per fare con lui una startup milionaria. Io ci metto la lista degli account da ricattare. Viva il pianeta, viva l’umanità.
[fonte: https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/societa/social-ricatto-instagram/ ]
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