Un po’ di qua, un po’ di là, e comunque ognun per sé
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Europa incerta sul futuro: andare avanti da sola, o allinearsi agli USA
Per quattro anni, la Presidenza di Donald Trump aveva messo l’Europa alle strette su due questioni: doveva contribuire in misura maggiore alle spese militari, nell’ambito della NATO; doveva riequilibrare il suo avanzo commerciale strutturale con gli USA.
La tensione fu subito altissima, sin dal G7 di Taormina del maggio 2017: la Cancelliera tedesca Angela Merkel lo disse subito che l’Europa non poteva più contare sul sostegno storico dell’Alleato americano.
Il terreno per un rafforzamento dell’Europa politica era già stato preparato nel 2016, quando il Premier italiano Matteo Renzi ospitò sulla nave Garibaldi il Presidente francese Francois Hollande e la Cancelliera Merkel a margine della cerimonia volta a commemorare Altiero Spinelli, grande europeista e coautore insieme ad Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni del “Manifesto di Ventotene”, isola in cui è sepolto: “L’Europa non è un problema ma la soluzione del problema”, ebbe ad affermare il premier italiano.
Un po’ alla volta, le relazioni tra Europa ed Usa si sono raffreddate, tanto che il Presidente francese Emmanuel Macron ebbe un giorno ad affermare che la NATO è ormai in uno stato di coma cerebrale.
Si iniziò così a coltivare l’idea di costituire un unico Esercito europeo, che solo in quanto tale parteciperebbe alla NATO. L’Alleanza Atlantica, lo snodo politico e miliare che era nato subito dopo la guerra e che aveva tenuto insieme le due sponde dell’Atlantico, diventava un inutile orpello.
Il disimpegno americano dal Mediterraneo dopo le Primavere arabe che avevano destabilizzato i regimi autocratici di Tunisia, Egitto e Libia, era confermato dalla rinuncia ad intervenire direttamente nella guerra civile in Siria, scatenata contro il suo Presidente Assad. Conflitto in cui, invece, la Russia e la Turchia si sono impegnate a fondo.
La crisi libica è rimasta irrisolta, ed i due leader che si contrappongono da anni, Al-Sarraj basato a Tripoli ed Haftar a Tobruk, hanno trovato sostegno l’uno da parte della Turchia e l’altro della Russia. Il sogno di una Unione Euro-Mediterranea, congiuntamente sostenuta nel 2008 dal presidente francese Nicolas Sarkozy e da quello egiziano Hosni Mubarak, si è trasformato in un incubo.
Inutile parlare della incapacità dell’Europa di gestire la questione dei profughi e dei migranti, tra coloro che fuggivano dalla guerra in Siria e gli altri che vengono dalle aree povere dell’Africa e che non sono stati più contenuti alle frontiere meridionali della Libia da quando il regime del Colonnello Gheddafi fu abbattuto dall’intervento militare franco-inglese del 2011.
La rotta mediterranea dei migranti è rimasta aperta, con le ONG che li vanno a raccogliere direttamente dai gommoni di fronte alle coste della Libia. La Turchia si è fatta carico, ben pagata dall’Unione europea, di ospitare temporaneamente i profughi dalla Siria che altrimenti avrebbero percorso la rotta balcanica, per arrivare in Germania. Lo shock delle porte aperte ad un flusso incontrollato, dopo la decisione improvvisa di “Mutti Angela” costrinse a fare una rapida marcia indietro.
La incapacità europea di rivedere l’Accordo di Dublino sulla accoglienza dei richiedenti asilo, sul respingimento dei migranti economici e sulla ricollocazione tra i vari Paesi è stato un ulteriore segnale negativo: la solidarietà europea è solo declamata, ma in concreto ogni Stato tutela i propri interessi e le proprie frontiere. Alla durezza di Donald Trump, che chiedeva di costruire un Muro al confine col Messico per fermare i migranti, l’Europa risponde con il rispetto formale delle regole sull’accoglienza, ma senza riuscire a governare il fenomeno.
La Brexit, anziché indebolire l’Unione, avrebbe rinsaldato le relazioni interne facendo venir meno il controcanto di Londra su ogni questione. La lunghissima ed estenuante trattativa sul Withdrawal Agreement serviva ad imporre condizioni durissime alla Gran Bretagna ed in ogni caso a mantenere la supremazia della Corte di Giustizia europea nella interpretazione dell’Accordo e nelle controversie applicative ed interpretative.
Alla fine, nonostante il tentativo di strumentalizzare le relazioni tra le due parti dell’Irlanda per creare una vera e propria frontiera interna alla Gran Bretagna, per il controllo del traffico marittimo delle merci tra l’Irlanda del Nord ed il Regno Unito, Londra ha fatto a modo suo, disapplicando per legge una serie di impegni assunti in proposito. La reazione di Bruxelles, all’inizio violentissima per la violazione dell’Accordo, si è andata attenuando.
Anche le relazioni tra l’Europa e la Russia seguono un doppio binario: la Germania, in particolare, non rinuncia al raddoppio del gasdotto North Stream, anche se aderisce decisamente al sistema delle sanzioni europee irrogate nei confronti di Mosca per la violazione del diritto internazionale compiuta con la riunificazione della Crimea. Quando ci sono di mezzo i soldi ed i suoi interessi economici non indietreggia. Per il resto, si adegua.
Con la Cina è lo stesso: si dà un colpo al cerchio ed uno alla botte. Un po’ tutti i governi europei, infatti, hanno dato seguito alle richieste americane di mettere sotto controllo gli apparati di telecomunicazioni e soprattutto le nuove reti 5G fabbricate in Cina, imponendo controlli e condizioni a Huawei ed a ZTE. Ma poi si è andati comunque avanti con l’Accordo di principio per la protezione degli investimenti, che è stato firmato a dicembre scorso, negli ultimi della presidenza di turno tedesca, nonostante le pressioni contrarie americane. Di recente, però, a livello europeo ci si è adeguati alla richiesta americana di imporre sanzioni anche nei confronti della Cina, per via delle violazioni dei diritti umani nei confronti degli uiguri.
Anche sulla questione dei vaccini, l’Europa tentenna.
Da una parte, continua la polemica con Londra sulla precedenza nell’utilizzo delle dosi prodotte in Europa, sulla efficacia del divieto di esportarli al di fuori dall’Unione e sulla necessaria reciprocità di condizioni tra Ue e GB. Nonostante in Europa si producano vaccini per tutto il mondo, ai cittadini europei ne arrivano ben pochi: ed il Presidente italiano Mario Draghi lo ha confermato che “si sentono presi in giro”.
L’Europa, che ha maramaldeggiato per anni con la Grecia, dimostra di essere fatta di ricotta quando si confronta con le multinazionali del farmaco.
Dall’altra parte, anche la solidarietà americana è fatta solo di belle parole: il Presidente americano Joe Biden intervenendo in teleconferenza all’ultimo Consiglio europeo focalizzato sulla crisi sanitaria, ha promesso un aiuto nella fornitura di vaccini “non appena sarà possibile”: insomma, anche per lui vale la regola “America First”.
E, come al solito, gli USA non esitano a mettere alle strette l’Europa, chiedendo di fare blocco nei confronti della Russia e della Cina, seguendo per filo e per segno la loro linea: quella del più forte.
Si va avanti in ordine sparso, si decide alla giornata.
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