Inflazione, Uva pubblica e Volpi private
di TELEBORSA (Guido Salerno Aletta)
Sussidi pubblici generosi ma temporanei di scaricano sui prezzi
Tutto si tiene.
In America, ad aprile, l’inflazione è arrivata al 4,2%: un livello eccezionalmente alto, che nessuno si aspettava rispetto al 2,6% del mese di marzo.
Nell’ultima settimana di aprile, il totale di coloro che hanno ricevuto aiuti statali e federali, compresi quelli per l’emergenza Covid-19, è aumentato di 696.152 unità rispetto a quella precedente, arrivando ad un totale di 16.855.264 persone.
Sempre ad aprile, il tasso di disoccupazione negli Usa è addirittura cresciuto, arrivando al 6,1% della popolazione rispetto al 6% del mese di marzo, mentre ci si attendeva un calo al 5,8%. La crescita dell’occupazione americana è stata deludente: sono stati rilevati appena 266 mila nuovi contratti di lavoro, mentre se ne attendevano 925 mila in più rispetto a marzo, quando si era registrato un incremento di ben 770 mila unità.
Il livello delle retribuzioni medie orarie nel settore privato è salito velocemente: a fronte di un +0,3% su base annua, rispetto all’aprile del 2020, c’è stato un +0,7% rispetto al precedente mese di marzo, quando invece le retribuzioni erano calate dello 0,1% rispetto a febbraio. La retribuzione media oraria è salita a 35,00 dollari dai 34,90 di marzo. La media di ore settimanali lavorate è salita a 35 da 34,9. C’è una evidente tensione sul mercato del lavoro che comporta un aumento delle ore medie lavorate settimanali e della retribuzione oraria media.
Sono stati questi, nel complesso, gli effetti immediati del piano straordinario di spesa per 1.900 miliardi di dollari voluto dalla Amministrazione Biden appena insediatasi, che si è aggiunto a quello di 900 miliardi annunciato a dicembre. Le spese in assistenza sociale, pur necessarie per lenire le situazioni di grave difficoltà personale e familiare, stanno disincentivando la ripresa dell’occupazione e quindi della economia reale, scaricandosi sull’inflazione.
In Italia, c’è allarme, anche se l’aumento dei prezzi al consumo ad aprile è stato del +1,3% su base annua rispetto al +1,6% di marzo. L’inflazione di fondo, quella che non tiene conto delle variazioni dei prezzi dei prodotti petroliferi e dei generi alimentari freschi è irrisoria: appena il +0,3% su base annua.
Eppure le imprese si lamentano della crescita dei prezzi all’importazione: escludendo il settore delle costruzioni, l’indice (anno 2015=100) è passato dal livello di 88,4 che era stato registrato ad aprile 2020, a quota 96 rilevata a febbraio 2021. Sono ben 6,7 punti percentuali di aumento in meno di un anno, ma si trascura il fatto che l’indice di questi prezzi era stato di 101,2 a dicembre 2019 e addirittura di 107,3 ad ottobre 2018. Ed ancora, che l’indice era stato di 110,6 punti nel giugno 2014, e addirittura pari a 118,5 nell’agosto del 2012. I prezzi delle importazioni crollano quando c’è una crisi e crescono velocemente quando c’è la ripresa economica. Ma delle riduzioni di cui le imprese hanno beneficiato, nessuno ne parla.
Sempre in Italia, c’è allarme per l’andamento dei prezzi nel comparto delle costruzioni. A partire dal mese di novembre 2020, si registra una impennata dei prezzi: ad aprile, il ferro per cemento armato è cresciuto del 117%, il polietilene fra il 43,7% ed il 48,8% a seconda delle varie densità del prodotto, il petrolio del 34%, il rame del 17,1%, il cemento del 10%.
C’è di mezzo il “bonus del 110%” per le ristrutturazioni immobiliari: questa normativa, che non è ancora entrata in vigore, finora ha avuto solo l’effetto di bloccare l’attività corrente. Tutti aspettano ad iniziare i lavori in attesa di poter beneficiare della agevolazione. Adesso che la situazione normativa sembra sbloccarsi, e che tutti vogliono cominciare le ristrutturazioni, è ovvio che i prezzi salgano velocemente. Tanto, paga tutto Pantalone!
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