Nakba, maggio 2021. Gli storici del futuro segneranno questo giorno come la data in cui la cosiddetta “democrazia liberale” aveva emanato il suo proclama visivo: noi bombardiamo le agenzie di stampa e distruggiamo la libertà di stampa in un campo di concentramento a cielo aperto, mentre, proprio come fossimo in stato d’assedio, proibiamo manifestazioni pacifiche nel cuore stesso dell’Europa.
E, se vi ribellate, noi vi cancelliamo
Gaza come Parigi. I bombardamenti alla torre di al-Jalaa (un edificio residenziale che ospita gli studi di al-Jazeera e AP, solo per citarne alcuni) compiuti dall’”unica democrazia nel Vicino Oriente” sono direttamente connessi al “verboten” pronunciato dal Ministro degli Interni del presidente Macron.
In pratica, Parigi ha avallato le provocazioni della potenza occupante a Gerusalemme Est: l’invasione della moschea di al-Aqsa, completa di gas lacrimogeni e granate stordenti; bande razziste sioniste che molestavano e gridavano “morte agli Arabi“; coloni armati che aggredivano famiglie palestinesi minacciate di espulsione dalle loro case a Sheikh Jarrah e Silwan; una campagna di bombardamenti a tappeto le cui vittime, in media, sono per il 30% bambini.
La folla di Parigi non si è fatta intimorire. Dal Boulevard Barbes fino a Piazza della Repubblica, ha marciato per le strade al grido di “Israele assassino, Macron complice.” Intuivano che Le Petit Roi, un impiegatuccio dei Rothschild, aveva appena distrutto l’eredità storica nazionale, quella che aveva dato vita alla Declaration Universale des Droits de L’Homme.
La maschera della “democrazia liberale” cade e ricade in continuazione, con gli imperialisti del Big Tech che diligentemente cancellano la voce dei Palestinesi e dei difensori della Palestina, a braccetto con un teatrino diplomatico kabuki che ingannerebbe solo i cerebrolesi.
Il 16 maggio, il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha presieduto una riunione online dell’UNSC (Concilio di Sicurezza delle Nazioni Unite), il cui link è stato bloccato, senza interruzioni, da Washington per tutta la settimana. Ricordiamo che la Cina, nel mese di maggio, ha la presidenza dell’UNSC.
Non è stato nemmeno possibile per l’UNSC arrivare ad almeno una dichiarazione congiunta, di nuovo perchè è stato vigliaccamente bloccato dall’Impero del Caos.
Hua Liming, l’ambasciatore cinese in Iran, ha sintetizzato così: “Gli Stati Uniti non vogliono cedere alla Cina il ruolo di mediatore nel conflitto tra Israele e la Palestina, specialmente quando è Cina ad avere la presidenza dell’UNSC.”
La procedura standard usata dalla Casa Bianca in queste situazioni è quella del “dialogo:” “ti faccio un’offerta che non puoi rifiutare,” in puro stile mafioso, portato avanti con entrambe le parti e sotto banco; come d’altronde aveva già dimostrato il Manichino alla Casa Bianca, un dichiarato sionista, con uno sconcertante tweet in cui “ribadiva il diritto di Israele ad autodifendersi.”
E Hua, giustamente, enfatizza “Questa è la ragione principale per cui ogni soluzione o cessate il fuoco tra Israele e Gaza o altre forze nella regione, sarebbe solo temporaneo.”
Il Sud globale è costantemente bombardato dalla retorica imperiale dei “diritti umani,” da Navalny, l’ imbroglione condannato, ai falsi reportage sullo Xinjiang; ma quando è veramente in atto una catastrofe dei diritti umani scatenata dai bombardamenti a tappeto dell’alleato colonialista, Hua Liming sottolinea come “l’ipocrisia e gli ambigui standard degli Stati Uniti vengano di nuovo a galla.”
Una telefonata può fermare tutto
Amos Yadlin, capo dell’intelligence militare dell’esercito israeliano e consigliere militare diplomatico israeliano negli Stati Uniti, in un meeting con gli Sionisti del Sud Africa, ha ammesso l’ovvio: la carneficina sionista contro Gaza può essere fermata dal Manichino, rivelatosi nient’altro che un pupazzo dei Sionisti.
Yadlin ha dichiarato che l’amministrazione del Manichino, o meglio l’orchestrina che lo dirige, starebbe diventando “impaziente” e che “non sarebbe sorpreso se tutto questo terminasse in 48 ore.” E ancora, “se l’Egitto chiedesse ad Israele di fermarsi, Israele non si fermerebbe. Ma se gli Americani chiedessero ad Israele di fermarsi, Israele dovrebbe stare a sentire.”
L’Impero adotta sempre il suo particolare, ambiguo linguaggio quando si interfaccia con la “comunità internazionale,” in teoria riunita attorno alle Nazioni Unite. La sua propaganda però viene bevuta solo da quell’accozzaglia di partner criminali, tirapiedi, lacchè, barboncini e vassalli, che, In nome dell’Impero ignorano o pisciano sulla testa dell’80% della popolazione del pianeta. Confrontato con la realtà dell’Afghanistan, dell’Iraq, della Libia, della Siria, dello Yemen, dell’Ucraina e di tanti altri, “l’ordine mondiale basato sul diritto” non sembra neanche un gioco per ritardati mentali.
Quindi, la prossima volta che sentirete un esemplare sub-zoologico portare avanti l’argomentazione che “Israele ha diritto all’autodifesa,” l’unica possibile risposta è di scatenare i fatti come se fossero missili.
Ogni essere senziente che si ricordi di avere una coscienza, sa che la Palestina sta combattendo contro un progetto razzista coloniale, dotato di un esercito armato di tutto punto, di bombe nucleari e abituato a praticare il terrorismo di stato.
Gaza ha 8 campi profughi, alcuni vengono bombardati proprio in questo momento. Non dimenticate che Israele ha governato direttamente Gaza dal 1967 al 2005 e ha fatto meno di zero per migliorare le spaventose condizioni della popolazione.
Ci sono solo 22 ambulatori medici, 16 uffici per i servizi sociali e 11 centri di distribuzione alimentare, che servono circa 1 milione di persone. Nessun aeroporto o porto, entrambi distrutti da Israele. Il tasso di disoccupazione è del 50%, il più alto di tutto il pianeta. L’acqua potabile è disponibile solo per il 5% della popolazione.
Ma poi c’è la Resistenza. Elijah Magnier ha mostrato come abbia già perforato la pretesa aura di invulnerabilità e di “prestigio” di Israele – e non ci si può sbagliare, perché la velocità, la precisione, la portata e la potenza dei razzi e dei missili possono solo migliorare.
Parallelamente, con una saggia mossa strategica, Hamas e la Jihad islamica hanno detto chiaro e tondo che preferiscono che Hezbollah non si faccia coinvolgere direttamente, per ora, permettendo così all’intero Sud globale di concentrarsi sulla carneficina perpetrata contro Gaza.
“Un paesaggio di ferro e desolazione”
Sociologie de Jerusalem di Sylvaine Bulle, è un libro breve ma alquanto illuminante, che mostra come la battaglia di Gerusalemme Est sia importante per il futuro della Palestina quanto la tragedia di Gaza.
Bulle sottolinea il “razzismo interno” di Israele, direttamente collegato all’egemonia dell’élite di estrema destra sionista, che ha portato, come diretta conseguenza, alla marginalizzazione di Gerusalemme Est, costretta ad una situazione di “dipendenza forzata” dalla occidentalizzata Gerusalemme Ovest.
Bulle dimostra come Gerusalemme Est esista ora solo come un “paesaggio di ferro e desolazione,” con una giustapposizione di zone abbandonate e zone ad alta densità demografica. I Palestinesi che vivono in queste zone non sono considerati o rispettati come cittadini.
La situazione è molto peggiorata dopo il 2004 e la costruzione del muro, che ha impedito la mobilità quotidiana dei Palestinesi che vivono nei territori occupati e dei Palestinesi di Gerusalemme. Questa è stata una frattura in più, con parti di Gerusalemme Est isolate dal muro e moltissime persone che ora vivono in una vera e propria terra di nessuno. Pochissimi nell’Occidente “liberal-democratico” hanno idea di cosa significhi veramente una situazione del genere.
I Palestinesi che vivono a Gerusalemme Est non hanno nazionalità israeliana, molti hanno passaporto giordano. Ma ora anche i Palestinesi con nazionalità israeliana, le nuove generazioni, non vedono più alcun motivo per ritenersi cittadini israeliani e si stanno ribellando, in molti casi in poveri villaggi nel centro del paese.
Per quanto riguarda gli Israeliani della sinistra storica, sono stati neutralizzati e non hanno più alcun potere politico, proprio perchè non sono stati in grado di integrare le masse dei lavoratori, catturate invece dagli estremisti religiosi.
La conclusione di Bulle, espressa con fin troppa diplomazia (questa è la Francia, dopo tutto) è inevitabile: lo stato di Israele è sempre più ebraico e sempre meno democratico, un regime sionista di fatto. Bulle crede che sia possibile ricreare una connessione tra identità nazionale ebraica e democrazia, che includa anche i diritti delle minoranze palestinesi.
Spiacente, ma non succederà, come dimostrano tutti gli orrori della tragedia che è iniziata a Gerusalemme Est.
La via dolorosa continua, e tutti noi vi assistiamo con orrore. Immaginate solo che livello intergalattico di isteria verrebbe a crearsi se Russia o Cina bombardassero, lanciassero granate e missili e uccidessero bambini in aree residenziali. Non c’è da stupirsi che l’Impero del Caos e delle Bugie, che vorrebbe apparire come una democrazia liberale mentre favorisce il mortale progetto sionista, si stia sempre più avvicinando al bidone dei rifiuti della storia.
Fonte: unz.com
Link: https://www.unz.com/pescobar/the-mask-of-liberal-democracy-falls-with-a-bang/
Tradotto da Robin per comedonchisciotte.org
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/la-maschera-della-democrazia-liberale-crolla-con-un-bang
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