Pandemie e democrazie destrutturate
di DAVIDEMURA
semplice modello economico neoliberista non basta più. E’ stato utilizzato per disallineare potere e popolo, inserendoli in due binari separati per mezzo del vincolo esterno, sicché il potere rimanesse alle élite e il popolo continuasse a subire le loro decisioni su un altro binario. Ma questo non si è dimostrato sufficiente, e forse era noto che non lo fosse. Le libertà democratiche, del resto, sono rimaste: libertà di movimento, libertà di pensiero e parola, libertà di cura.
Ecco dunque la necessità di un ulteriore passo avanti verso un nuovo sistema di governo che non contemplasse i popoli e le loro reali esigenze come perni delle decisioni politiche. Lo stato di emergenza permanente, che almeno qui in Italia ha fatto grande presa grazie a Maastricht, si trasferisce armi e bagagli – ma sarebbe meglio dire si replica – sul piano sanitario, perché la pandemia richiede decisioni straordinarie in momenti drammatici, e dunque quale migliore occasione per iniziare a dare un giro di vite alle libertà costituzionali fondamentali, quale appunto un virus?
Del resto, già preavvisano che questa sarà l’era delle pandemie. Ma, al di là dei grandi affari che queste generano soprattutto sul piano vaccinale, l’obiettivo finale non è solo inoculare sieri alla stragrande maggior parte della popolazione mondiale, quanto quella di rimodellare le società occidentali e democratiche, indirizzandole verso architetture istituzionali che neutralizzino definitivamente i sistemi democratici, perché – si capisce tra le righe – incapaci di rispondere prontamente alle emergenze self-fulfilling.
Per raggiungere questo obiettivo, almeno nell’ultimo anno, sono stati rimessi in discussione persino i paradigmi neoliberali su spesa e debito, e forse anche questo era stato ampiamente pianificato, perché è noto che il problema della sociopatia neoliberale non è tanto spendere e spandere risorse pubbliche, ma è spenderle per redistribuire ricchezza e dunque elevare le masse, frustrando l’accumulazione capitalistica. E la pandemia lo ha dimostrato ampiamente. Finché non v’era nessun virus, i dogmi dell’austerità erano appunto dogmi: immutabili, incontestabili, irrevocabili. Almeno qui in Europa (soprattutto in Italia). Con il covid è cambiato tutto e così, ecco che per magia l’austerità è diventata anacronistica, persino per i suoi più irriducibili sostenitori.
Ma che nessuno s’illuda. Questa inversione di tendenza durerà giusto il tempo di destrutturare definitivamente le democrazie, sterilizzando ciò che era sopravvissuto nonostante il vincolo esterno e lo stato di emergenza permanente che ha creato scollamento tra istituzioni e popolo. Parlo, appunto, delle libertà costituzionali, mai come oggi messe in discussione in nome dell’emergenza pandemica. Quando il lavoro terminerà, si tornerà all’austerità, e questa volta senza la magra consolazione delle libertà democratiche fondamentali. Allora sì che si entrerà in una nuova era: quelle degli autoritarismi soft, scarsamente percepiti dalle masse, in parte perché nate dentro questo nuovo sistema, e in parte perché tenute sotto controllo tramite le tecnologie digitali, le quali offriranno vigilanza al dissenso ed eventi ludici e sociali per distrarre e impedire coesione sociale. E non è un caso che i maxipiani pandemici si concentrino soprattutto sugli investimenti per la “rivoluzione digitale” e meno su sanità e lavoro.
Tutto molto complottista, vero? Eppure se guardiamo a ciò che facevamo appena un anno e mezzo fa, si può notare come il mondo in pochi mesi sia cambiato in peggio, e non tanto per il virus in sé, ma per le profonde trasformazioni sociali che questo ha portato e continua a portare, tra vaccini, mascherine, distanziamento sociale, green pass, lockdown a zone colorate e coprifuoco. Se qualcuno lo avesse predetto due o tre anni fa, gli avreste certamente dato del complottista e gli avreste riso dietro. Eppure, ciò che ieri era solo complottismo oggi è una inquietante realtà.
Fonte: https://www.davidemura.com/pandemie-e-democrazie-destrutturate-7274/
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