MORTA 18ENNE PER TROMBOSI/ Di chi è la colpa dei troppi passi falsi su AstraZeneca?
DA: IL SUSSIDIARIO (Marco Biscella)
Non c’è pace per il vaccino Vaxzevria di AstraZeneca. Da Genova, dall’Ospedale San Martino, è arrivata ieri sera la notizia della morte di Camilla Canepa, la 18enne di Sestri Levante vaccinata con AstraZeneca il 25 maggio nell’Open day per gli over 18, ricoverata domenica scorsa dopo una trombosi al seno cavernoso e operata due volte. Il decesso è avvenuto nello stesso giorno in cui l’azienda sanitaria della Liguria, Alisa, in via cautelativa, “ha dato indicazioni a tutte le sedi vaccinali di sospendere, fino a nuova indicazione, la somministrazione del lotto ABX1506, se presente”.
Sempre ieri, in attesa del parere tecnico del Cts sulle nuove indicazioni per la somministrazione dei vaccini AstraZeneca alle fasce più giovani (probabilmente sarà di nuovo “raccomandato agli over 60”) e dopo che alcune Regioni hanno deciso di sospendere gli Open day, l’Aifa ha diffuso il suo quinto Rapporto di farmacovigilanza sui vaccini Covid-19, che raccoglie le segnalazioni di sospetta reazione avversa per i quattro vaccini in uso nella campagna vaccinale, in cui si legge: “Il tasso di segnalazione delle trombosi venose intracraniche e in sede atipica in soggetti vaccinati con Vaxzevria è in linea con quanto osservato a livello europeo (1 caso ogni 100.000 prime dosi somministrate, nessun caso dopo seconda dose), prevalentemente in persone con meno di 60 anni”.
Il vaccino di AstraZeneca è sotto i riflettori da ormai tre mesi per i rari casi di trombosi. Il ministro Speranza, in un question time al Senato, ha ricostruito l’iter: “Il comitato di rischio per la farmacovigilanza dell’Ema ha rivelato un primo segnale relativo ad eventi tromboembolici a seguito del vaccino AstraZeneca nel mese di marzo 2021, concludendo comunque che i benefici del vaccino restassero complessivamente superiore ai rischi e che gli eventi trombotici venosi in seni inusuali, associati a livelli bassi di piastrine, dovessero essere elencati tra eventi avversi molto rari. Il 7 aprile del 2021 il ministero della Salute, mediante circolare oggi vigente, facendo proprio il parere espresso dal Cts dell’Aifa, ha raccomandato l’uso preferenziale del vaccino AstraZeneca nelle persone d’età superiore a 60 anni in base alle attuali evidenze e tenendo conto del basso rischio di reazioni avverse di tipo tromboembolico a fronte dell’elevata mortalità da Covid nelle fasce avanzate”. E ha aggiunto: “Successivamente a fine aprile l’Ema ha concluso una ulteriore valutazione analizzando i rischi e benefici del vaccino nelle diverse fasce d’età e in diversi scenari epidemiologici. L’esito ha dimostrato che i benefici della vaccinazione aumentano con l’aumentare dell’età e il livello di circolazione del virus. L’Aifa – ha concluso Speranza – ha poi ribadito che il profilo benefici-rischio risulta progressivamente più favorevole all’aumentare dell’età”.
Insomma, l’Ema lo ha autorizzato dai 18 anni in su, in un quadro pandemico però ben diverso dall’attuale, come ha ricordato l’immunologo Giuseppe Remuzzi dell’Istituto Mario Negri: “Sulla base dei dati pubblicati su Science ad aprile riferiti al Regno Unito, è emerso che il rischio di complicazioni gravi di questo vaccino, come la trombosi associata a trombocitopenia, tra i 20 e 29 anni era di 1,1 per 100.000, mentre il rischio di avere una forma grave di Covid per quella fascia d’età va da 0,8 a 6,9 per 100.000. Per questo motivo l’Ema ha scelto di non sconsigliare le somministrazioni per genere o fasce d’età, lasciando la decisione ai singoli Stati, in base alle loro esigenze”.
La formula “uso preferenziale” ha lasciato ampio margine alle Regioni, che infatti si sono mosse in ordine sparso nell’utilizzo dei vaccini, e la gestione improvvida delle agenzie regolatorie in merito ai casi di trombosi ha fatto sì che Vaxzevria fosse percepito come vaccino non solo pericoloso, ma addirittura di Serie B. Una sorta di stigma che si è diffuso nella popolazione. Così, nel tempo, molte dosi, rifiutate dalle categorie privilegiate dal piano vaccinale, sono rimaste nei freezer, inutilizzate. Per non sprecarle e per non frenare una campagna vaccinale in rampa di decollo si è così deciso di lanciare gli Open day: chi voleva vaccinarsi non doveva fare altro che mettersi in fila. E quella raccomandazione? Che fine ha fatto? Ingoiata nell’infodemia per cui tutti i vaccini sono efficaci e sicuri, senza se e senza ma?
Ora, però, se davvero il Cts ribadirà la raccomandazione di utilizzarlo per gli over 60, i conti non tornano. Giusto scommettere sulle vaccinazioni per sconfiggere o limitare il Covid-19 e altrettanto giusto anche puntare su vaccinazioni massive, perché la velocità di copertura rallenta le possibilità del virus di mutare in varianti più contagiose e letali. Ma perché utilizzare Vaxzevria per i giovani, sapendo già da aprile che, secondo uno studio pubblicato dall’Ema, quando la circolazione del virus si abbassa di molto (come nella fase pandemica che stiamo vivendo) per chi ha meno di 50 anni il rischio di trombosi provocata dal vaccino è superiore al rischio di morire se infettati dal coronavirus? O per le donne under 40, visto che le osservazioni dei casi hanno mostrato che a essere colpite dai trombi sono proprio quelle tra i 18 e i 55 anni? E perché Astrazeneca non è stato invece destinato agli oltre 3,3 milioni di over 60 a elevato rischio di ospedalizzazione e decesso che al 2 giugno non avevano ancora ricevuto nemmeno la prima dose di vaccino?
Restano da capire due cose. Quale richiamo è consigliabile per gli under 60 vaccinati con la prima dose di Vaxzevria? E che cosa fare dei vaccini a vettore virale, come appunto AstraZeneca, che rappresentano il 20% dell’approvvigionamento per il piano vaccinale? “Premesso che grazie agli Open day, in termini di sanità pubblica, si possono vaccinare tutti coloro che lo desiderano utilizzando i vaccini a mRna – risponde Fabrizio Pregliasco, ricercatore del Dipartimento di scienze biomediche per la salute dell’Università di Milano -, va detto che ormai AstraZeneca è visto come un vaccino che genera paura e sfiducia. Forse si potrebbe evitare di somministrarlo anche alle donne più giovani, ma rinunciarvi del tutto vorrebbe dire ridurre la quantità e velocità di copertura della vaccinazione. Penso però che non sarà facile convincere anche gli over 60 ancora riottosi a farsi vaccinare con il Vaxzevria, perché la paura ha colpito anche loro”.
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