RESOCONTO 19/06/21
Sabato 19 giugno alle 14:00, i soci militanti A. Alquati, R. Pescatori e il sottoscritto hanno partecipato alla manifestazione indetta dal SI Cobas, nel triste ma non sorprendente silenzio dei sindacati confederali, dopo numerosi attacchi ai danni dei lavoratori in sciopero, ultimo, l’omicidio del coordinatore di Novara del SI Cobas, Adil Belakhdim.
La manifestazione, autorizzata in forma statica, si è svolta in Piazza della Repubblica. I manifestanti hanno insistito per muovere 100 metri in direzione piazza Barberini. Dopo di ché si sono spostati verso piazza Vittorio Emanuele II dove era stato allestito un palco dal quale rappresentanti di diverse sigle hanno parlato.
Il primo oratore, italiano, nel suo intervento ha sostenuto essere giunta la fine della strada riformista e essere necessario passare alla “autodifesa operaia”. Insomma, la soluzione al conflitto sociale, secondo il primo oratore, sarebbe militare e non politica. Il secondo oratore, membro del SI Cobas e straniero, ha sostenuto la necessità della difesa dei diritti sociali dei lavoratori e la necessità di un governo che tuteli i lavoratori e i loro diritti. Il terzo oratore, membro del “fronte della gioventù comunista” (FGC) e italiano, ha usato il suo intervento di circa dieci minuti per fare una lunga lista di violenze subite dai lavoratori, recitata con tono rabbioso, con abbellimenti poetici e con l’espressione pubblica dei propri sentimenti di dispiacere e de “le lacrime che h[a] versato”. Dopo il suo intervento ci siamo allontanati.
Una differenza caratteriale è emersa chiaramente tra gli italiani e gli stranieri presenti. I manifestanti stranieri erano persone dall’aspetto serio e manifestavano con la bandiera del loro sindacato, i manifestanti italiani avevano i capelli blu, rossi, i piercing al naso, al sopracciglio; gli stranieri erano vestiti in abiti normali, gli italiani erano vestiti o con magliette della loro associazione o in abiti da concerto del sabato sera. L’unico oratore che da Piazza Vittorio Emanuele II ha parlato di diritti del lavoro era straniero.
Ci ha colpiti l’intervento del rappresentante di FGC, il quale sembrava avere il solo scopo di fare sentire ai presenti l’umiliazione dell’ingiustizia e non ha saputo esprimere una parola che ispirasse coraggio o disciplina o che analizzasse la situazione o che semplicemente provasse a chiarire il da farsi.
L’esperienza, dunque, ci porta a prendere atto di un fatto. Le associazioni italiane che gravitano attorno al mondo del lavoro stanno tentando di assorbire ideologicamente i lavoratori stranieri. Questi, non essendo imbevuti di cultura neoliberale, o falsa coscienza, stanno opponendo a questo tentativo di egemonia una resistenza passiva. Quanto questa resistenza sarà in grado di andare avanti non è possibile dirlo, ma, fintanto che così sarà, questa potrebbe essere una categoria civile in cui trovare militanti e consensi.
M. Di Croce, RI-Roma.
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