Stefano Puzzer e la piazza come grande luogo comune
di ALESSANDRO APE (RI Reggio Calabria)
Stefano Puzzer dice che bisogna stare lontani dalla politica, da qualsiasi politica. Dimostrando di avere introiettato l’essenza della Seconda Repubblica, il grillinismo ed il luogocomunismo della quale è impregnata la gente, dopo tre decenni di nulla politico, di grandi equivoci fatti passare come “politica”, causati dal vincolo esterno, dalla cessione della sovranità, dallo svuotamento della rappresentanza democratica, dalla dissoluzione del dettato costituzionale, che ha prodotto Partiti-Marketing e personalistici, utili a tenere in piedi una qualsivoglia scenografia democratica. Insomma, in una parola: liberalismo.
Quindi Stefano Puzzer (e company), senza visione politica, con questa presa di posizione apolitica o antipolitica, mette al centro della protesta la piazza, esattamente come tutti i movimenti fin qui visti nella Seconda Repubblica, la piazza vista come unica risposta, questo grande ed illusorio luogo comune.
Mettere la piazza al centro della propria azione (a)politica, come culmine di un movimento significa creare la trappola perfetta per pesci inconsapevoli che, credendo di aver trovato la strada, si ritrovano dentro una mattanza. La piazza nella seconda repubblica assume la forma ovale di uno specchio per narcisisti mascherati e per depressi in cerca di adrenalina a basso costo per sentirsi vivi. E la politica ad effetto è un buon modo per non scendere in profondità , disinteressarsi delle radici, delle cause, delle analisi, delle visioni d’insieme. Della politica, insomma, quella vera. Specchiarsi in questi effetti di superficie è uno sballo a basso costo. È un’allucinazione collettiva grazie alla quale si scambiano i propri desideri per grandi ideali e dove gli unici ideali rimangono i propri desideri.
La piazza, il cortile in cui si gioca alla Rivoluzione d’Ottobre. È il frutto malato di questo enorme Truman Show della Seconda Repubblica: ci vogliono grillini e movimentisti, antipolitici, associazionisti, in cui la rete di sigle, associazioni e di individui “liberi” sostituiscano i Partiti e creino quell’orizzontalità che permetterà ai “liberi” cittadini di trasformare la società , di sollevarsi contro il Potere costituito. Quanta ingenuità!
Ci vogliono orizzontali, tumulati come monadi dentro i loculi dei nostri individualismi. Questo è ciò che i liberali chiamano “libertà”. Nevrosi, soltanto nevrosi di massa, anzi, di nassa.
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