Bibbiano: condannato a 4 anni lo psicoterapeuta Foti
di La Croce Quotidiano (Nathan Algren)
Sarà il processo, con inizio a giugno 2022, a dire se il sistema degli affidi nella Val d’Enza fosse lecito oppure no. Ma già il numero di capi imputazione, 97, per cui è stato disposto oggi il rinvio a giudizio per 17 persone e la dura condanna per lo psicoterapeuta Claudio Foti, rappresentano un primo risultato ottenuto dall’accusa, la Procura di Reggio Emilia, che ha coordinato le indagini dei carabinieri.
Tra gli imputati c’è anche il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti, del Pd, uno dei simboli dell’inchiesta ‘Angeli e Demoni’: al primo cittadino non sono contestati reati che riguardano i minori, ma di aver dato copertura politica agli illeciti. E’ stato prosciolto dal falso, ma dovrà comunque difendersi al dibattimento dall’accusa di abuso d’ufficio.
«Condannato a quattro anni». Il Tribunale di Reggio Emilia ha riconosciuto che Claudio Foti, considerato l’uomo simbolo del caso Bibbiano, titolare dello studio Hansel&Gretel, è colpevole di frode processuale e di lesioni gravissime. Assolta invece Beatrice Benati, assistente sociale dell’Unione val d’Enza, che aveva scelto a sua volta il rito abbreviato.
l tribunale ha quindi sposato la tesi del pm – che di anni di carcere ne aveva chiesto sei – secondo cui i danni ravvisati sulla ragazzina sottoposta a psicoterapia dallo stesso Foti, tra il 2016 e il 2017, con «modalità suggestive, ingenerando in lei la convinzione di essere stata abusata dal padre e dal socio», sono risultati gravemente invalidanti. Secondo questa tesi, che il tribunale ha confermato, l’intento dello psicoterapeuta sarebbe stato doloso, perché avrebbe accettato il rischio di causare danni alla ragazzina con l’obiettivo di lucrare sui bambini allontanati dai servizi sociali.
Senza successo quindi l’apparato di difesa organizzato da Claudio Foti che avevano nominato come consulenti due colleghi di fama, come Luigi Cancrini e Mauro Mariotti. Nella lunga relazione intitolata “Un processo alla psicoterapia” i due psichiatri avevano messo in luce la professionalità di Foti, avevano sostenuto l’assoluta correttezza dei suoi interventi e avevano concluso stabilendo un parallelo tra il procedimento contro Foti e il processo a Galileo: «Il sole è il trauma, la cui centralità – si legge nella relazione – è stata ignorata nella storia della psichiatra e che ha negli ultimi decenni conquistato la posizione fondamentale che era stata misconosciuta per troppo tempo. La terra è la falsa memoria, che i sostenitori del modello iatrogeno, vorrebbero continuare a considerare centrale e con cui si ostinano a spiegare la problematica dissociativa negando la centralità del trauma». Sforzi inutili, almeno in questo primo grado di giudizio.
Va detto che la condanna di Foti, per quanto significativa, è però solo un tassello nel grande caso Bibbiano, l’inchiesta partita nella primavera del 2018 e sfociata un anno dopo, 27 giugno 2019, con arresti e denunce. Vengono coinvolti il sindaco di Bibbiano, Andrea Carletti (poi sospeso dalle sue funzioni dal prefetto e reintegrato mesi dopo dalla Cassazione) assistenti sociali, medici e psicologi. Le accuse? Frode processuale, depistaggio, abuso d’ufficio, maltrattamenti su minori, falso in atto pubblico, violenza privata, tentata estorsione, peculato d’uso e lesioni gravissime sono i reati formulati a vario titolo dalla procura. I carabinieri di Reggio Emilia, che indagano su mandato della Procura reggiana, mettono in luce presunte irregolarità che avrebbero caratterizzato la gestione di minori in affido. L’ipotesi è che ci sia un’organizzazione gestita dal Servizi sociali della Val d’Enza. Gli esperti avrebbero manipolato le testimonianze di bambini, sottratto i piccoli a famiglie in difficoltà per assegnarli, dietro pagamento, ad amici o conoscenti ritenuti ufficialmente più idonei.
Le accuse sono naturalmente diverse in base al ruolo degli imputati. Ai domiciliari finiscono anche una responsabile dei Servizi sociali della Val d’Enza, una coordinatrice del medesimo servizio, una assistente sociale e due psicoterapeuti della onlus “Hansel e Gretel”, appunto Claudio Foti e la moglie. Il meccanismo, apparentemente semplice, sarebbe stato fondato su diagnosi false, o esagerate relative a patologie psicologiche sviluppate in seguito ad abusi o maltrattamenti – secondo l’accusa – mai verificatisi. Ma quanti sono questi casi? Un numero spropositato, rispetto alla media nazionale (quasi 200 casi tra minori collocati nelle strutture e in affido familiare solo nel 2018) che avrebbe indotto la Procura ad avviare l’inchiesta.
Ma a questo punto cominciano i dubbi che l’inchiesta non ha ancora chiarito. Come mai, tra quelle centinaia di segnalazioni, l’inchiesta si concentra solo su 9 bambini? Tutti gli altri sono corretti? Come mai il Tribunale per i minori di Bologna, l’autorità chiamata a convalidare o annullare l’operato dei Servizi, non viene informato dell’inchiesta in corso? Tanto che, come spiega nelle settimane successive il presidente Giuseppe Spadaro – ora trasferito al Tribunale per i minori di Trento – già prima dell’avvio dell’inchiesta di Reggio Emilia, cinque di quei nove minori sono stati rimandati a casa. Motivo? Le relazioni dei Servizi sociali non erano state considerate convincenti. Tutte le altre, controllate e verificate – sempre secondo quanto dichiara il presidente del Tribunale in un’audizione della Commissione d’inchiesta organizzata dalla Regione Emilia Romagna – non avrebbero presentato irregolarità. Mentre un bambino, i cui genitori non si erano opposti al provvedimento, è stato adottato con sentenza definitiva. In questi ultimi mesi anche gli altri bambini sono tornati dai propri genitori ma, al Tribunale dei minorenni, fanno notare che non si tratta di casi eccezionali. Semplicemente si è concluso il periodo di allontanamento deciso per offrire alla famiglia quei supporti educativi che erano venuti meno. Chi ha ragione? Come mai si sono configurate ipotesi di reato per nove relazioni “infedeli” a fronte di centinaia convalidate dal tribunale?
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