RINCARI ENERGIA E MATERIE PRIME/ I numeri che stanno condannando imprese e famiglie
DA: IL SUSSIDIARIO (di Enrico Quintavalle)
Le strozzature nelle catene di approvvigionamento globali conseguenti alla pandemia hanno generato squilibri tra domanda e offerta, una diffusa scarsità di materie prime, interruzioni nei trasporti, e l’aumento dei tempi di consegna delle merci. Le restrizioni poste a contrasto della diffusione dei contagi da Covid-19 hanno determinato una riduzione dell’offerta in molti settori, con conseguenti escalation dei prezzi.
La logistica è entrata in crisi con la scarsa disponibilità di container, la dilatazione i tempi di permanenza delle merci sulle banchine portuali e gli aumenti straordinari dei costi del trasporto marittimo: a dicembre 2021 il livello dell’indice mondiale del costo dei noli marittimi è 6,4 volte quello di fine 2019 (+168% nell’ultimo anno, dopo una salita del 139% nei dodici mesi precedenti).
All’interno delle filiere manifatturiere, le tensioni sui prezzi sono marcate: sulla base dei dati della Banca Mondiale, a novembre 2021 i prezzi delle commodities non energetiche valutati in euro segnano un aumento del 29,3% rispetto un anno prima, mentre più che raddoppia (+117,4%) l’indice dei prezzi dell’energia.
Al surriscaldamento dei prezzi degli input produttivi contribuiscono numerosi fattori: l’espansione monetaria che ha accompagnato gli ingenti interventi anti-ciclici per contrastare la recessione, la domanda speculativa di prodotti finanziari i quali hanno come sottostante gli indici di prezzo delle commodities, la ripresa mondiale e la maggiore domanda di materie prime, come carta e plastica, necessarie per la produzione di beni necessari durante l’emergenza sanitaria. Incentivi fiscali limitati nel tempo, come il superbonus del 110%, hanno anticipato spese future, generando rialzi dei prezzi dei materiali per l’edilizia. La produzione di veicoli elettrici e di impianti per il solare e l’eolico sta stressando la domanda di “minerali critici” quali rame, litio, nickel, manganese, cobalto, zinco e terre rare. L’accelerazione delle digitalizzazione dei processi produttivi e della domanda di apparecchiature elettroniche conseguente alla pandemia ha concentrato la domanda di chip e semiconduttori, input che ora scarseggiano per l’industria automobilistica. L’ultimo stima che le interruzioni delle catene globali di fornitura nell’automotive impattino per 1,7 punti di Pil in Germania e tra mezzo e un punto di Pil in Repubblica Ceca, Giappone e Messico; in Italia, dove la produzione di auto è più contenuta, l’effetto recessivo si ferma a 0,1 punti.
L’ondata invernale dei contagi – che sta presentando – e la diffusione delle varianti potrebbero generare nuove strozzature, oltre ad aggravare quelle esistenti e non ancora risolte.
Nell’era del digitale, dominata dai fattori produttivi immateriali, si assiste al paradosso della mancanza di input fisici e tangibili, come le materie prime e il lavoro specializzato. Al terzo trimestre 2021 l’attività del 17,8% delle imprese manifatturiere italiane è ostacolata dall’insufficienza dei materiali (era solo l’1% un anno prima). In parallelo, dall’analisi dei dati del sistema Excelsior di Unioncamere-Anpal, si evince che il 42,3% delle entrate di operai specializzati previste a dicembre è di difficile reperimento, quota salita di 5,8 punti rispetto ai livelli pre-crisi. Oltre un terzo della manifattura italiana – 130 mila imprese, che danno lavoro a 1,4 milioni di addetti, pari al 36,9% dell’occupazione manifatturiera – opera in settori chiave del made in Italy (legno e mobili, prodotti in metallo, macchinari e apparecchiature elettriche) in cui si registra, contemporaneamente, insufficienza di materiali e scarsità di manodopera con intensità superiore alla media.
Sui mercati energetici la crescita dei prezzi si colloca su una traiettoria senza precedenti, sulla quale domina il deragliamento del prezzo del gas sui mercati europei. A novembre 2021 la quotazione del gas negli Stati Uniti sale del 94% rispetto a dodici mesi prima, mentre quella del gas TTF valutata in euro – mercato dei Paesi Bassi, di riferimento per lo scambio del gas naturale nell’Europa continentale – sale del 471%. In parallelo sale la domanda di questa commodity: nei primi nove mesi del 2021 il consumo di gas nell’Ue sale del 5,7% rispetto allo stesso periodo del 2020. Con il 48,3% di elettricità prodotta con il gas, più del doppio del 19,6% della media Ue a 27, in Italia il costo del gas si ribalta su quello dell’elettricità: il prezzo unico nazionale a dicembre risulta 4,8 volte il livello di anno prima (+380%).
Il prezzo in euro del barile di Brent raddoppia (+94%) rispetto a dodici mesi prima, mentre al 6 dicembre 2021 il prezzo del gasolio alla pompa sale del 24,5% su base annua, tornando sui livelli di ottobre 2014.
L’inflazione a novembre sale al 3,7%, di cui oltre due terzi (2,6 punti) derivano dai beni energetici. Il maggiore costo del trasporto e le attese di forti incrementi nei prezzi delle bollette elettriche e del gas nei prossimi mesi riducono i consumi delle famiglie di dicembre, legati alle festività di Natale, il cui valore supera del 41,8% la media degli altri undici mesi dell’anno.
Un’ampia quota di imprese subisce il doppio impatto dell’aumento dei costi energetici – che in – e di un calo dei consumi delle famiglie spiazzati dall’aumento delle spese per l’energia. Si aggravano le condizioni di competitività delle piccole imprese italiane che, nel primo semestre del 2021, pagano il .
Numerosi concause stanno contribuendo all’”onda anomala” dei prezzi delle commodities energetiche. Condizioni meteorologiche quali un inverno più rigido, un’ e una velocità del vento insolitamente bassa che ha ridotto la produzione di elettricità da eolico. Sul mercato del gas hanno influito la ricostruzione delle scorte in Russia, le difficoltà di transito dalla Norvegia e dalla Russia, il rialzo dei prezzi sui permessi di CO2, oltre alle tensioni sul confine russo-ucraino e i ritardi nell’apertura del Nord Stream 2. Al rialzo dei prezzi hanno contribuito gli accordi Opec +, una parziale riattivazione delle piattaforme petrolifere dopo la pandemia, lo spostamento al 2021 di lavori di manutenzione a numerosi impianti e il calo degli investimenti nell’estrazione di idrocarburi conseguente ai prezzi bassi durante la pandemia. Il mercato del gas liquefatto è stato influenzato dalla forte crescita dei costi del trasporto marittimo, dalla minore produzione di energia idroelettrica dovuta alla siccità in Brasile e dai cali di offerta di carbone conseguenti alla minore produzione in Cina, alle difficoltà di trasporto in Sud Africa e alle inondazioni in Australia e Indonesia.
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