Cyber influence, e siamo tutti parte della comunità globale!
di DIFESA ONLINE (Alessandro Rugolo)
Cyber-Influence, un termine nuovo creato per indicare una attività antica quanto il mondo, l’influenza, svolta con metodologie e mezzi moderni (cyber) in particolare attinenti al cyberspace.”
No, non si tratta di una definizione, almeno non di una definizione ufficiale! Ma semplicemente di una mia definizione.
In un precedente articolo abbiamo visto quali sono le relazioni tra cyber warfare e Information Warfare, ora proviamo a chiederci che c’entra in tutto ciò la cyber-influence.
Questa volta, per trovare una guida, mi rivolgo alla Francia… Nel mese di marzo del 2021 è uscito uno studio dell’IFRI (Institut Français des Relations Internationales) dal titolo “Cyber-influence, Les nouveaux enjeux de la lutte informationelle” firmato da Laure DE ROCHEGONDE e Elie TENENBAUM. Proverò a seguirlo per quanto possibile, cercando di semplificare per rendere comprensibile a tutti un argomento abbastanza complesso.
Questa volta la parola chiave è “influenza” e come questa possa essere impiegata nell’ambito della guerra.
Nella NATO il concetto di STRATCOM è ben noto e tutte le Forze Armate Alleate, chi più chi meno, si sono allineate dal punto dottrinale.
Le Operazioni Informative sono parte della STRATCOM e si dividono in tre grandi branche:
– le azioni di cooperazione civile-militare (CIMIC), aventi lo scopo di migliorare alcune condizioni sociali o economiche del paese ospite, per far si che la Forza Militare sia percepita bene e che la popolazione collabori;
– le operazioni di Key Leader Engagement, che mirano ad influenzare primariamente i decisori;
– le Operazioni Psicologiche, che sono concepite allo scopo di modificare, mantenere o rinforzare la percezione di individui o collettività.
Come è facile immaginare queste tre tipologie di operazioni possono essere condotte impiegando mezzi di diversa natura.
Ci fu un tempo in cui si cercava di influenzare il prossimo stampando e distribuendo, spesso di nascosto, dei libercoli in cui si tessevano le lodi di tale persona o idea (più spesso si sparlava di qualcuno!). La carta e l’inchiostro erano il supporto indispensabile. L’area in cui questo tipo di propaganda era possibile variava da un quartiere ad una città, difficilmente si arrivava oltre.
Poi arrivarono le prime macchine che consentivano di fare tante copie in poco tempo. Ciò migliorò la velocità di diffusione. Ma per riuscire a superare il confine cittadino occorreva attendere. L’avvento di internet e soprattutto dei social ha fatto si che i confini si annullassero e con le attuali capacità di profilazione si è arrivati alla distribuzione porta a porta di prodotti di influenza personalizzati.
Oggi infatti siamo soggetti a bombardamento continuo di messaggi preparati appositamente per colpirci nei nostri punti deboli.
Il cyberspace è trasversale a tutte le attività umane e veicola dati e informazioni di tutti i tipi, comprese tutte quelle informazioni sul nostro profilo psicologico raccolte in maniera automatica ormai da qualunque sito, aggregate e analizzate per ottenere dei prodotti di intelligence sui singoli e sui gruppi sociali.
Ecco perché quando pubblichiamo una foto di un piatto di linguine cozze e vongole su facebook, qualche istante dopo ci viene proposto di iscriverci al sito del super chef stellato che ci insegnerà come fare la salsa di pomodoro utilizzando i migliori prodotti (sponsorizzati) disponibili sul mercato. Naturalmente i siti su cui verremo reindirizzati sono creati da professionisti del marketing che ben sanno come catturare l’attenzione e convincere, influenzare. Difficilmente si scappa dalla rete.
Esattamente allo stesso modo, se abbiamo dato il nostro sostegno ad un post in cui si sostiene una causa politica o sociale, nel giro di poco tempo ci verranno presentati post simili. Naturalmente ciò avviene solo se la narrativa possibile conduce verso lidi ben gestiti, altrimenti avviene il contrario, si viene isolati, i propri post sono cancellati, il proprio profilo viene bloccato…
Queste sono operazioni di influenza, condotte contro il singolo o contro gruppi sociali, grazie alla potenza delle nuove tecnologie e alla pervasività del cyberspace.
Immaginate ora cosa può essere fatto in caso di guerra, quando tutta la forza di una Nazione è incanalata verso l’unica direzione possibile?
Allora, ricordiamo che una regola antica come il mondo consiste nel chiedersi sempre: “Cui prodest”? Ovvero, a chi giova? Chi ha vantaggio da una o dall’altra narrativa? Chi trae vantaggio dal possedere i miei dati? Chi trae vantaggio dall’impiego delle informazioni che senza troppo preoccuparmi sono giornalmente condivise con i miei amici dei social, con la banca, con l’app contapassi, con quella che mi conta le calorie consumate e mi suggerisce cosa mangiare, con il mio supermercato di fiducia, con le piattaforme che mi aiutano nella ricerca del volo più economico per andare in vacanza, dell’hotel che fà assolutamente al caso mio, dell’app che misura i miei progressi linguistici… cominciamo a ripeterci: cui prodest? Poi magari facciamolo lo stesso, ma facciamolo consapevolmente!
Cominciare col porsi questa domanda corrisponde ad iniziare un nuovo percorso, un percorso di consapevolezza in cui non si è più parte del gregge.
Meditate gente, meditate…
Come sempre grazie agli amici di SICYNT che mi hanno aiutato a rendere semplice e interessante l’articolo coi loro preziosi suggerimenti.
Immagine: Cyber-influence : les nouveaux enjeux de la lutte informationnelle | IFRI – Institut français des relations internationales
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