L’uccisione di al-Zawahiri
da PICCOLE NOTE (Davide Malacaria)
Il 1 agosto gli Stati Uniti hanno annunciato al mondo di aver ucciso Ayman al-Zawahiri, la sfuggente primula rossa del Terrore. Il leader di al Qaeda, hanno dichiarato, è stato ucciso con un drone killer mentre era affacciato sul balcone di casa sua, al centro di Kabul, in Afghanistan.
Intelligence e lame rotanti
Contro la casa di al Zwahiri sarebbe stato inviato un drone che gli avrebbe sparato contro due missili Hellfire l’R9X, una nuova tipologia di missili, i quali non sarebbero armati da testate esplosive, ma “presentano una serie di sei lame rotanti che emergono dal proiettile nel suo approccio finale a un bersaglio”, come ha spiegato Klon Kitchen, ricercatore presso l’American Enterprise Institute ed ex analista dell’intelligence all’Associated Press.
Questi proiettili a lame rotanti sarebbero frutto di un’alta tecnologia americana, i cui ingegneri forse si sono ispirati a Goldrake, e servirebbero a limitare le vittime collaterali, com’è avvenuto nel caso specifico. Questi strani missili sono soprannominati “bomba a coltello” o “Ginsu volante”.
Armi mai utilizzate prima, tale spiegazione è però l’unica che permetta di giustificare le immagini relative al raid, dove si vede molto bene la casa che avrebbe ospitato il capo di al Qaeda, che risulta praticamente intatta, tranne il balcone attaccato, che invece presenta gravi lesioni.
Ci permettiamo di rilevare che due missili lanciati a centinaia di chilometri all’ora, che estraggono sei lame rotanti ciascuna e impattano su un uomo dovrebbero praticamente maciullarlo, con schizzi di sangue un po’ dappertutto. Invece, stranamente, né attorno alla finestra, né sulle strutture pencolanti si intravede la benché minima traccia di sangue.
Forse un’analisi più ravvicinata potrebbe mostrare ciò che non si vede, ma stranamente, la casa, come si vede nel filmato, successivamente è stata ricoperta con dei teloni (particolare davvero strano, mai visto prima una cosa del genere. Servono a coprire cosa?).
Nonostante il chiarimento riguardo all’arma fantasmagorica utilizzata nell’occasione, alcuni giornalisti sia della Reuters che della Cnn, e altri più o meno mainstream, per avvalorare l’attacco riferiscono di testimoni anonimi che hanno sentito un’esplosione al momento dell’impatto (una fonte dice che questa avrebbe scosso anche casa sua). Cosa che appunto non può esser vera, date le lame rotanti e le immagini inequivocabili della casa che non presentano segni di esplosione (un testimone interpellato ha dichiarato che la casa “era vuota”, ma questa è un’altra storia).
La Cnn, in base a fonti ufficiali, racconta nel dettaglio l’operazione e di come l’intelligence Usa avrebbe saputo già ad aprile che al Zawahiri si trovava a Kabul e in quale casa si nascondesse.
Quindi la Cnn racconta di come i vertici dell’intelligence si fossero incontrati con Biden, al quale avrebbero portato anche un plastico della casa-obiettivo. E con lui avrebbero elaborato un piano che minimizzava i rischi di vittime civili, come voleva il presidente, il quale avrebbe dato l’ok alla missione il 25 luglio.
Racconto dettagliato, che però lascia perplessi: avendo la possibilità di eliminare il ricercato numero uno al mondo, si sarebbe ritardato per mesi l’attacco, rischiando di perderlo, come accaduto tante volte in passato per altri leader del Terrore…
I patti di Doha e la (non) conferma del dna
Al di là delle domande del caso, l’attacco ha scatenato polemiche tra i talebani, che governano l’Afghanistan, e Washington: i primi hanno dichiarato che la controparte ha violato i patti di Doha, che prevedevano la fine dei raid Usa nel Paese (per evitare che si perpetuasse lo stillicidio di vittime civili), con gli americani ad accusare Kabul di dar rifugio ai terroristi.
Oggi, come scrive i Timesofisrael, i leader dei talebani “hanno rotto il silenzio” successivo al raid e hanno affermato che “Il governo e la leadership [dei talebani, ndr] non erano a conoscenza di ciò che viene affermato, né hanno visto tracce” di al Zawahri in loco, contraddicendo nettamente le dichiarazioni statunitensi.
Per quanto riguarda l’identificazione del leader di al Qaeda, queste le dichiarazioni di John Kirby, portavoce della Sicurezza nazionale della Casa Bianca: “Non abbiamo la conferma del DNA, né otterremo tale conferma. Francamente, sulla base di molteplici informazioni raccolte […], non ne abbiamo bisogno”. Al solito, si chiede all’opinione pubblica di fidarsi, come altre volte in passato.
Detto questo, l’eliminazione del leader del Terrore avrebbe dovuto essere accolta con esultanza dal mondo, invece ha suscitato qualche annoiato commento. E se Biden sperava di risollevare la propria immagine, non è andata così: i sondaggi, purtroppo, lo castigano sempre più.
FONTE: https://piccolenote.ilgiornale.it/57119/luccisione-di-al-zawahiri
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