Elezioni 2022, come sopravvivere alla grande fiera delle illusioni
di La Fionda (Laurent Ferrante)
Si dice che il segreto di un grande prestigiatore non sia nascondere il trucco ma farne bella mostra sotto i riflettori, sfidando il pubblico a decifrarlo, mentre l’illusione, quella vera, si svolge altrove, lontano dai nostri occhi e dalla nostra attenzione.
Analogo, si potrebbe dire, è il sistema delle elezioni; un grande spettacolo di magia con la sua grammatica e i suoi protagonisti.
«Magiche le elezioni a fare promesse siamo i campioni» cantano alla radio Colapesce e Dimartino. [1]
Sul palco i nostri illusionisti si affrontano a colpi di retorica, mostrano il loro cilindro, promettono di tirarne fuori conigli, colombe e altre sorprese strabilianti. Il pubblico applaude, strepita, litiga. E mentre parteggiamo per i Letta e le Meloni, i Conte e i Salvini, il nostro sguardo viene deviato lontano dal punto critico e dalle travi tarlate e scricchiolanti del teatro.
In altre parole, mentre ci affanniamo a selezionare l’autista da mettere al volante del paese, non ci accorgiamo che la nostra macchina è stata sostituita con un’auto giocattolo, senza ruote e senza motore. Uno Stato di plastica, un guscio vuoto che nemmeno il conducente più formidabile potrebbe mettere in moto.
Da tempo, infatti, le leve della politica economica sono state sottratte alla politica nazionale e spostate a Bruxelles e Francoforte. Significativo in questo senso il disinteresse di Mario Draghi per le vicende elettorali del 2013, quando da Presidente della BCE ci informò che quand’anche fossero giunti al potere i populisti le riforme sarebbero proseguite «come se fosse inserito il pilota automatico» [2]. D’altronde il suo maestro, Guido Carli, già Governatore della Banca d’Italia e Ministro del Tesoro, rivendicava con orgoglio la costruzione del complesso sistema di trattati che hanno poco a poco svuotato la democrazia italiana di ogni sostanza. Da Bretton-Woods a Maastricht, spiega Carli nella sua autobiografia-testamento, un «piccolo gruppo di italiani» ha lavorato alacremente per operare un «mutamento strutturale» «di carattere costituzionale” attraverso «l’imposizione di un ‘vincolo esterno’» avente lo scopo di «aggirare il Parlamento sovrano della Repubblica» [3]. Laddove, ovviamente, aggirare il Parlamento sovrano significa aggirare la sovranità popolare espressa attraverso le urne e quindi la democrazia stessa.
Ma, nota Gustavo Zagrebelsky [4], questo piccolo gruppo, questa oligarchia «deve in qualche modo mascherarsi; non può presentarsi apertamente come usurpazione di potere». «Non potendosi dichiarare per quello che effettivamente è, deve mimetizzarsi, rendersi invisibile, nascondere la sua faccia» perciò deve «mantenere le procedure democratiche [le elezioni, ndr], sebbene cerchi di svuotarle di senso dall’interno». Ma così, prosegue Zagrebelsky, tutto si riduce ad un «gioco democratico» e «se si parla di ‘gioco’ è precisamente perché di poco di diverso da un passatempo si tratta». Infatti, «le oligarchie sono diventate oramai indipendenti dai risultati elettorali» e non se ne curano affatto, «tanto le politiche che ne deriveranno non potranno che essere le stesse».
«Sono passati degli anni e tutto è ancora uguale a prima
Sono sempre senza lavoro e sempre con meno autostima
Accendo la tele, un politico parla
Sembra interessante, ascoltiamolo un po’
Fa mille promesse, la gente lo guarda
Sicuro alle prossime lo voterò»
È il «ciclo politico del vincolo esterno» come lo definisce Thomas Fazi [5]: 1) i partiti vengono eletti; 2) si rendono conto che non hanno altra scelta che seguire i diktat della UE, pena lo strozzamento finanziario; 3) chiamano un tecnico per fare il lavoro sporco; 4) in vista delle elezioni, il tecnico viene defenestrato per permettere ai partiti di rilegittimarsi agli occhi degli elettori; 5) le elezioni danno il via a un nuovo ciclo.
«E allora sì, propaganda, propaganda
Non c’è più niente che mi manca»
Oggi ci troviamo all’inizio di un nuovo ciclo, un nuovo giro di giostra, una ennesima riedizione di questa grande illusione ottica. Cosa fare, allora, e come sottrarci a questo meccanismo perverso?
Questa domanda non consente facili risposte, ma di certo non possiamo cedere alla rassegnazione. Si tratta allora di costruire proposte inedite e creative per restituire sostanza alla democrazia italiana. Strade battute non ce ne sono e nemmeno soluzioni prêt-à-porter. Dovremo perciò procedere per tentativi.
Questi tentativi dovranno però rispondere a due principi fondamentali: il principio di verità e il principio di concretezza.
Chiunque volesse proporre un progetto politico degno di considerazione dovrà quindi anzitutto esporre con trasparenza il problema strutturale che ci troviamo ad affrontare e, di conseguenza, riconoscere anche la propria impotenza all’interno del sistema attuale; poi, poiché individuare il problema è condizione necessaria ma non sufficiente, si dovrà anche spiegare agli elettori il piano d’azione con cui s’intende spezzare le catene del vincolo esterno e ripristinare la democrazia.
Questo sforzo di verità può sembrare spaventoso ma se come insegna Orwell «nel tempo dell’inganno universale dire la verità è un atto rivoluzionario» allora non possiamo immaginare alcuna rivoluzione senza verità.
E sarà proprio questa verità a fare da discrimine durante la campagna elettorale che ci attende. Laddove udiremo promesse e illusioni sapremo di trovarci di fronte a vecchi saltimbanchi da intrattenimento elettorale, pedine ignare — o complici — del “gioco democratico”; laddove invece riconosceremo il coraggio di dire che né gli elettori né i candidati contano un fico secco allora varrà la pena fermarsi ad ascoltare.
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[1] Fabri Fibra, Propaganda (feat. Colapesce Dimartino) – 3:33, Caos, Epic Records, 2022.
[2] Secondo l’allora presidente della BCE, «L’Italia prosegue sulla strada delle riforme, indipendentemente dall’ esito elettorale. Le riforme continuano come se fosse inserito il pilota automatico». Draghi: in Italia riforme con il pilota automatico, La Repubblica, 8 marzo 2013. https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2013/03/08/draghi-in-italia-riforme-con-il-pilota.html
[3] L. Canfora, G. Zagrebelsky e G. Preterossi (a cura di), La maschera democratica dell’oligarchia, Roma-Bari, Laterza, 2014, p.
[4] G. Carli, Cinquant’anni di vita italiana, Roma-Bari, Laterza, 1993, p.9 e p.436.
[5] T. Fazi, How Mario Draghi broke Italy, UnHerd.com, 25 luglio 2022
https://unherd.com/2022/07/how-mario-draghi-broke-italy
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