Ciad, prove per un altro colpo di stato nel Sahel?
di DIFESA ONLINE (Antonino Lombardi)
Ciad, giovedì 20 ottobre. Circa 30 manifestanti antigovernativi sono stati uccisi a N’Djamena ed altri 32 a Moundou dalle forze di sicurezza durante gli scontri con la polizia. La gente manifestava contro il leader Mahamat ‘Kaka’ Idriss Déby che estendeva abusivamente il suo mandato di due anni. La polizia aveva sparato gas lacrimogeni contro la folla ma i manifestanti hanno continuato ad avanzare e il loro numero è cresciuto. È stato allora che le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco sulla folla lasciando una scia di morte.
Il primo ministro Kebzado ha detto che le forze di sicurezza hanno risposto “solo per autodifesa” poiché i manifestanti erano armati e stavano cercando di “prendere il potere con la forza”. In un decreto governativo si legge che “questa marcia è destinata a creare un’insurrezione popolare ed è armata con il sostegno di forze esterne per destabilizzare il nostro paese”1.
Il governo ha dichiarato lo stato di emergenza nella capitale, N’Djamena, e nelle città di Moundou e Koumra, dando mano libera ai rispettivi governatori regionali di “prendere tutte le misure necessarie in conformità con la legge”2.
Il governo ha anche bandito la coalizione della società civile Wakit Tama e ha annunciato una sospensione di tre mesi delle attività di sette partiti, tra cui il Partito dei Trasformatori e il Partito socialista senza frontiere.
Succes Masra, leader del partito Transformers, ha dichiarato sulla sua pagina Facebook che più di 70 manifestanti pacifici sono stati uccisi e 1.000 arrestati in tutto il paese, aggiungendo che il “macabro conteggio non è ancora esaustivo”.
Quali le cause? Il Ciad è sprofondato in una lunga crisi politica nell’aprile dello scorso anno a seguito della scomparsa del presidente Idriss Deby. Dopo 30 anni di governo Deby è morto in seguito alle ferite riportate mentre si trovava a Mao, nella provincia occidentale di Kanem, negli scontri che per diversi giorni videro coinvolti esercito e ribelli armati del Front pour l’Alternance et la Concorde au Tchad (FACT).
Al suo posto si è insediato il figlio Mahamat Deby, a capo di un consiglio militare di transizione che aveva promesso nuove elezioni dopo diciotto mesi.
Il 20 agosto sono iniziate le trattative con i partiti di opposizioni ed i gruppi della società civile per delimitare un quadro costituzionale al fine di dar vita ad un nuovo governo. Alla fine dei colloqui è stato annunciato lo scioglimento del consiglio militare di transizione, l’indizione di nuove elezioni è stata procrastinata di ulteriori due anni e Mahamat Deby è stato confermato capo del governo con la possibilità di candidarsi al termine del periodo di transizione. Al forum di agosto non hanno partecipato il gruppo ribelle Front for Change and Concord in Ciad ed il movimento Wakit Tama.
Primo ministro è stato nominato, due giorni dopo che il presidente Deby ha dichiarato di voler formare un governo di unità nazionale, Saleh Kebzado. Arrivato secondo alle elezioni del 2016, Kebzado, era un acceso critico dell’ex presidente assassinato Idriss Deby.
Queste operazioni hanno suscitato rabbia e frustrazione tra i membri dei partiti di opposizione e dei gruppi della società civile che giovedì sono scesi nelle strade di diverse città del Ciad per protestare
La direttrice del progetto Africa centrale presso l’International Crisis Group, Enrica Picco, ha detto che le proteste non sono state una sorpresa. “La frustrazione e il malcontento tra l’opposizione sono cresciuti dall’inizio del dialogo nazionale poiché non c’erano segni da parte della giunta per garantire che lasceranno il potere alla fine della transizione. Deby è stato confermato presidente di un governo di unità nazionale messo insieme in nemmeno una settimana e che ha riprodotto la stessa mancanza di rappresentanza che molti gruppi della società civile hanno denunciato dalla scorsa estate” ha affermato Picco.
La comunità internazionale ha condannato unanimemente le violenze in Ciad. ONU, Ue e Usa hanno chiesto a tutte le parti di abbassare i toni e allentare la tensione ma i membri dell’opposizione hanno promesso di continuare a protestare.
L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani Volker Türk, nominato da poco più di un mese, ha condannato l’uso letale della forza contro i manifestanti e le uccisioni.
Le Nazioni Unite chiedono, inoltre, alle “istituzioni statali competenti di condurre indagini imparziali, tempestive ed efficaci su eventuali violazioni dei diritti umani che potrebbero essersi verificate, incluso l’apparente uso della forza non necessaria o sproporzionata per disperdere le proteste.”
L’ambasciata statunitense in Ciad ha pubblicato una foto sui suoi canali di social media che mostra l’ambasciatore inginocchiato in una strada con accanto dei vestiti insanguinati3. Sempre gli Stati Uniti tramite il Dipartimento di Stato hanno dichiarato “Condanniamo anche l’attacco avvenuto fuori dal cancello principale dell’ambasciata degli Stati Uniti in cui assalitori in abiti civili e veicoli privati hanno sgomberato i posti di blocco della polizia e ucciso quattro persone”.
Rapidamente la Francia, con una nota del ministro degli Esteri ha affermato che “non ha alcun ruolo in questi eventi, che sono strettamente una questione di politica interna del Ciad. Le false informazioni su un presunto coinvolgimento della Francia non hanno fondamento”.
Repubblica Centraficana, Mali, Burkina Faso, Ciad, Sudan solo dall’inizio di quest’anno hanno visto proteste, manifestazioni, colpi di stato e cambi repentini di governo con conseguenze che direttamente o indirettamente ci riguardano ma che sembrano non interessare a nessuno.
Il Sahel è ancora, per qualcuno, uno spazio strategicamente irrilevante?
1, 2 decreto Ministro della comunicazione nr.001/PT/PHT/MC/DC/2022
3 BBC
Fonte: https://www.difesaonline.it/geopolitica/brevi-estero/ciad-prove-un-altro-colpo-di-stato-nel-sahel
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