- Resistenze al nanomondo: Se ci puoi scrivere qual’è la tua storia, il tuo percorso, quando hai iniziato a sviluppare una critica agli sviluppi tecno-scientifici e quali sono stati i pensatori da cui hai tratto insegnamento.
Paul Cudenec: Non credo di poter separare la mia critica agli sviluppi tecno-scientifici dal resto delle mie opinioni e analisi. Sono un anarchico da 30 anni ormai, ma anche prima di allora, nella mia gioventù, sentivo una forte avversione istintiva per la società dei consumi high-tech. Da un lato era associata a tutto ciò che non mi piaceva – il grande business, lo stato, i militari, l’autorità e il controllo in generale. Dall’altro lato era in contrasto con tutto ciò che più apprezzavo – la natura, la libertà, la comunità, un senso di continuità storica e culturale. L’arrivo delle telecamere a circuito chiuso in Inghilterra è stato un momento di risveglio per me. All’epoca lavoravo come giornalista in un giornale locale in una delle prime città in cui erano state installate le telecamere e, dato che sapevo per certo che lì c’era pochissimo crimine, mi fu chiaro che questo progetto non aveva niente a che fare con la lotta al crimine, come si diceva, ma era il lancio di qualcosa di molto più sinistro. Ho scritto una canzone punk su questo a metà degli anni ’90 (che ho messo online l’anno scorso), mettendo in guardia contro “le telecamere che rubano la nostra libertà” e i tecno-tifosi che stavano per scansionare il nostro DNA, mettere microchip nei nostri cervelli e trasformarci in robot. Con il gruppo anarchico locale, che in seguito ho contribuito a creare, eravamo soliti tenere proteste annuali contro le telecamere, segnando l’anniversario della loro installazione come “il compleanno del Grande Fratello”. Come avrete capito da quanto sopra, George Orwell è stato, senza sorpresa, un’influenza su di me. La storia dei luddisti è stata un’altra ispirazione (tramite Kirkpatrick Sale tra gli altri), insieme a pubblicazioni anarchiche come Green Anarchist, SchNEWS, Do or Die, Anarchy: A Journal of Desire Armed e varie pubblicazioni EF! Ho letto anche Against the Megamachine di David Watson, Against His-story di Fredy Perlman, Against Leviathan, il Manifesto di Unabomber più molto di John Zerzan e Derrick Jensen. Più recentemente sono stato influenzato dalla lettura di autori come Miguel Amorós, Jacques Ellul, Theodore Roszak, Charlene Spretnak, Renaud Garcia… Ma intrecciate a questo filo della mia autoformazione sono state altre ispirazioni. Il mistico della natura inglese Richard Jefferies è stato molto importante per me, così come René Guénon, che univa la sua metafisica a una forte critica della modernità. Ho anche letto altrove di sufismo, taoismo, mitologia comparata, folklore inglese, filosofia indiana, idealismo tedesco, romanticismo ebraico anticapitalista, psicologia junghiana… Ciò che mi interessa, soprattutto, sono le connessioni tra questi racconti e tradizioni, o piuttosto, forse, il nuovo spazio che si apre alla nostra riflessione quando li consideriamo insieme, nello stesso contesto concettuale.
2. Resistenze al nanomondo: Il Great Reset è un tema che hai affrontato molto nei tuoi testi, potremmo dire fin dall’inizio dei lavori di Davos sull’ultima dichiarata emergenza. Sappiamo ormai che questa élite in gran parte non nasconde neanche più le sue intenzioni e i suoi progetti. Già da prima della dichiarata pandemia è stato sempre evidente come contesti di emergenza, veri o presunti, accidentali o creati ad hoc, rappresentino sempre un’ottima occasione per il sistema tecno scientifico per consolidarsi e dare significato alla propria permanenza.
Le sciagure ambientali come Fukuschima per la sinistra e tanti pensatori ambientalisti rappresentano delle contraddizioni che porteranno alla fine i nodi al pettine. La storia passata e soprattutto recente ci insegna invece che la Grande trasformazione (Great Reset) si nutre proprio di questi disastri, come un alimento non può farne a meno e farà quindi di tutto per far si che ve ne siano sempre di nuovi, non solo considerandoli come un continuo business, ma anche come universo di senso da cui trarre ispirazione: da questo punto di vista la dichiarata pandemia dovrebbe aver insegnato molto. Questo ovviamente vale anche per le turbolenze economiche, spesso causate dai disastri ambientali stessi, che rappresentano un’ottima occasione per cambiamenti radicali portati avanti con l’aiuto delle tecno scienze. Come hai scritto tu, questo porterà a far abbracciare innovazioni tecnologiche specifiche nella sfera pubblica e privata in modo che le generazioni future possano soddisfare le nuove necessità che il Grande Reset richiederà alimentando nuovi mercati – ma non solo – che ruotano verso innovazioni digitali, strategie elettroniche, telelavoro, intelligenza artificiale, robotica, nanotecnologie, internet delle cose e internet dei corpi accentrando il potere nelle mani degli stakeholder capitalisti con il pretesto benevolo di reinventare il capitalismo attraverso mezzi più equi e più ecologici. Come stanno avvenendo e come si evolveranno questi processi, pensando alle parole di Schwab che tu citi secondo cui certe tecnologie non saranno solo relegate al mondo fisico, ma diventeranno estensioni di noi stessi? Ma soprattutto in quella che tu chiami la seconda fase del Grande Reset con la guerra come nuova emergenza?
Paul Cudenec: Devo dire subito che non sono stato personalmente l’autore di quest’ultimo articolo, anche se apprezzo molto e faccio eco al contenuto! Una delle cose che mi ha colpito di più della narrazione di Schwab è il modo in cui ha collocato il cosiddetto Grande Reset nel contesto di una serie di tappe storiche. Cita l’11 settembre, spiegando come questo momento di shock abbia permesso al sistema di normalizzare tutti i tipi di misure di “sicurezza” invasive e restrittive che altrimenti non sarebbero state accettate dal pubblico, come il body-scanning negli aeroporti e la necessità di fare “check-in” e “check-out” negli edifici. In effetti, la “Guerra al Terrore” è stata, per me, un preludio alla “Nuova Normalità” del periodo di Covid. I continui annunci registrati nelle stazioni ferroviarie che ricordavano alla gente la “minaccia” del terrorismo, l’atmosfera di sospetto e sfiducia (“Se lo sospetti, denuncialo!”) erano già utilizzati per creare l’atmosfera di uno stato di emergenza permanente, in cui era inappropriato insistere troppo sulla propria privacy o libertà personale. Questo era combinato, almeno nel Regno Unito, con un culto delle forze armate (d’ora in poi ribattezzate “eroi”) che personalmente ho trovato intollerabile!
Prima della Guerra al Terrore, naturalmente, c’è stata la Guerra Fredda, che ha anche incoraggiato un atteggiamento militarista, la paura degli stranieri, e così via. La seconda guerra mondiale, anch’essa citata da Schwab, fu un altro evento che cambiò la società, spazzando via gran parte dei precedenti modi di vivere europei a favore di una versione “modernizzata” americana (in Occidente) o sovietica. Lo stesso vale per la prima guerra mondiale, che so ha messo fine, per esempio, a molte delle usanze popolari che avevano sempre animato la cultura inglese. Non erano più considerate appropriate nella New Normal del dopoguerra.
Suppongo che la maggior parte delle persone immaginino che questi eventi non siano altro che il gioco della storia e che i conseguenti cambiamenti della società siano il risultato necessario del loro impatto, parte dello stesso processo evolutivo, se volete. Ma io la vedo diversamente. Molte persone sono ora consapevoli che la “pandemia” non era niente del genere, ma una massiccia operazione psicologica utilizzata per portare avanti l’agenda presentata da Schwab come il Grande Reset. Lavorando a ritroso, e tenendo presente la vasta letteratura sull’11 settembre e altri attacchi “terroristici” (compresa l’analisi del situazionista Gianfranco Sanguinetti), possiamo vedere che la Guerra al Terrore era un fenomeno simile. Ovviamente, ha giustificato le guerre imperialiste in Afghanistan, Iraq, Siria e così via, ma ha anche permesso la securitizzazione della nostra società di cui Schwab si vanta – ed è stato evidentemente progettato per fare proprio questo. Lo stesso vale per il “terrorismo” dell’epoca della guerra fredda (il lavoro di Daniele Ganser su Gladio è particolarmente utile in questo caso). Anche le due guerre mondiali sono state deliberatamente usate in questo modo?
Possiamo vedere un modello preciso qui. Si verificano eventi scioccanti e omicidi che servono, simultaneamente, diversi aspetti della stessa agenda: la spesa statale massiccia viene incanalata in tasche private (sia il commercio di armi che Big Pharma), con i risultanti debiti pubblici che aumentano ulteriormente l’influenza delle istituzioni bancarie internazionali; la paura viene usata per instillare un’obbedienza sconsiderata all’autorità; i costumi e le strutture sociali precedenti vengono spazzati via; nuovi sistemi di controllo vengono introdotti di fronte a questa “emergenza”.
In questo contesto, non è difficile capire come l’attuale situazione di “guerra” possa essere stata deliberatamente istigata per accelerare questo processo, come solo l’ultima di una lunga serie di tappe (e ho citato solo le più evidenti sopra). La gente non vuole che il suo cibo sia razionato o prodotto in laboratorio, che le sue spese siano controllate dalle autorità bancarie centrali, che i suoi movimenti siano tracciati e le sue attività monitorate, ma può accettare tutto questo in un contesto di “emergenza”.
Tutto questo riguarda puramente il potere e il controllo. La tecnica impiegata dal sistema per raggiungere questo obiettivo è solo uno strumento, o un’arma. Ecco perché non è mai “neutrale” come alcuni amano sostenere: esiste solo per aumentare il dominio di chi la possiede, a spese di tutti gli altri, come i luddisti capirono fin troppo bene 200 anni fa!
3. Resistenze al nanomondo: Il subentrare della nuova emergenza internazionale legata alla guerra con le sue ovvie conseguenze energetiche sembra aver per un attimo sostituito dall’attenzione generale la dichiarata pandemia con i suoi strascichi nefasti che da anni ormai ci tocca subire.
Significativo che la propaganda di guerra di queste settimane riporti in pieno modalità e linguaggi che erano serviti a paralizzare i più su un terreno sanitario. È evidente, se continuano a seguire questo solco, che l’esperimento di ingegneria sociale è riuscito e si apprestano alle sue successive evoluzioni, dove il camice bianco è continuamente interscambiabile con la tuta mimetica.
Questo apparentemente ammorbidimento delle restrizioni in quasi tutti i paesi europei fuorché l’Italia sembra lasciare sperare che si stia andando nella direzione di un’uscita dalla dichiarata emergenza sanitaria e dal suo strumento simbolo per eccellenza: il lasciapassare sanitario (Green Pass). Eppure, le buone intenzioni, le retoriche e le descrizioni che vengono fatte non coincidono minimamente con la realtà presente. Dove, nel grande resettaggio globale, è ormai evidente che sono state già prese precise direzioni di natura trasnazionale e ai singoli Stati, soprattutto quando sono colonie statunitensi come l’Italia, non resta che applicarle.
Quello che temiamo è l’allentamento dell’attenzione e quindi della lotta verso questi nuovi sviluppi ed evoluzioni che non rappresentano alcun miglioramento della situazione, ma piuttosto un suo irreversibile consolidamento. Ma il vero problema più grande è che sfugga il fare chiarezza e, di conseguenza, che sfumi la possibilità di comprendere ciò che è stato impiantato nella società: un’idea concreta di società digital-cibernetica con individui impauriti pronti a qualsiasi richiamo a rinnovare i sieri genici dentro al proprio corpo o qualsiasi altro prodotto farmaceutico o meno che venga ritenuto necessario, confermando di fatto la nuova normalità in un paradigma di ingegneria genetica a mRNA.
Più volte nel tuo sito internet ti sei occupato delle lotte a livello internazionale contro la nuova normalità biomedicale, ritieni siano state sufficienti e siano state all’altezza della minaccia non che verrà, ma che ci sta già travolgendo? Potresti partire dalla tua esperienza personale, ma anche da altri paesi che negli ultimi anni hanno realizzato mobilitazioni importanti e come in Canada dove ci sono state le ultime lotte dei trasportatori? In queste proteste anche molti gruppi anarchici non erano dalla parte giusta della barricata, qual’è il motivo secondo te?
Dove l’aspetto quantitativo della protesta è stato raggiunto, si può dire la stessa cosa riguardo ai contenuti, dove in genere si è preferito immediate rivendicazioni ben digeribili ai più invece che toccare i veri nodi dietro al Green Pass? Parlare di cattiva gestione dell’emergenza pandemica non sposta forse il piano su parzialità recuperabili immediatamente dal potere stesso e del tutto inefficaci dal punto di vista dell’obbiettivo qualitativo della lotta?
Potresti fare delle considerazioni su tutto questo?
Paul Cuden: La mia esperienza personale è stata in Francia, dove vivo ormai da diversi anni. Nei primi giorni di Covid c’è stata poca reazione critica qui, soprattutto rispetto all’Inghilterra, dove le grandi proteste sono iniziate rapidamente a Londra e lo scetticismo sulla natura della “pandemia” sembrava un po’ più comune. Le cose cambiarono veramente nel luglio 2021, quando fu introdotto il “pass sanitaire”: un numero massiccio di persone scese in strada e non smise di farlo. Ho percepito un vero cambiamento nell’atmosfera politica, nel senso che le persone avevano rotto il tabù che impediva loro di sfidare la narrazione di Covid e, improvvisamente, esprimevano la loro opposizione non solo al pass, ma all’agenda del Grande Reset che c’era dietro. Prevedibilmente, la presenza di alcuni nazionalisti in queste proteste ha fatto sì che fossero presentate dai media come interamente di “destra”, ma questo non era chiaramente il caso: hanno rotto le solite classificazioni. Per molti versi questo nuovo movimento era un’evoluzione della rivolta dei Gilets Jaunes e la loro presenza nelle sue file era notevole. Ma, a causa della portata senza precedenti dell’attacco alle libertà umane di base che il lasciapassare comportava, ha attirato molte persone che non avevano precedentemente sentito il bisogno di essere coinvolte nella protesta politica. Anche se i critici hanno ritenuto che questo significasse che i manifestanti erano troppo disparati politicamente per rappresentare un vero “movimento”, non sono del tutto d’accordo. Ho visto a livello molto locale, con un gruppo locale anti-pass con cui sono coinvolto, come un certo consenso, una certa visione condivisa, si sia evoluta nel corso dei mesi e non sia stata interrotta dagli eventi in Ucraina. Recentemente ho presentato il mio ultimo libro, The Withway, a un gruppo di compagni di campagna qui e loro erano in gran parte in sintonia con la mia prospettiva, sia per quanto riguarda i pericoli della tecnica, la necessità di un decentramento radicale, l’importanza dell’aiuto reciproco, la nostra appartenenza al luogo e alla natura o, infatti, la necessità di una dimensione spirituale alla nostra lotta. Non ricordo di aver mai trovato così tanti spiriti affini in un gruppo “anarchico” ufficiale al 100%.
È difficile per me sapere se questo è generalmente vero in Francia o in altri paesi. Hai ragione a suggerire che il gran numero di persone coinvolte nelle proteste per la libertà non implica necessariamente una qualità di analisi o di comprensione. Ma quello che ho sentito nelle interviste da Ottawa, per esempio, mi suggerisce che c’è, come minimo, il potenziale per costruire un movimento di resistenza coerente. Il fatto stesso che questo movimento si definisca in termini di libertà, e che abbia identificato il principale nemico di questa libertà come le forze unite del grande business, delle istituzioni internazionali e dei singoli stati – una tecnocrazia globale – mi sembra incoraggiante. Non penso che sia una completa coincidenza che l’invasione dell’Ucraina sia avvenuta proprio quando questo movimento stava prendendo identità e slancio. Non credo nemmeno che la guerra frantumi decisamente quel consenso: nei circoli dissidenti ha già preso forma un’analisi condivisa della situazione che va oltre la dicotomia Stati Uniti/Russia/Cina.
Il fallimento degli anarchici nel loro insieme di opporsi al colpo di stato tecnocratico è stato per me fonte di grande delusione dal marzo 2020 e ho scritto ampiamente (forse troppo ampiamente!) su questo. Posso vedere due ragioni principali per questo tragico stato di cose. In primo luogo, c’è stato un declino a lungo termine nella comprensione del pensiero anarchico tra coloro che presumibilmente sottoscrivono la filosofia. Questo probabilmente non è del tutto nuovo, dato che Gustav Landauer si lamentava della stessa cosa più di 100 anni fa, ma è certamente peggiorato! L’influenza del postmodernismo e il culto dell’intersezionalità hanno creato una sorta di culto dell’artificio che rifiuta ferocemente ogni “essenzialismo” o la nozione di qualità umane innate e ha così voltato le spalle alla cruciale intuizione anarchica che non abbiamo bisogno di un’autorità dall’alto verso il basso perché siamo innatamente capaci di organizzarci dal basso. Senza le basi dell’autentico pensiero anarchico, questi anarchici zombie svuotati sono stati facilmente portati nelle posizioni assurde di sostenere il controllo fascista dello stato e la medicazione sulla base della difesa del “bene comune” come definito dai nostri governanti. Ma questa debolezza ideologica di fondo deve essere vista nel contesto della seconda ragione che voglio menzionare, che è che c’è stata chiaramente una deliberata acquisizione e manipolazione delle strutture anarchiche per impedire loro di sfidare il nuovo ordine.
4. Resistenze al nanomondo: Hai svolto un gran lavoro di approfondimento sull’impatto1 delle agende dei padroni universali sui contesti apparentemente portatrici di una critica a questo sistema, svelando una pseudo sovversione che in realtà è portatrice e promotrice delle stesse istanze di questo sistema tecno-scientifico e transumanista. Scrivi di Exinction Rebellion2 e anche di Black Lives Matter UK che è stato sostenuto da Edge Found. Ci puoi dire qualcosa di più?
Ricordiamo che gli Edge Found sono dei fondi di investimento speculativi che investono non a caso anche nella causa LGBTQ+ dove la Fondazione Rockefeller ha co-presieduto il comitato di programma di Edge ed è anche presente nel consiglio di amministrazione di Edge Funders dove troviamo un rappresentante dell’Open Society Initiative for Europe di George Soros. Questi e altri soggetti non sono semplicemente tra gli uomini più ricchi del pianeta, imprenditori, dirigenti di multinazionali biomediche e biotecnologiche: con gli investimenti delle loro società, le loro opere filantropiche e i loro progetti di ricerca sono in grado di dirigere l’agenda delle politiche mondiali su temi cruciali come la salute o l’ambiente per esempio. Dovremmo porci quindi delle domande se nella loro agenda troviamo investimenti a determinate aree di sinistra, ambientaliste e arcobaleno. Domande sui loro fini e sull’integrità e reale critica di queste aree e su come sono in realtà funzionali al grande resettaggio in corso.
Cosa pensi su questo?
Paul Cudenec: Sappiamo che il Grande Reset è una transizione che è stata pianificata per anni, probabilmente decenni. Come parte della loro pianificazione, quelli dietro di essa avrebbero inevitabilmente guardato alle potenziali fonti di opposizione ad essa e gli anarchici, molto coinvolti nelle proteste anti-globalizzazione più di 20 anni fa, si sarebbero ovviamente distinti. Girare il pensiero anarchico in modo che non minacciasse più, ma di fatto rafforzasse, l’agenda dei tecnocrati sarebbe stata quindi una mossa sensata da parte loro.
Da tempo sentivo, intuitivamente, che c’era qualcosa di malsano nella direzione che il movimento anarchico stava prendendo, ma forse supponevo che questo parlasse semplicemente delle mie differenze con gli atteggiamenti prevalenti. È stato solo con il momento Covid che sono stato costretto ad affrontare veramente questo problema e ad esplorare cosa c’era dietro.
Uno sviluppo significativo negli ultimi 15 anni circa è stato l’emergere di un movimento “antifascista”, la cui identità e i cui presupposti ideologici sembrano aver ampiamente spostato quelli del movimento anarchico da cui è nato. Nel Regno Unito, questo è stato spinto dall’emergere della English Defence League, un movimento di strada anti-musulmano molto pubblicizzato e considerato da molti come deliberatamente prodotto dal sistema. Sospetto che questo sia stato un altro esempio della strategia di contro-insurrezione “bande e contro-bande” molto favorita dallo stato britannico (come esplorato dal ricercatore Larry O’Hara, tra gli altri). In risposta a questa minaccia fisicamente reale – l’EDL inizialmente ha attratto un gran numero di sostenitori bianchi della classe operaia – gli anarchici si sono sentiti obbligati a reagire. Io stesso ho preso parte all’attività antifascista locale. Ma, con il senno di poi, il culto dell’antifa ha effettivamente allontanato gli anarchici dall’organizzazione diretta contro il nostro vero nemico stato/corporativo per concentrarsi invece su gruppi di individui che, mentre agivano effettivamente come proxy del sistema, non erano il vero problema. L’enfasi sulla lotta di strada, l’autodifesa e la spavalderia posticcia ha anche depoliticizzato l’ambiente anarchico in una misura spaventosa, con un gruppo, i Berkshire Anti Fascists, che dichiaravano persino con orgoglio di essere, esattamente come quelli a cui sostenevano di opporsi, “più interessati all’azione che alla filosofia politica”! Successivamente, lo stesso atteggiamento iper-aggressivo coltivato verso gli oppositori di estrema destra è stato diretto contro i “nemici” appena scoperti, come le “terf” (femministe che sfidano il dogma transgender) e, successivamente, tutti quei teorici della cospirazione “di destra” e gli “anti-vaxxers” che osano mettere in discussione la narrazione ufficiale di Covid. Questo mi sembra molto simile alla creazione deliberata da parte del sistema di una milizia di strada con cui attaccare i suoi oppositori sotto la falsa bandiera dell’antifascismo. Il linguaggio violento usato contro i dissidenti di Covid da molti anarchici “ufficiali” si è persino esteso (in Germania, Australia e Canada, per esempio) a specifiche mobilitazioni antifa contro le proteste per la libertà. Fortunatamente queste sono state piccole e inefficaci.
Sono stato in grado di fornire la prova di una connessione tra gruppi di sinistra/anarchici e il mondo corporativo a cui teoricamente si oppongono, attraverso le mie indagini su Guerrilla Foundation e Edge Fund. Ero già a conoscenza dell’esistenza di “finanziamenti” per le attività anarchiche e anticapitaliste, ma ero stato indotto dai compagni a credere che questi provenissero da simpatizzanti anarchici che per caso avevano ereditato grandi somme di denaro che volevano usare per una buona causa. La realtà, infatti, è che queste organizzazioni di finanziamento sono strettamente legate al mondo dell’impact investing e a coloro che promuovono la transizione del Grande Reset: la loro politica di identità intersezionale, la loro “sostenibilità” e “inclusività”, sono strettamente legate all’agenda ESG degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, di cui il principale promotore ufficiale è il World Economic Forum.
Lei chiede specificamente di Extinction Rebellion (conosciuta come XR) e Black Lives Matter. Il caso XR ha rappresentato per me un momento spartiacque nel 2019. Inizialmente ero stato contento dell’emergere di quello che sembrava essere un movimento ambientale radicale, dopo anni di scarsa attività, e sapevo attraverso le connessioni personali che in XR erano coinvolti attivisti genuini. Tuttavia, l’organizzazione si è data la zappa sui piedi lanciando e pubblicizzando un gruppo “XR Business”, attraverso il quale i suoi finanziatori aziendali si sono resi visibili. Molti di questi si sono rivelati essere dell’industria dell’impatto che è così centrale per la nuova economia basata sui dati prevista dal Grande Reset. L’auto-esposizione di XR è stata, guardando indietro, la nostra prima indicazione di ciò che sarebbe seguito nel 2020.
Rising Up, il gruppo dietro XR, è stato infatti finanziato da Edge Fund, insieme a Black Lives Matter. Il fatto che entrambi questi gruppi attraggano senza dubbio sostenitori genuini che pensano sinceramente di fare la cosa giusta, non intacca la realtà della loro totale immersione nella truffa dell’intersezionalità. Un rappresentante di Black Lives Matter UK ha elogiato Edge Fund per aver abbracciato “le questioni dei diritti dei lavoratori del sesso, degli alloggi, del cambiamento climatico, dei diritti LGBTQIA+, della salute mentale, del recupero dalle dipendenze e della giustizia razziale”. Questi sono tutti temi cari ai piani degli investitori d’impatto, che formano la base della loro mercificazione dei nostri problemi e svantaggi e la loro speculazione sul nostro “successo” o “fallimento” nell’affrontarli, come tracciati e valutati attraverso la sorveglianza online permanente nel loro panopticon digitale. È interessante notare che, alla luce dei miei commenti precedenti, anche i gruppi antifascisti sono stati finanziati dai capitalisti d’impatto di Edge Fund…
Quando gli “anarchici” condannano i compagni come “teorici della cospirazione” per aver esposto il sostegno delle grandi imprese al movimento “giustizia climatica”, quando attaccano qualsiasi sfida al culto transgender dell’industria biotecnologica, o qualsiasi messa in discussione dei prodotti sperimentali dell’industria farmaceutica, allora l’agenda aziendale è difficile da ignorare. Sono abbastanza d’accordo che stiamo parlando qui di “una pseudo-sovversione che è in realtà portatrice e promotrice delle esigenze stesse di questo sistema tecno-scientifico e transumanista”.
5. Resistenze al nanomondo: In un tuo testo fai riferimento a queste parole di Gustav Landauer: “Non c’è bisogno di temere la mancanza di rivoluzionari: in realtà nascono da una sorta di generazione spontanea, cioè quando arriva la rivoluzione”3.
Quello che ci chiediamo è come sarà possibile mettere in atto una critica e una lotta all’esistente che vadano fino alle sue fondamenta se non ci sono adeguati strumenti per comprendere cosa ad esempio rappresentano questi sieri genici e, nel complesso, per comprendere le attuali trasformazioni?
I contesti che da sempre hanno considerato marginale o che hanno addirittura deriso una priorità di lotta verso le tecno-scienze adesso si trovano a non avere questi strumenti. Ma anche alcuni contesti che si stavano opponendo all’avanzata della Quarta Rivoluzione Industriale si sono trovati impreparati mettendo in atto di fatto una scissione con la realtà che stavano contestando non opponendosi con adeguata determinazione e forza a questi sieri genici e al più ampio progetto transumanista in cui vanno collocati questi e altri fondamentali passaggi. Eppure pensavamo che, quando i tecnocrati eugenisti e transumanisti dagli altri animali sarebbero arrivati a penetrare e modificare anche i nostri corpi, ci sarebbe stata una forte opposizione. Ma, ripensandoci, anche la notizia delle due bambine modificate geneticamente in Cina era stata accolta come questione marginale, forse perché partiva dalla Cina e non si è voluto vedere che l’Occidente pieno di bioetica fasulla non stava aspettando altro, non per fare uguale, ma per fare meglio.
Perché secondo te si è arrivati a questa situazione?
Paul Cudenec: Sì, è molto frustrante vedere come le persone tendono, di volta in volta e in vari contesti, a fermarsi ad un certo punto e a rifiutare di portare avanti la loro analisi. Non è una questione di essere in grado di educarli, dato che l’informazione è disponibile – semplicemente si rifiutano di riconoscerne l’esistenza! Questo sembra essere tipico della “sinistra”, in generale: ci sono certi tabù ideologici o sociali profondamente radicati che non possono mai essere infranti senza il rischio, forse, di far esplodere il senso di identità personale dell’individuo, che è stato costruito su un certo insieme di presupposti sociali. Il problema, per me, è che troppi non si sono veramente liberati dal pensiero del sistema. Il fatto che adottino posizioni che sembrano sfidare il sistema aiuta solo a renderli ciechi al fatto che rimangono intrappolati all’interno del suo quadro generale della realtà. Come ha scritto Guy Debord nei Commentaires sur la société du spectacle: “L’individuo che è stato segnato più profondamente da questo pensiero spettacolare impoverito che da qualsiasi altro aspetto della sua esperienza si mette al servizio dell’ordine stabilito fin dall’inizio, anche se soggettivamente può aver avuto l’intenzione opposta. Seguirà essenzialmente il linguaggio dello spettacolo, perché è l’unico che gli è familiare, quello in cui ha imparato a parlare. Senza dubbio vorrebbe essere considerato un nemico della sua retorica; ma ne userà la sintassi”.
Nelle nostre società, siamo stati tutti sottoposti a una vita di condizionamenti, a partire dalle nostre famiglie (dove gli altri ci hanno trasmesso i risultati dei loro condizionamenti!) e continuando attraverso la scuola, i media, la lettura – cresciamo e ci definiamo usando i termini e i presupposti che ci sono stati insegnati. Uscire da questo condizionamento non è facile, ma è essenziale se vogliamo essere in grado di pensare dall’interno di noi stessi piuttosto che dalla società esterna, e trovare dentro di noi l’intuizione collettiva naturale che ci è nascosta dalla nostra educazione sociale artificiale. Normalmente raggiungeremmo questo attraverso una successione di fasi – io stesso sono stato molto consapevole di questo processo nel corso degli anni, che ha comportato un distacco di strato dopo strato dell’illusione in cui avevo vissuto. Più sei “istruito” – più hai costruito il tuo senso della realtà sulla versione falsa servita dallo spettacolo – allora più lavoro devi fare per disimparare tutta la falsità accumulata, il che forse spiega perché le persone con idee politiche molto strutturate rimangono incapaci di afferrare certe verità che sembrano ovvie agli altri. Penso che questo sia forse parte di ciò a cui Landauer mirava con la citazione che hai citato. Le persone che pensano di essere rivoluzionarie, che hanno sognato a lungo di essere rivoluzionarie, non sono necessariamente le persone che effettivamente passeranno all’azione quando arriverà il momento! Il loro pensiero è troppo rigido, le loro aspettative troppo precise. Hanno, in effetti, aggiunto ulteriori strati al loro condizionamento – strati “rivoluzionari”! – che li immobilizzano quando il momento del potenziale rivoluzionario arriva in una forma diversa da quella che avrebbero immaginato o preferito. Il lato positivo del punto di Landauer è che la frantumazione delle certezze da parte di una situazione rivoluzionaria rompe i condizionamenti e le inibizioni delle persone precedentemente non rivoluzionarie, spingendole a cogliere il momento e a prendere parte alla rivolta. In momenti potenti come questo, l’inconscio collettivo travolge i soliti tabù sociali e si impossessa degli individui che sono aperti alla sua influenza, che sono guidati principalmente dal loro cuore, potremmo dire, e non sono trattenuti da un intelletto timoroso e ossificato. Penso che possiamo vedere questo fenomeno manifestarsi nelle varie proteste per la libertà, compresa la rivolta dei camionisti canadesi, anche se tutto questo ovviamente non equivale (ancora!) a una rivoluzione.
6. Resistenze al nanomondo: Ultimamente hai scritto: «Ma perché questa rivolta abbia successo, è necessario liberare un ulteriore elemento dal labirinto di menzogne in cui anch’esso è stato a lungo imprigionato.
Questo elemento è il nostro senso del sacro, la nostra connessione con il Tutto, il nostro spirito.
La cultura dominante ha lavorato duramente per soffocare questa dimensione, non solo negando la sua esistenza attraverso la sua moderna mentalità materialista unidimensionale, ma ingabbiandola all’interno delle strutture rigide e senza vita e dei dogmi della religione al servizio del potere e dirottandola in culti o pseudo-spiritualità superficiali che predicano la passività e non rappresentano una minaccia per il suo dominio»4.
Questo tuo rimando alla dimensione del sacro ci fa chiedere come può essere possibile una rivoluzione, collegandoci alla domanda precedente, se non si hanno da contrapporre altri valori a quelli dominanti, se non si ha da contrapporre una visione di mondo essenzialmente altra da quella transumanista e materialista.
In un mondo completamente materialista la paura più forte è quella della morte, paura sulla quale si è retta parte della propaganda attorno alla narrazione su questa pandemia dichiarata. Ed è stata significativa la rimozione dei morti, nell’impossibilità di seppellirli e nell’ultimo saluto negato durante il primo periodo di confinamento in cui era vietato lo svolgersi dei funerali e il poter andare dai propri cari ricoverati.
Ernst Jünger, che hai anche tu ripreso in un altro tuo testo5, aveva messo in luce che «Nessuno è più facile da terrorizzare di chi crede che tutto sia finito quando il suo fugace fenomeno si spegne. I nuovi schiavisti se ne sono accorti, e questo spiega l’importanza per loro delle teorie materialistiche…».
La cancellazione dei riti porta alla disgregazione di una comunità che si regge anche su una dimensione del sacro. E, in ultima istanza, la desacralizzazione dell’esistenza e la cancellazione del sacro rende il vivente disponibile alla predazione e manipolazione tecnoscientifica, riprendendo queste tue parole: «Il sacro non è “lassù” e non abbiamo bisogno di sedicenti intermediari per entrare in contatto con esso. È dentro ogni essere vivente»6.
La cancellazione della dimensione del sacro ha ripercussioni anche sulle analisi critiche che, se prendono in considerazione solo il piano economico, rinchiudendosi nei meri dati, diventano incapaci di cogliere un più ampio piano di orizzonte di senso e di assoggettamento con le sue conseguenze che vanno oltre al piano prettamente materiale. Lo scopo non può essere ridotto al mero profitto, ma è proprio la realizzazione di una precisa visione di mondo transumanista. Da anni scriviamo che il problema non sta solo se l’esperimento raggiunge il risultato prefissato – e con le tecno-scienze il mondo intero e gli stessi corpi sono diventati dei laboratori viventi – ma nel percorso per raggiungere quel risultato: in questo percorso viene resa possibile l’idea di poter manipolare e artificializzare il vivente e nel mentre qualcosa si trasforma e si perde in maniera irreversibile. Siamo arrivati alla presa dello spirito per la chiusura del cerchio del totale dominio e per la totale trasformazione antropologica e ontologica dell’umanità.
Cosa pensi di questo?
Paul Cudenec: Infatti. Molto ben detto. E come dici tu, questa è la continuazione della domanda precedente. La rimozione della falsità, che stavo descrivendo, inizia a livello sociale o politico, ma progressivamente si avvicina al nucleo stesso del nostro essere. L’ultimo strato di illusione da scrostare è quello della nostra individualità che è la radice della nostra esistenza. Questa scoperta, che è la base di ogni autentica spiritualità, può rafforzare la nostra resistenza in due modi. In primo luogo, come dice Jünger, elimina la paura della morte individuale che limita tanto il nostro coraggio di agire. In secondo luogo, ridefinisce tutta la nostra visione di chi siamo e di quale sia lo scopo della nostra vita. Direi che il semplice vivere – essere vivi ed essere coscienti di essere vivi – è una parte di questo scopo, poiché è solo attraverso le sue parti costitutive che l’organismo universale complessivo può sperimentare la propria esistenza fisica. In altre epoche della storia umana, solo questo poteva essere visto come il senso della vita. Ma ognuno di noi ha anche lo scopo di agire per conto di quell’insieme, di permettere a noi stessi di servire da veicolo per l’organismo universale di cui siamo solo una parte (sebbene dotata della soggettività cosciente necessaria per la nostra vita pratica quotidiana). Lo scopo della vera spiritualità, come sottolinea Sri Aurobindo, non è semplicemente diventare consapevoli di questa appartenenza cosmica, o withness come la definisco nel mio ultimo libro, ma permettere che guidi le nostre azioni ad ogni livello. Paradossalmente, dobbiamo trovare una grande forza individuale per intraprendere questo processo di superamento dell’individualità. E, di nuovo paradossalmente, una volta che ci siamo spogliati del nostro ego per diventare avatar del tutto cosmico, diventiamo individui molto potenti.
Sono d’accordo che non riusciremo mai a rovesciare il sistema di morte che ci schiavizza se rimaniamo sul piano puramente politico e non fondiamo la nostra resistenza su questa trasformazione spirituale potenziante: è l’unica arma che possediamo che ci può permettere di affrontare l’immenso potere fisico del sistema. Ma ci aspetta un compito difficile, quello di incorporare questa dimensione spirituale nella nostra lotta politica, perché le ideologie radicali generalmente non solo trascurano questo elemento, ma lo rifiutano attivamente, costruendo addirittura le loro prospettive fondamentali su una base che esclude definitivamente questa possibile dimensione. Le loro “teorie materialiste”, per usare le parole di Jünger, sono inoltre solo uno dei mezzi con cui il potere organizzato ha cercato di impedire l’emergere di un’opposizione risvegliata spiritualmente, che sa che potrebbe minacciare il suo controllo. Incoraggia il dogma religioso che definisce la divinità come un’autorità ultima piuttosto che la nostra identità ultima, insieme a discipline spirituali degenerate che promuovono il disimpegno dal mondo come obiettivo finale dell’auto-realizzazione, tentando così di allontanare anche le persone di mentalità spirituale da una forma autentica e potenziante di metafisica.
Per quanto riguarda i valori che sosteniamo, questi scaturiscono dal punto di vista della nostra coscienza metafisica. Vediamo chiaramente l’unità dell’esistenza, i modelli e l’ordine che formano la struttura della materia, della natura, del corpo umano e della mente umana, delle nostre culture, del nostro pensiero, del nostro sogno. Tutti i tentativi di ridurre la vita, di dominarla, inquinarla o controllarla, si rivelano come gli abomini che sono. Come avatar coscienti del tutto organico, sappiamo intuitivamente, senza esitazione, che il nostro compito è quello di allontanare queste minacce tossiche in ogni modo possibile, al massimo delle nostre capacità. In un’epoca di pericolo, non può esserci altro significato per il nostro vivere che questo.
7. Resistenze al nanomondo: «Da una parte c’è il sistema neoliberista, radicato nell’élite politica locale e nazionale, che è sempre felice di sacrificare la terra a beneficio della crescita, dello sviluppo, del profitto. Dall’altro lato c’è un altro modo di pensare, un modo di pensare contadino, un modo di pensare molto più antico che paradossalmente oggi è spesso rappresentato dalle generazioni più giovani»7.
Questi anni di dichiarata emergenza sanitaria per le élite trasnazionali al potere e per gli stati chiamati poi ad eseguire i programmi sono stati delle vere e proprie scuole per verificare nel vivo le fasi della loro “distruzione creativa” usando le parole di Mario Draghi. Questo, pensiamo, avrebbe dovuto esserlo anche per chi vuole sovvertire il mondo macchina, in quanto gli ultimi anni hanno delineato anche con chiarezza la degradazione a cui è giunto l’essere umano. Una cosa evidente, almeno qui in Italia, è stata come l’insofferenza verso quello che sta avvenendo sia derivata non da persone giovani, ma quasi sempre da adulti. La percezione che noi abbiamo è che il potere sapeva che ad ostacolarlo ci sarebbe stata soltanto questa piccola parte di popolazione, destinata a scomparire, se pensiamo agli anziani in molti casi ancora isolati nelle RSA: una memoria che non deve lasciare traccia. Le nuove generazioni di giovani invece, immerse nel virtuale, che in molti casi non hanno memoria di come poteva essere una relazione non mediata dal virtuale, sono già pronte per il Metaverso. Intendiamoci, anche i giovani hanno e continuano a soffrire tantissimo per il clima emergenziale pandemico, ma questo non si trasforma in rabbia e rivolta, ci pensano le frotte di psichiatri scolastici a convogliare altrove questi sentimenti, magari precocizzando il corredo degli psicofarmaci. Cosa ne pensi di questi aspetti, partendo da quello che scrivi tu e di cui abbiamo citato alcune righe e pensi sarà ancora possibile una memoria viva e reale di cosa significhi libertà, natura ed essere umano in questa erosione di senso?
Paul Cudenec: Il passaggio che citi è tratto da un articolo che ho scritto nel 2015 sull’ondata di resistenza anti-industriale in Francia, in ZAD come quelle di Notre-Dame-des-Landes e Sivens. Queste lotte coinvolgevano molto i giovani che reclamavano, in forma contestabile, i valori contadini dei loro nonni o bisnonni. È vero che questo movimento è meno visibile oggi: Ho il sospetto che sia stato in gran parte assorbito dai Gilets Jaunes e dal movimento per la giustizia climatica che, in Francia, ha un’ala radicale non corporativa.
Purtroppo è vero che, nel complesso, i giovani sembrano attualmente meno aperti a mettere in discussione la tecnica nel suo complesso, senza dubbio perché la loro intera comprensione della realtà è stata costruita su un’esperienza di internet, telefoni cellulari, giochi e così via. Ma resto ostinatamente convinto che questo potrebbe cambiare molto rapidamente! Perché? Perché questa dipendenza dai giocattoli e dagli strumenti del sistema tecnocratico è solo superficiale; occupa solo il loro cervello e non il loro cuore. Ci sarà necessariamente una reazione contro la tecno-tirania che si è rivelata così chiaramente dal 2020 e questo si manifesterà necessariamente nella generazione più giovane. Penso in particolare alla generazione che non ha ancora raggiunto la maggiore età, la cui visione del mondo non è ancora stata interamente plasmata. Avranno sperimentato l’incubo newnormalista direttamente, nelle loro scuole e nelle loro case, e avranno anche sentito e assorbito le opinioni critiche degli adulti intorno a loro: i semi sono già stati piantati. Molti di questi giovani cercheranno anche ora di dare un senso a ciò che vedono accadere intorno a loro, cercando informazioni rilevanti, scambiando opinioni con i loro coetanei. Insieme a questo ci sarà il senso del giusto e dell’etico, l’amore per la giustizia e la libertà che è innato nella specie umana e che riaffiorerà sempre, in forme superficialmente diverse, nello spirito di ogni nuova generazione. Penso che il Grande Reset potrebbe essere la scintilla per una potente rinascita di questo spirito di vita tra milioni e milioni di giovani. E la loro energia giovanile e il loro idealismo significheranno che questo non apparirà solo sotto forma di critiche teoriche, ma come una vibrante e epocale rivolta della vita reale contro la tecnocrazia e in difesa della natura e della vita e della libertà umana.
8. Resistenze al nanomondo: «Il guscio della sinistra, una stantia crosta ideologica fabbricata per limitare la ribellione piuttosto che per rafforzarla, si sta spaccando»8.
«Questi ‘sinistra’ fraudolenti e spregevoli hanno commesso crimini eclatanti e tradito l’umanità. […] Da un lato, la sinistra rivoluzionaria deve definirsi, separarsi dalla ‘sinistra’ corrotta e porsi come una forza rivoluzionaria più forte con il popolo in tutti i campi di lotta contro la tirannia e l’oppressione.
D’altra parte, al di là del paradigma sinistra-destra, se vogliamo sconfiggere l’agenda globale di schiavitù e genocidio, dobbiamo unirci sulla base della nostra comune umanità. Tutto ciò che di arbitrario ci divide non è più rilevante.
L’esposizione della falsità della falsa “opposizione” di sinistra ci offre un’opportunità senza precedenti per reimmaginare la nostra resistenza da zero. […] La nostra resistenza sarà completamente contro questo sistema e tutto il suo pensiero e le sue infrastrutture»9.
Riteniamo questi tuoi pensieri molto importanti per aiutare ad uscire dal laghetto artificiale – non parliamo di stagno visto lo splendido ambiente biodiverso che questo rappresenta – in cui è sprofondato il pensiero critico e quindi anche la resistenza ai tempi presenti.
Sembra di parlare con retorica rivendicando un’unione sulla nostra comune umanità, ma oggi ad essere in gioco è proprio la nostra stessa umanità. E nell’universo fluido che si va creando sovvertire il potere avrà lo stesso significato di adesso? Ti andrebbe di approfondire tutte queste questioni, magari anche con le tue ultime riflessioni?
Paul Cudenec: Penso che ciò che è cambiato dal 2020 è la chiarezza con cui possiamo vedere la vera identità della sinistra. Questa realizzazione mi ha lasciato, come molti altri immagino, in una strana posizione. Sono ancora motivato da principi che sono generalmente considerati di sinistra, ma mi sento completamente alienato dalla sinistra come è attualmente costituita. Improvvisamente mi sembra strano che io abbia mai potuto considerarmi dalla stessa “parte” generale di persone che credono sia nel potere dello stato (anche uno stato mondiale!) che nel dominio della tecnica avanzata sotto la bandiera del cosiddetto Progresso. Queste persone non sono miei alleati ma miei nemici, come loro stessi hanno chiarito attraverso i feroci attacchi e le calunnie su coloro che condividono la mia posizione sul golpe di Covid. Guardando indietro nella storia, mi chiedo se questo non sia sempre stato il caso – possiamo vedere inquietanti paralleli tra il finanziamento capitalista dei bolscevichi, per esempio, e il finanziamento odierno delle organizzazioni “radicali” da parte più o meno delle stesse entità finanziarie. Questi dettagli completano molto bene tutte le critiche ideologiche che faccio da tempo alla sinistra e a certi anarchici, lasciandomi l’impressione generale che sia necessaria una rottura completa. Ovviamente, non si tratta di lasciare la sinistra per unirsi alla destra, perché è proprio questo inquadramento e limitazione della possibilità politica che bisogna sfuggire. Le stesse questioni che rivelano l’incompatibilità del nostro pensiero con quello della sinistra generale ci indicano anche i pilastri su cui possiamo costruire quella che deve essere una nuova forza storica di resistenza: il rifiuto del potere e della Technik. Questo progetto di decentralizzazione, deindustrializzazione, riconnessione e riumanizzazione si baserà sui modi naturali di essere e di pensare derisi come “reazionari” dai nostri oppositori vitafobici. Per permettere a questo nuovo movimento di realizzare il suo vero, vasto, potenziale, dovremo abbandonare il vocabolario politico esistente, che è sovraccarico di confusione e non è una lingua in cui possiamo esprimerci nel modo necessario. Il nostro terreno dovrà anche essere molto più ampio e profondo dell’attuale discorso politico, comprendendo tutte le forme attraverso le quali l’anima umana trova la propria espressione (poesia, arte, musica, danza, rituale, mito, narrazione…) e includerà regni molto al di là della comprensione attuale di ciò che la “politica” è e potrebbe mai essere. Dovrà essere immaginativa, spirituale, olistica, gioiosa, triste, umoristica, arrabbiata, provocatoria e, soprattutto, visionaria: vivendo e agendo nel presente, troverà le sue radici nel passato e fisserà il suo sguardo sul futuro.
Pubblicata in L’Urlo della Terra, numero 10, luglio 2022
1Controlling the left: the impact edgenda, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/02/10/controlling-the-left-the-impact-edgenda/
2Rebellion extinction a capitalism scam to hijack our resistance, 2019, https://winteroak.org.uk/2019/04/23/rebellion-extinction-a-capitalist-scam-to-hijack-our-resistance/
3The healthyones, the fighters, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/05/28/the-healthy-ones-the-fighters/
4Unleashin the spirit of life, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/06/17/unleashing-the-spirit-of-life/
5R is for Resistance, in Yhe Acorn, n.69, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/11/22/the-acorn-69/#3
6Unleashin the spirit of life, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/06/17/unleashing-the-spirit-of-life/
7The French resistance will prevail, 2021, https://winteroak.org.uk/2021/08/29/the-french-resistance-will-prevail/
8Resistence: rupture and rebirth, 2022, https://winteroak.org.uk/2022/02/21/resistance-rupture-and-rebirth/
9Resistence: rupture and rebirth, 2022, https://winteroak.org.uk/2022/02/21/resistance-rupture-and-rebirth/
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