“Il quadro di risoluzione che attua nell’Unione Europea le riforme raccomandate dal Financial Stability Board dopo la Grande crisi finanziaria ha stabilito, tra l’altro, l’ordine secondo il quale azionisti e creditori di una banca in difficoltà dovrebbero sostenere le perdite”, puntualizzano le autorità. “Gli strumenti di capitale ordinario sono i primi ad assorbire le perdite e solo dopo il loro pieno utilizzo sarebbe necessario procedere alla svalutazione dell’Additional Tier 1“. Questo approccio “è stato costantemente applicato in casi passati e continuerà a guidare le azioni della vigilanza bancaria dell’SRB e della Bce negli interventi di crisi”. Un avvertimento da cui traspare la forte preoccupazione delle autorità di vigilanza e regolazione per un modus operandi che inverte l’ordine “naturale” di intervento sulle diverse componenti del capitale bancario e sta innescando vendite a valanga sul debito di altri istituti. Con il rischio di innescare l’effetto domino che la fusione con Ubs avrebbe dovuto evitare. I bond At1 emessi dalle banche a partire dalla loro introduzione dopo la crisi finanziaria ammontano infatti, secondo Bloomberg, a circa 275 miliardi di dollari.

Un passo indietro. L’autorità di mercato Finma ha deciso l’azzeramento di obbligazioni convertibili (coco bond), che in quanto tali hanno elevati rendimenti ma sono ad alto rischio come molti italiani hanno scoperto a loro spese al momento della discussa risoluzione di Banca Etruria & c. Quei bond sono debito ma in caso di crisi si trasformano in capitale e partecipano, appunto, all’assorbimento delle perdite. Il supporto pubblico garantito dal Consiglio federale costituisce una delle clausole (“viability event”) che stando ai prospetti dei bond giustificano questo esito. Il punto è un altro: in questo caso gli azionisti incassano da Ubs 3 miliardi e mantengono il proprio investimento. L’ordine “naturale” in cui azionisti e obbligazionisti dovrebbero contribuire in caso di salvataggio viene dunque invertito. “Il capitale di rischio vero e proprio è il capitale azionario che in quanto tale è di norma il primo esposto alle perdite”, ricorda Angelo Baglioni, ordinario di Economia politica alla Cattolica di Milano, “poi vengono le obbligazioni subordinate che sono una forma ibrida tra capitale e azioni”. La Svizzera ha agito in modo esattamente contrario.

La Confederazione ovviamente è fuori dalla Ue e alle sue banche non si applica la direttiva Brrd del 2014 che ha disciplinato il bail in, la procedura di salvataggio interno che opera seguendo la logica per cui chi investe in strumenti finanziari più rischiosi sostiene prima degli altri le eventuali perdite o la conversione in azioni. E solo dopo aver esaurito tutte le risorse della categoria più rischiosa si passa alla categoria successiva. Ma sulla carta anche in Svizzera, dove l’iter è regolato dallo Swiss banking act, rivisto nel 2016, la vigilanza dovrebbe azzerare gli At1 solo dopo il completo write-off del capitale. Un documento riassuntivo pubblicato sul sito di Credit Suisse spiega che “in caso di ristrutturazione” della banca “gli strumenti high-trigger e low-trigger (la differenza sta nel livello di capitale sotto il quale scatta l’assorbimento delle perdite ndr) emessi dall’entità Credit Suisse potrebbero essere totalmente o parzialmente convertiti o azzerati dalla Finma se non sono stati convertiti o azzerati da operazioni precedenti. Ma la Finma potrà farlo solo dopo che il capitale sociale sarà stato completamente azzerato, cioè dopo che tutte le azioni siano state cancellate”.