I partigiani erano e volevano essere patrioti, ricordiamoli per questo
di STRISCIA ROSSA (Franco Del Campo)
Patria. E’ una parola antica, bella, addirittura “liquida”. Patria è femminile, è madre, è la terra natia, dei padri e della propria famiglia, “patriarcale” da quasi sempre. La patria è dove nasciamo e cresciamo, parlandone la lingua, condividendo storia, tradizioni ed affetti. Ecco perché quando la perdiamo, e diventiamo esuli, come il “pio” Enea, la sofferenza e la nostalgia sono struggenti. Ecco perché siamo disposti a combattere e a rischiare la vita per difenderla o per conquistare o restituirle la libertà.
Poi, con la Rivoluzione francese, è arrivata l’idea di Nazione, legata all’idea di Stato e popolo. Ma Giuseppe Verdi, nel “Nabucco” (rappresentato per la prima volta nel 1842 alla Scala di Milano), fece volare sulle ali d’orate “o mia patria si bella e perduta”. Si parlava degli Ebrei, deportati a Babilonia, ma era un canto risorgimentale che infiammò gli italiani, che volevano l’unità e la libertà dallo straniero. Furono “patrioti” tutti coloro che combatterono per questo ideale, garibaldini e mazziniani, senza dimenticare Pisacane, i fratelli Bandiera e tanti altri, che diedero la vita per un’Italia, unita, libera e anche repubblicana.
Patria e fascismo
Poi le cose andarono in modo -in parte- diverso, ma l’idea di Patria, in Italia, è rimasta soprattutto questa. Ma il fascismo – arrivato al potere con la violenza, la marcia su Roma, l’assassinio di Giacomo Matteotti e di tanti altri, in quei giorni “neri”- come tutti i nazionalismi, ha stravolto e violentato la parola “Patria”, deformandola con una retorica guerriera ed aggressiva, mentre la Patria può essere solo “difesa”, come vuole l’art. 52 della Costituzione.
Per questo, dopo le leggi razziali, l’ingresso titubante e furbesco in una guerra disastrosa, dopo l’8 settembre 1943, la Resistenza fu guerra di Liberazione, contro i tedeschi e nazisti invasori e i loro complici fascisti della tragica Repubblica di Salò. Ecco perché i partigiani erano “patrioti”, prevalentemente “garibaldini” e mazziniani, con Giustizia e Libertà. Senza dimenticare l’esercito italiano, che in gran parte – dopo la fuga del re e l’armistizio/capitolazione – rifiutò di continuare a combattere a fianco dei tedeschi. I GAP, poi, che operavano nelle città, a fronte di un gravissimo rischio della vita, erano “Gruppi di azione patriottica”, e quando venivano catturati, torturati e fucilati, morivano gridando “Viva l’Italia”.
Dopo la Liberazione, il 25 aprile 1945, la nuova Italia democratica e repubblicana è rimasta diffidente sul concetto di “Patria”, deformato dalla retorica del fascismo, assieme al tricolore e all’inno di Mameli, giovane garibaldino morto nella difesa della Repubblica Romana (1849). Fu il presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, ufficiale, gentiluomo e partigiano, a recuperare il valore repubblicano del tricolore e dell’idea di Patria. Adesso, il sindaco di Bologna, città medaglia d’oro al valor militare nella Resistenza, vorrebbe sostituire la nobile parola “patriota” con quella di “partigiano”, che pure ha il suo valore civile, adeguandosi alla retorica dei post fascisti, esaltata da Giorgia Meloni. I partigiani, invece, erano, sapevano e volevano essere dei “patrioti”, e vanno ricordati e rispettati per questo.
Fonte: https://www.strisciarossa.it/i-partigiani-erano-e-volevano-essere-patrioti-ricordiamoli-per-questo/
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