Il portabandiera della democrazia liberale…
di ARIANNA EDITRICE (Daniele Perra)
Fonte: Daniele Perra
Il Financial Times ha nominato Volodymyr Zelensky “uomo dell’anno” definendolo tra l’altro “un Churchill dell’era social” ed un “portabandiera della democrazia liberale”. Diamo un rapido sguardo al curriculum dell’ex attore. Riporto di seguito alcuni passaggi di “Obiettivo Ucraina” (Anteo Edizioni).
“Il Global Democracy Index 2020 vede l’Ucraina posizionata al terzo posto tra i Paesi europei meno democratici (appena dietro Russia e Bielorussia e davanti alla Bosnia Erzegovina). È 79° a livello globale e 92° (dietro il Myanmar) nella classifica sulla qualità della democrazia stilata dall’Università di Würzburg. Ancor peggiori sono i dati concernenti la corruzione (122° posizione su 180 Paesi presi in considerazione), quelli relativi alla libertà di opinione (98° posizione, ma non viene presa in considerazione la stretta antidemocratica successiva all’intervento diretto russo nel conflitto) e quelli che riguardano la libertà di stampa (106° posizione; l’Italia è 58° dietro la Sierra Leone). Non meno interessante è il dato relativo alla libertà economica (caposaldo dell’UE). Qui Kiev si piazza al 130° posto a livello globale (dietro Niger e Burkina Faso). Un dato non sorprendente se si considera che gli oligarchi ucraini (a differenza dei tanto vituperati “pari grado” russi) controllano settori chiave dell’economia nazionale. In altri termini, l’Ucraina (presentata dalla propaganda occidentale come una democrazia “debole” in fase di costituzione) non rispetta uno solo dei parametri (propriamente occidentali) necessari per l’ingresso nell’UE”.
E ancora: “In secondo luogo, è bene riportare che le speranze popolari che avevano accompagnato l’elezione di Volodymyr Zelensky nel 2019, ad un anno di distanza si erano già ampiamente sgretolate. A fronte di sondaggi che lo davano in grosse difficoltà, l’ex attore comico operò un imponente rimpasto di governo che portò alla sostituzione di 11 ministri su 17 ed alla nomina a Primo Ministro di Denys Shmyhal (legato a quel Rinat Akhmetov che garantì proprio a Zelensky ampia visibilità in campagna elettorale grazie alle sue televisioni). Il 22 settembre del 2021, il consigliere di Zelensky e cofondatore insieme all’attuale Presidente ucraino dello studio di produzione televisiva Kvartal-95 Serhiy Shefir subì un attentato dopo aver ricevuto l’incarico di lavorare sotto traccia per l’ammorbidimento delle posizioni degli oligarchi in modo da portarli ad abbandonare pratiche palesemente predatorie nei confronti dell’economia ucraina. In altri termini, l’obiettivo di Zelensky era quello di ridurre il loro esagerato potere politico-economico e convincerli a riportare in patria almeno parte dei capitali trasferiti nei paradisi fiscali: a Cipro (meta prediletta di Medvedchuk, Kolomoyski e della Timoshenko) così come in Svizzera, negli Stati Uniti, in Israele o nel Regno Unito. Ovviamente, il progetto non considerava il fatto che anche Zelensky, da beniamino televisivo, si era rapidamente trasformato egli stesso in “oligarca” in lotta aperta con i suoi rivali diretti. Dopo che Akhmetov, Kolomoyski e Pinchuk vennero nominati dal Presidente come “osservatori speciali” per la gestione della pandemia di Covid 19, l’esplosione dello scandalo noto come “Pandora Papers” ha particolarmente inasprito tale lotta ed i suoi riflessi sul potere politico. Nello specifico, quella che è stata definita come la più grande inchiesta nella storia del giornalismo (con 90 Paesi coinvolti su un arco temporale di 25 anni, dal 1996 al 2020, ed oltre 600 giornalisti investigativi impiegati su due anni di lavoro e 2,9 terabyte di dati contenuti in migliaia di documenti, immagini e fogli di calcolo) dimostrò né più né meno che il “cerchio magico” di Zelensky era tra i più corrotti al mondo. In essi, infatti, si evidenzia come le fortune economiche di Zelensky siano iniziate grazie ad un trasferimento in denaro di 40 milioni di dollari da parte proprio dell’attuale “nemico” Igor Kolomoyski (titolare del canale televisivo che trasmetteva la serie “Servitore del popolo”), e si presentano prove concrete sulle creazione da parte di Zelensky e Shefir di un circuito di società off shore tra Cipro e Isole Vergini grazie alle quali l’ex attore nascondeva al fisco ucraino i cospicui proventi dello studio televisivo Kvartal-95. Messo alle strette ben prima dell’intervento diretto russo nel conflitto civile in corso nella parte orientale del Paese, il Presidente ucraino non ha potuto far altro che ricorrere alla carta dell’attrito con Mosca per guadagnare nuovi consensi interni ed esterni.”
Fonte: https://www.ariannaeditrice.it/articoli/il-portabandiera-della-democrazia-liberale
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