MEDITERRANEO: SFATIAMO UNA VOLTA PER TUTTE LA STORIELLA DEI NAUFRAGI?
di NOTIZIE GEOPOLITICHE (Ciro Maddaloni)
Questi pochi giorni festivi non sono riusciti a fermare la sanguinosissima guerra in corso in Ucraina né i migranti economici che attraversando il Mediterraneo tentano, rischiando concretamente la vita, di raggiungere l’Europa. Considerato come avvengono i “salvataggi dei naufraghi in mare”, non deve essere sfuggito alla gran parte dei cittadini italiani ed europei che non si tratta esattamente di “naufraghi”. Solo le persone in mala fede possono infatti continuare ad affermare che si tratta di “salvataggio di naufraghi in mare”.
Un naufragio avviene quando qualcuno, per lavoro o per diporto, va per mare e per problemi tecnici o atmosferici si ritrova in condizione di pericolo per la propria vita.
Quello che succede nel Mediterraneo ha invece solo la seconda parte delle condizioni che determinano un naufragio: le persone si trovano in pericolo di vita, ma non perché erano al lavoro o in vacanza in mare ed hanno avuto un problema, ma perché sono state messe in condizioni di naufragare.
Insomma, queste povere persone sono state spinte in mare da criminali senza scrupoli per “obbligare” le navi delle ONG che “casualmente” si trovano a passare da quelle parti a soccorrere questi “naufraghi”.
Per questa semplicissima ragione non si può essere accusati di crudeltà o di mala fede quando si afferma che le ONG diventano complici (anche involontariamente) dei trafficanti di esseri umani che speculano sulla pelle di questi poveri giovani illusi in cerca di un legittimo futuro migliore.
La criminalità organizzata ha messo in piedi un modello di business quasi perfetto per guadagnare una montagna di soldi. I trafficanti di esseri umani, infatti, guadagnano:
1 – dal trasbordo dei migranti alle navi delle ONG;
2 – guadagnano dall’accoglienza, visti i lauti indennizzi che ricevono dallo Stato italiano e le risorse minime impiegate per accogluere i migranti;
3 – guadagnano dallo sfruttamento della manodopera a bassissimo costo; manodopera che è stata deportata in Europa per lavorare in condizioni di semi-schiavitù, come avveniva ai tempi della tratta dei neri e come sta avvenendo in modo meno teatrale ai nostri giorni con i migranti economici.
Questa realtà è emersa chiaramente dalle cronache dei giornali delle scorse settimane, quando sono state effettuate indagini su alcune cooperative che facevano dell’accoglienza la loro missione di business (fraudolento)!
Per questo non parliamo più di “naufraghi” perché si tratta semplicemente di “trasbordo di migranti economici” dai barchini dei trafficanti di esseri umani alle navi delle ONG. I trafficanti di esseri umani, certi della presenza delle navi delle ONG, consegnano il loro carico di esseri umani alle navi che s’incaricano di effettuare la traversata del Mediterraneo; portando il “carico” nei porti dove i migranti saranno accolti da organizzazioni di vario tipo che, beneficiando delle somme (35 € a persona) erogate dallo Stato italiano, ospiteranno questi giovani in strutture, molto spesso fatiscenti, con vitto scadente, condizioni igieniche talvolta carenti e con possibilità di inserimento nel mondo del lavoro regolare praticamente inesistenti.
Non parliamo più neanche di “profughi” perché questi giovani provengono in larghissima parte da paesi (Egitto, Tunisia, Costa d’Avorio) dove molti italiani vanno in vacanza; dove ci sono certamente problemi economici e sociali, ma non ci sono particolari problemi di persecuzioni nei confronti della popolazione.
Proprio per queste ragioni, solo una minima parte dei richiedenti asilo ottiene la protezione internazionale; mentre i migranti economici in un modo o nell’altro, sfruttando la rete dei trafficanti di uomini, vanno a ricoprire quella “zona grigia” di lavori irregolari e mal pagati nella ristorazione, in agricoltura e ovunque (im)prenditori senza scrupoli riescono ad approfittare di questa massa di manodopera a basso costo e con zero diritti e nessuna pretesa perché, non avendo alcun titolo per rimanere in Europa, non possono nemmeno reclamare alcun diritto lavorativo o retributivo. Anzi, i primi a sfruttare queste povere persone sono spesso i loro stessi connazionali che, arrivati in Italia, hanno capito subito come aggirare leggi e norme malfatte. O, peggio ancora, disposizioni fatte apposta e congegnate per favorire i soliti amici e i loro loschi affari.
È paradossale, ma tutti quei ‘paladini’ che continuano a difendere a spada tratta l’immigrazione, com’è oggi, non si sforzano minimamente di guardare la realtà e le condizioni di vita alle quali questi poveri giovani vanno incontro.
I più fortunati di questi sventurati saranno sfruttati per lavori pesanti e mal pagati. I meno fortunati finiranno a chiedere l’elemosina davanti ai supermercati e quelli veramente sfortunati finiranno per diventare, loro malgrado, l’ultima rotella di sistemi criminali dediti allo spaccio di droga, sfruttamento della prostituzione e di altri immigrati. Un sistema che si sostiene sulla pelle di questi poveri giovani che vengono illusi, sfruttati, maltrattati e poi dimenticati nelle periferie delle nostre città.
Com’è possibile che persone perbene, oneste continuino ancora ad insistere sulla storiella dell’accoglienza umanitaria? Ma cosa dobbiamo vedere ancora per aprire gli occhi e vedere la realtà per quella che è? O è l’ideologia partitica ad annebbiare ogni logica evidente dei fatti?
Questa è una domanda da porre a tutti coloro che si rifiutano di fare un’analisi equilibrata e priva di “ideologie” del fenomeno migratorio.
Se non si prende atto di quella che è la realtà non si potranno mai porre in essere le azioni necessarie per affrontare il problema del sottosviluppo e della miseria di alcuni Paesi e dello sviluppo planetario in genere per una reale diffusione del benessere che tutti, a parole, auspichiamo ma che non tutti hanno chiaro “cosa” fare per realizzare questo obiettivo ambizioso.
Se veramente vogliamo lavorare per favorire il miglioramento delle condizioni di vita per gli 8 miliardi di abitanti del nostro pianeta, è tempo di cominciare a trovare risposte serie, non demagogiche, e porre in essere azioni concrete per realizzarle.
Per fare ciò si deve innanzi tutto mettere da parte l’ideologia e si devono analizzare i problemi in modo serio ed oggettivo, cosa che attualmente non avviene.
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