Turchia, le ricadute politiche del terremoto
di OSSERVATORIO CAUCASO E BALCANI (Kenan Behzat Sharpe)
Le devastanti scosse che hanno sconvolto la Turchia lo scorso 6 febbraio, e che sono costate la vita a decine di migliaia di persone, hanno messo in luce un paese diviso, in cui molti denunciano i sismi come una tragedia annunciata. Il governo risponde alle proteste rafforzando la censura
Nelle prime ore del 6 febbraio, due forti terremoti di magnitudo 7,8 e 7,5 hanno colpito la Turchia meridionale e la Siria settentrionale, interessando un’area di 464 km, all’incirca la distanza tra Parigi e Amsterdam. Nei primi cinque giorni, il bilancio in Turchia e Siria ha superato le 24.000 vittime. Molti altri corpi saranno presumibilmente ritrovati man mano che le macerie vengono rimosse.
In Turchia, questo disastro ha subito assunto un carattere politico. Nelle prime ore dopo le scosse, una delle dichiarazioni più condivise sui social media è arrivata dal popolare attore Feyyaz Yiğit: “Non c’è modo per me di esprimere i miei sentimenti che non mi porterebbe in prigione”. Un’affermazione che ben esprime il dolore suscitato dalla catastrofe e la rabbia per le politiche del governo che hanno reso questo disastro naturale fin troppo umano, nonché l’amarezza che deriva dall’essere costretti all’autocensura anche in un momento come questo.
Turchia, un paese diviso
Il mondo si è unito per aiutare la Turchia in questo momento buio. I leader dei 27 paesi UE hanno promesso “piena solidarietà” e squadre di ricerca e soccorso sono arrivate da ogni dove, dalla Grecia al Messico. La Turchia, invece, è divisa. Mentre molti sopravvissuti al terremoto e volontari protestano per la lentezza e l’inadeguatezza della risposta dello stato, il governo Erdoğan si affanna a reprimere quella che chiama “disinformazione”.
I primi segnali sono arrivati la mattina del terremoto con le telefonate di Erdoğan ai sindaci delle municipalità metropolitane colpite nel sud della Turchia. Due erano vistosamente assenti: i sindaci di Hatay e Adana, entrambi del principale partito di opposizione, il Partito popolare repubblicano (CHP).
Erdoğan ha sostenuto in un discorso che in Turchia è iniziato un periodo di “unità e solidarietà”, ma si è dichiarato pronto a contrastare qualsiasi “sporca campagna fatta per guadagno politico in un momento come questo”.
L’obiettivo del presidente sembravano essere i leader dell’opposizione attivi nella zona del disastro, come il presidente del CHP Kemal Kılıçdaroğlu, che aveva rapidamente mobilitato i lavoratori dei comuni governati dall’opposizione per aiutare a riparare l’aeroporto di Hatay e altre infrastrutture danneggiate. In risposta a questi sforzi, il vicepresidente Fuat Oktay ha chiesto : “Chi siete voi per fare riparazioni aeroportuali?”. In risposta, Kılıçdaroğlu ha dichiarato che non si può vedere questo disastro naturale come “separato dalla politica”. “Il governo ha rifiutato per 20 anni di prepararsi al terremoto tanto atteso e previsto”, ha affermato. La sua risposta alle minacce del governo contro l’opposizione che cercava di ricostruire le aree distrutte è diventata rapidamente virale: “Che vengano ad arrestarmi, allora”.
Una tragedia annunciata?
I terremoti sono un problema cronico in Turchia. Il paese si trova su diverse linee di faglia che si intersecano. Molti cittadini ricordano il terremoto di İzmit del 1999 che ha causato oltre 18.000 vittime. Allora come oggi, la mancanza di preparazione del governo è fonte di rabbia.
Nonostante gli avvertimenti degli esperti, molti nelle province più colpite dal terremoto (in particolare Adıyaman, Kahramanmaraş e Hatay) hanno evidenziato la mancata reazione del governo durante i primi giorni: il personale dell’Autorità turca per la gestione dei disastri (AFAD) non si vedeva da nessuna parte. “Sono passate 48 ore e non abbiamo visto alcun aiuto da parte di AFAD. Niente tende, coperte o squadre di soccorso”, ha denunciato il sindaco del comune di Samandağ di Hatay in un’intervista alla televisione locale . Dopo un disastro di questo tipo, i primi due giorni sono i più critici per salvare le persone intrappolate sotto le macerie. La neve e il freddo nel sud della Turchia hanno reso questa corsa contro il tempo ancora più urgente, poiché i sopravvissuti possono morire per l’esposizione al freddo se non soccorsi in tempo.
Tuttavia, in alcune delle regioni colpite, molti cittadini e amministrazioni comunali hanno denunciato la lentezza dei soccorsi statali. Famiglie e volontari non addestrati cercavano di estrarre le persone dalle macerie a mani nude in attesa delle squadre ufficiali di ricerca e soccorso con attrezzature fondamentali come gli escavatori. Quando il governatore di Adıyaman ha incontrato i sopravvissuti il 7 febbraio, è stato accolto dal coro “Adıyaman è stata abbandonata! Dov’è l’aiuto?”. L’indignazione pubblica è cresciuta dopo che il governatore ha rifiutato di rispondere e ha semplicemente fatto un sorriso. Erdoğan in seguito ha ammesso che la risposta del governo è stata carente e tardiva.
Mentre le persone si interrogavano sull’inadeguatezza dell’AFAD, sono emerse notizie su un rapporto interno del 2022 che ne indicava molti punti deboli, tra cui mancanza di coordinamento, disorganizzazione e carenza dei materiali necessari. Sui social media, molti hanno evidenziato che il capo dell’AFAD, İsmail Palakoğlu, non è formato in gestione di calamità o campi correlati, ma in teologia. In precedenza ha lavorato nella direzione degli Affari religiosi della Turchia.
Se la censura uccide
Erdoğan ha tenuto il suo primo discorso sul terremoto il 7 febbraio, mentre infuriavano i dibattiti su clientelismo, corruzione e inadeguatezza dello stato. Lì ha dichiarato lo stato di emergenza nelle 10 province colpite dal sisma.Una parte del suo discorso è stata poi riservata a chi critica il governo. “Stiamo tenendo traccia di coloro che intendevano utilizzare notizie false e tendenziose per metterci uno contro l’altro. Oggi non è il momento per fare polemica, ma un giorno ce ne occuperemo”, ha minacciato. Il giorno successivo, la Direzione generale della sicurezza turca ha annunciato che 202 utenti Internet erano stati identificati per aver pubblicato “post provocatori”. 18 sono stati presi in custodia dalla polizia. Da allora gli arresti sono continuati e alcuni giornalisti sono stati interrogati dalla polizia per “incitamento pubblico all’odio e all’ostilità”. La Direzione delle comunicazioni ha lanciato rapidamente una nuova app per segnalare “disinformazione” o “notizie sul disastro del terremoto che ritieni false”.
Molti hanno segnalato che l’8 febbraio le app di social media come Twitter e TikTok hanno improvvisamente smesso di funzionare in Turchia. Il sito NetBlocks ha confermato che il governo turco ha “limitato” questi siti con una tecnica che ha utilizzato diverse volte durante attacchi terroristici o disastri. Il governo non ha ammesso la responsabilità del blocco e il funzionamento dei social è tornato alla normalità la mattina successiva, ma questo non ha fermato l’indignazione.
Twitter, in particolare, è diventato uno strumento chiave utilizzato dalle persone intrappolate sotto le macerie per trasmettere la propria posizione alle squadre di soccorso. Senza l’accesso ai social media, la comunicazione tra sopravvissuti e volontari è stata improvvisamente interrotta. Da allora il CHP ha presentato una denuncia penale contro i ministri dei Trasporti e delle Comunicazioni per aver causato la perdita di vite umane con questo blocco temporaneo dell’accesso ai social media.
Infine, le risposte al disastro naturale hanno preso una svolta politica sulla questione dei regolamenti edilizi. Come recita il famoso adagio, “non sono i terremoti che uccidono le persone, ma gli edifici”. Come riportato dalla BBC e altre fonti, la Turchia dispone di norme per la sicurezza contro i terremoti, ma raramente vengono applicate.
Terremoti e condoni
Ancora nel 2018 la Turchia faceva condoni per gli edifici costruiti senza i requisiti di sicurezza previsti dalla legge. Anche negli ambienti governativi è stato ammesso che il terremoto non è semplicemente un disastro naturale, ma un disastro politico. Un anonimo funzionario AKP ha chiesto retoricamente perché tragedie di questa portata non accadano in Giappone, un paese notoriamente rigoroso in tema di sicurezza degli edifici.
Il governo sembra pronto, ora, a perseguire i costruttori che hanno violato le norme sulla sicurezza. Un magnate dell’edilizia della provincia di Hatay è stato arrestato all’aeroporto mentre cercava di fuggire in Montenegro. Mehmet Yaşar Coşkun è il famoso appaltatore dietro i Rönesans Rezidans. Presentato come un “angolo di paradiso” con appartamenti venduti per milioni di lire turche nel 2013, l’edificio di 12 piani è crollato durante il terremoto, schiacciando centinaia di persone.
Tuttavia, l’opposizione sostiene che la colpa non è solo dei costruttori, ma anche e soprattutto del governo, che non ha verificato l’applicazione dei regolamenti edilizi in un paese che tutti sanno essere una zona altamente sismica.
FONTE:https://www.balcanicaucaso.org/aree/Turchia/Turchia-le-ricadute-politiche-del-terremoto-223473
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