Matt Taibbi – Jayson Blair, scansati: ti presento Hamilton 68, il nuovo re delle frodi sui media
da VOCI DALL’ESTERO (https://vocidallestero.blogspot.com)
Matt Taibbi racconta in questo articolo una delle storie più significative dei Twitter Files, su come l’allarme per le interferenze russe, preso tanto sul serio per tutta l’era Trumpiana da politici e giornaloni mainstream, in realtà è risultato essere una clamorosa frode. (In realtà lo avevamo già capito, come dimostra l’esilarante e virale hashtag #HaStatoPutin, e tuttavia la riprova alla luce del sole ci conforta).
Traduzione di @Maur0068
Jayson Blair, scansati: ti presento Hamilton 68, il nuovo re delle frodi sui media
di Matt Taibbi, 27 gennaio 2023
I Twitter Files rivelano che una delle più comuni fonti di notizie dell’era Trump era una truffa, che faceva passare per spionaggio russo il normale dibattito sulla politica americana
Le ambiziose frodi mediatiche di Stephen Glass e Jayson Blair hanno azzoppato la reputazione rispettivamente del New Republic e del New York Times, infilando per anni nelle loro pagine notizie inventate di sana pianta. Grazie ai Twitter Files, possiamo accogliere un nuovo membro nel loro famigerato club: Hamilton 68.
Se si considera solo il volume di notizie, questo citatissimo think tank neoliberal che ha sparso i semi da cui sono spuntati centinaia di titoli fraudolenti e spezzoni di notizie TV potrebbe essere considerato il più grande caso di falsificazione mediatica nella storia americana. Praticamente tutte le principali testate giornalistiche americane sono implicate, tra cui NBC, CBS, ABC, PBS, CNN, MSNBC, The New York Times e Washington Post. Mother Jones da sola ha realizzato almeno 14 storie collegate alle “ricerche” del gruppo. Anche siti di fact-checking come Politifact e Snopes hanno citato Hamilton 68 come fonte.
Hamilton 68 era ed è un “cruscotto” [dashboard] computerizzato progettato per essere utilizzato da giornalisti e accademici allo scopo di misurare il livello di “disinformazione russa”. È stato ideato dall’ex agente dell’FBI (e attuale “esperto di disinformazione” della MSNBC) Clint Watts, e sostenuto dal German Marshall Fund e dall’Alliance for Securing Democracy, un think tank bipartisan. Il comitato consultivo di quest’ultimo comprende l’ex capo ad interim della CIA Michael Morell, l’ex ambasciatore in Russia Michael McFaul, l’ex presidente di Hillary for America John Podesta e l’ex redattore di Weekly Standard Bill Kristol.
I Twitter Files rivelano che Hamilton 68 era una frode:
L’ingrediente segreto del metodo analitico di Hamilton 68 era un elenco di 644 account presumibilmente collegati “ad attività russe di ingerenza online”. Tale elenco non era di dominio pubblico, ma Twitter era in una posizione unica per ricreare il campione statistico di Hamilton analizzando le sue richieste alla API (Application Program Interface), che è il modo in cui Twitter ha “reingegnerizzato” per la prima volta l’elenco di Hamilton alla fine del 2017.
La società era così preoccupata per la proliferazione di notizie legate a Hamilton 68 che ha commissionato anche un’analisi forense. Si noti che la seconda pagina nella figura seguente elenca molti dei diversi tipi di tecniche di shadow-banning che esistevano su Twitter già nel 2017, confermando quanto esposto nel thread “Twitter’s Secret Blacklist” di Bari Weiss il mese scorso. Qui puoi vedere categorie che vanno da “Trends Blacklist” a “Search Blacklist” a “NSFW High Precision”. Twitter stava controllando quanti degli account di Hamilton fossero spam, fasulli o simili a bot. Si noti che su 644 account, solo 36 erano registrati in Russia e molti di questi erano associati a RT [Russia Today: un canale TV di notizie finanziato dal governo Russo. NdT].
Quando hanno approfondito le loro analisi, i dirigenti di Twitter sono rimasti scioccati. Gli account che Hamilton 68 sosteneva fossero collegati ad “attività di ingerenza russa online” non solo erano prevalentemente in lingua inglese (86%), ma per lo più si trattava di “persone legittime”, localizzate in gran parte negli Stati Uniti, in Canada e in Gran Bretagna. Comprendendo subito che Twitter poteva essere implicato in un caso di oltraggio morale, essi hanno scritto che i titolari di tali account “hanno il diritto di sapere che sono stati etichettati unilateralmente come complici dei Russi senza prove né possibilità di fare ricorso”.
Altri commenti dalle e-mail aziendali interne:
“Questi account non sono per niente russi e nemmeno bot”.
“Nessuna prova a sostegno dell’affermazione secondo cui la dashboard è un indicatore affidabile delle operazioni di disinformazione russe”.
“Difficile definirla una importante operazione di ingerenza.”
Yoel Roth, capo del settore Trust and Safety, ha dichiarato: “Penso che dobbiamo chiamarle per quello che sono: stronzate.”
I due fondatori di Hamilton 68, la squadra rosso-blu [i colori dei partiti Repubblicano e Democratico. NdT] formata dall’ex consigliere di Marco Rubio Jamie Fly e dalla consigliera per la politica estera di Hillary for America Laura Rosenberger, hanno detto a Politico di non poter rivelare i nomi degli account perché “i russi li avrebbero semplicemente chiusi”. Certo, giusto. Uno sguardo all’elenco rivela il vero motivo per cui non potevano renderlo pubblico.
Questa non era cattiva scienza. Era una truffa. Invece di tenere traccia di come la “Russia” abbia influenzato l’opinione pubblica americana, Hamilton 68 ha semplicemente raccolto una manciata di account per lo più di persone reali, in gran parte americani, e ha descritto le loro normali conversazioni come intrighi russi. Come ha affermato Roth, “praticamente qualsiasi conclusione basata su questa [dashboard] consisterà nel prendere delle conversazioni nei circoli conservatori su Twitter e accusarli di essere russi”.
C’erano tre principali tipi di account nell’elenco Hamilton: un piccolo gruppo erano chiaramente russi (ad es. https://twitter.com/RT_America), quindi il gruppo più ampio di persone reali da paesi occidentali, seguito da una percentuale – tra un quinto e un terzo — di “utenti scarsamente attivi”, “quasi morti”, “spammer” con uno scarso numero di follower e che “non hanno un impatto rilevante sulla piattaforma”. I dirigenti di Twitter hanno osservato che gli account zombi non stavano amplificando gli account reali. Invece di, diciamo, un gruppo di account russi che diffondevano i messaggi di Trump, era il contrario: un gruppo di veri account trumpisti che simulavano le affermazioni di Hamilton sui russi.
“La selezione degli account è… bizzarra e apparentemente piuttosto arbitraria”, ha scritto Roth. “Sembrano avere una forte preferenza per gli account pro-Trump (che usano per sostenere che la Russia sta esprimendo una preferenza per Trump… anche se non ci sono prove valide che nessuno di loro sia russo).”
Anche i dirigenti di Twitter sono rimasti sbalorditi nel leggere chi c’era nell’elenco. I nomi andavano da noti personaggi dei media come David Horowitz a conservatori come Dennis Michael Lynch e progressisti come il direttore di Consortium Joe Lauria. È fondamentale capire che l’elenco comprendeva non solo i sostenitori di Trump, ma una serie di dissidenti politici, tra cui persone di sinistra, anarchici e umoristi. Ha scritto il capo del settore strategie Nick Pickles, dopo aver visto il nome del caricaturista britannico @Holbornlolz:
“Uno che fa satira… lo seguo e non direi che è filo-russo… non ricordo nemmeno che abbia mai twittato sulla Russia”.
Queste persone non hanno mai saputo di essere state utilizzate per anni per ispirare centinaia se non migliaia di titoli dei media sulla presunta infiltrazione di bot russi nelle discussioni online: sulle audizioni di Brett Kavanaugh, la campagna di Tulsi Gabbard, l’affare #ReleaseTheMemo, la sparatoria a Parkland, l’elezione di Donald Trump, gli hashtag #WalkAway e #IStandWithLaura, gli attacchi missilistici statunitensi in Siria, la campagna di Bernie Sanders, il movimento “Blexit” per allontanare gli elettori neri dai democratici, gli inviti a licenziare il consigliere per la sicurezza nazionale H.R. McMaster, gli “attacchi” all’indagine Mueller e innumerevoli altre questioni.
La settimana scorsa ho iniziato a contattare le persone sulla lista. Le reazioni hanno variato dalla furia cieca (“Figli di puttana!”) allo stupore (“Sono 73enne venuto a svernare in Florida… come potrei essere un bot russo?”), con alcuni che hanno osservato che la notizia era oltraggiosa, ma non sorprendente.
“Purtroppo, non sono sorpreso, ma sono arrabbiato per il fatto che siamo ancora una volta falsamente accusati di diffondere ‘disinformazione russa’, questa volta su Twitter”, ha detto Lauria del Consortium. “Organizzazioni come Hamilton 68 lavorano per imporre una narrativa ufficiale, il che significa eliminare i fatti scomodi, che chiamano ‘disinformazione'”.
“Ho scritto un libro sulla Costituzione degli Stati Uniti”, afferma l’avvocato di Chicago Dave Shestokas. “Il modo in cui sono finito in un elenco come questo è incredibile per me.”
“Sono in un elenco di bot stranieri?” ha detto Lynch. “Come orgoglioso cittadino contribuente, generoso padre di famiglia e onesto figlio di un marine americano, merito di meglio. Noi tutti meritiamo di meglio!”
Da bambina, Sonia Monsour ha vissuto la guerra civile in Libano, in una città conquistata da una milizia cristiana. Suo padre le consigliò quindi di smaltire alcuni libri di sinistra che tenevano in casa, in modo che non le fossero imputate le sue convinzioni politiche. Quando le è stato detto che era nella lista di Hamilton 68, ha ricordato quella storia d’infanzia. Si è trasferita in Occidente per fuggire da tali problemi.
“Apparentemente siamo in un mondo libero, ma siamo controllati su molti livelli, in base a ciò che diciamo online”.
Il nativo dell’Oregon Jacob Levich (@cordeliers) era una delle poche persone nella lista che sapeva cosa fosse Hamilton 68. “Ricordo che era una specie di inquietante ONG coinvolta nell’identificazione di account ritenuti sovversivi”, ha detto. Informato che era sulla loro lista, ha detto: “Posso dirti che non c’è assolutamente alcun senso nel credere che io sia soggetto a qualsiasi tipo di influenza russa”.
Levich ha continuato:
“Quando ero piccolo, mio padre mi ha parlato della lista nera maccartista”, ha detto. “Da bambino non mi sarebbe mai venuto in mente che queste sarebbero tornate di attualità, e in un modo progettato per minare i diritti che ci stanno a cuore”.
La storia di Levich illustra perfettamente l’aspetto più sinistro della campagna di Hamilton 68. Si trattava di maccartismo digitale: prendere persone con opinioni dissidenti o non convenzionali e accusarle in massa di “attività antiamericane”. Quello che rendeva peculiare il maccartismo di Hamilton 68 è che invece di prendere di mira la sinistra (sebbene nell’elenco ci siano diversi account che si dichiaravano di sinistra), la maggior parte degli account reali coinvolgeva i conservatori, con nomi come ULTRA MAGA Dog Mom e @ClassyLadyForDJT.
Anche in Twitter, dove nelle e-mail archiviate non si trova traccia di qualcuno che si dichiarasse apertamente conservatore, si è riconosciuto che Hamilton 68 (e almeno altri due istituti di ricerca che utilizzano una metodologia simile) stava semplicemente prendendo delle normali chiacchiere trumpiane e le faceva passare per intrighi russi.
Il sito “accusa ingiustamente un gruppo di legittimi account di destra di essere bot russi”, come ha affermato Roth, prendendo “spunto da discussioni di parte, per affermare che qualsiasi contenuto di destra è propagato da bot russi”.
Questo è stato anche uno scandalo accademico, poiché Harvard, Princeton, Temple, NYU, GWU e altre università hanno promosso Hamilton 68 come fonte attendibile. Forse la cosa più imbarazzante è che diversi membri del Congresso hanno sostenuto il sito. Dianne Feinstein, James Lankford, Richard Blumenthal, Adam Schiff e Mark Warner sono tra i colpevoli. Watts, che chiaramente sapeva come interpretare il melodramma del suo ruolo, ha lanciato terribili avvertimenti al Senate Intelligence Committee, dicendo loro che avrebbero dovuto “seguire i cadaveri” se volevano andare a fondo del problema delle interferenze russe.
Anche se è facile capire quanto possa essere esasperante essere inserito in un elenco del genere – un veterano con cui ho parlato ha dovuto lasciare la stanza e fare un respiro profondo prima di tornare al telefono – il danno più ampio è stato per la società, che è stata presa di mira quasi quotidianamente da notizie che utilizzavano il formato “I Bot Russi Stanno Arrivando”. Queste storie stanno ancora avendo un enorme impatto sulla cultura e sulla politica americana e hanno svolto un ruolo significativo nei cicli elettorali del 2018 e del 2020, danneggiando le campagne di Sanders, Trump e Gabbard e favorendo allo stesso tempo personaggi come Joe Biden (spesso raffigurato come un “bersaglio” dei bot russi). Sulla scia di qualsiasi controversia online, che si tratti della saga di Colin Kaepernick o dei dibattiti sul controllo delle armi dopo le sparatorie di massa, i giornalisti si affrettavano ad affermare che i “bot russi” stavano cercando di “seminare divisione”, spesso usando Hamilton o un’organizzazione simile per sostenere le loro affermazioni.
Peggio ancora, il sito ha aperto la strada a una nuova forma di notizie false, che i giornalisti di organizzazioni come Mother Jones, Washington Post, CNN e MSNBC si sono bevute per due motivi. In primo luogo, essi tendevano ad essere politicamente allineati con le conclusioni del sito (il Daily Beast non aveva bisogno di una spinta per affermare che i bot russi stavano spingendo i flash mob di Trump “in 17 città“). Secondo: era un contenuto facile da spacciare.
“Ecco cosa stanno promuovendo i troll russi oggi”, si legge in un pezzo su Mother Jones di Kevin Drum, quasi annunciando che nell’era di Ham68 i giornalisti potevano fare uno scoop tanto velocemente quanto un caffè istantaneo.
All’inizio del 2018 – forse dopo un colloquio con Twitter, i cui dirigenti hanno riflettuto sul vantaggio di “educare Clint” – Watts stava mettendo pubblicamente in discussione la sua stessa metodologia, dicendo: “Non sono convinto di questa storia dei bot“. Non molto tempo dopo, un’altra figura chiave associata a Hamilton 68, Jonathon Morgan della “società di sicurezza informatica” New Knowledge, è stata denunciata per aver simulato un’operazione di influenza russa nelle elezioni per il Senato in Alabama. Ha usato tattiche simili a Hamilton per creare chiacchiere online su come il repubblicano Roy Moore avrebbe avuto il sostegno di un bot russo, è stato beccato e ha subito l’umiliazione di vedere descritto sul New York Times come un’operazione di “false flag” ciò che secondo lui era un “piccolo esperimento”.
Anche dopo che il suo “esperimento” è stato scoperto, e perfino dopo che Watts ha espresso dubbi sulla “storia dei bot”, il flusso di notizie “Arrivano i bots” è continuato. I mezzi di informazione si erano innamorati di un nuovo trucco: un istituto di ricerca si inventa una storia sui bot, i giornalisti usano questa storia per scagliarsi contro degli obiettivi che detestano come Devin Nunes o Tulsi Gabbard, i titoli scorrono. La truffa necessitava solo di tre elementi: le credenziali di qualcuno come “l’ex agente dell’FBI” Watts, l’assenza di qualsiasi parvenza di verifica dei fatti e il silenzio di aziende come Twitter.
Sul terzo punto, Twitter non è senza colpa. Sebbene persone come Roth volessero andare duro con i falsari – “La mia raccomandazione a questo punto è un ultimatum: pubblicate l’elenco o lo faremo noi”, ha scritto – alla fine persone come la futura portavoce della Casa Bianca e del Consiglio di sicurezza nazionale Emily Horne hanno consigliato cautela. ” Dobbiamo stare attenti a metterci contro l’ASD”, ha scritto. Carlos Monje, futuro consigliere del segretario ai trasporti Pete Buttigieg, è d’accordo.
“Anch’io sono stato molto frustrato dal fatto di non poter smentire Hamilton 68 pubblicamente, ma dovete capire che stiamo giocando una partita più a lungo termine”, ha deciso Monje.
Anche se Twitter avesse reagito, non avrebbe avuto importanza. Quando i portavoce dell’azienda hanno esortato in via ufficiosa i giornalisti a lasciare perdere quelle storie, essi non l’hanno fatto, proprio come non l’hanno fatto i senatori Dianne Feinstein e Richard Blumenthal, quando Twitter ha cercato di avvertirli che le storie sui “bot russi” erano false. Horne ha scritto più volte che non ha avuto fortuna nel dissuadere i giornalisti dall’usare certi titoli sensazionalistici. “I giornalisti sono irritati”, ha scritto, aggiungendo, “è come gridare nel vuoto”.
Ho chiesto commenti a una vasta gamma di attori: dall’Alliance for Securing Democracy a Watts e McFaul e Podesta e Kristol, agli editori e ai direttori delle notizie di MSNBC, Politico, Mother Jones, Washington Post, Politifact e altri. Nessuno ha risposto. Faranno tutti finta che non sia successo. I pochi giornalisti che hanno capito subito cosa stava succedendo , da Glenn Greenwald a Max Blumenthal a Miriam Elder e Charlie Wurzel di Buzzfeed a siti come Moon of Alabama, possono fare un giro d’onore. Quasi tutte le altre testate giornalistiche hanno pubblicato queste storie e devono fare chiarezza.
Il caso Hamilton 68 non ha precedenti nella storia dei media, il che potrebbe dare giornalisti dei media mainstream una scusa per ignorarla. Saranno sotto una enorme pressione per evitare di affrontare questo scandalo, dal momento che quasi tutti lavorano per organizzazioni colpevoli di diffondere in grande quantità le “stronzate” di Hamilton.
Questa è una delle storie più significative di Twitter Files. Ognuna di queste storie aggiunge qualcosa di nuovo per comprendere il modo in cui aziende come Twitter siano arrivate a perdere la propria indipendenza. Negli Stati Uniti, la porta è stata aperta ad agenzie come l’FBI e il DHS che hanno iniziato ad esercitare pressioni sulla moderazione dei contenuti, dopo che il Congresso ha arringato Twitter, Facebook e Google sulle “interferenze” russe, un fenomeno che doveva essere visto come una minaccia continua per richiedere maggiore sorveglianza. “Credo fermamente che l’America sia sotto attacco”, ha detto la co-fondatrice di Hamilton 68 Laura Rosenberger, dopo aver visto i tweet di Sonya Monsour, David Horowitz e @holbornlolz.
La storia di Hamilton 68 mostra come funzionava l’illusione della continua “interferenza russa”. Il trucco magico è stato generato attraverso una confluenza di interessi, tra think tank, media e governo. Prima potevamo solo ipotizzare. Ora lo sappiamo: la “minaccia russa” era, almeno in questo caso, solo un gruppo di normali americani, vestiti per sembrare una Minaccia Rossa. Jayson Blair aveva un’immaginazione infernale, ma nemmeno lui avrebbe potuto inventare uno schema così osceno. Ogni testata giornalistica che non ha rinunciato a queste storie dovrebbe vergognarsi.
“Quelli come Hamilton 68 non devono essere d’accordo con noi”, dice Lauria. “Ma dovrebbero semplicemente lasciarci in pace.”
FONTE: https://vocidallestero.blogspot.com
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