Josep Borrell, alto rappresentante Ue per la politica estera e di difesa, ha ammesso che ormai l’Europa non sa più quali altre sanzioni imporre alla Russia. “Siamo agli ultimi gradini della scala”, ha detto con un’immagine efficace. Eppure, la stessa Europa che non ha esitato a ridurre drasticamente i rifornimenti dagli oleodotti e dai gasdotti russi, di fatto non ha imposto alcuna sanzione ai danni del gigantesco complesso nucleare russo. Un paradosso solo apparente: rinunciare al nucleare russo è molto, molto più difficile. E infatti, quando se ne discute nelle sedi Ue, ci sono Paesi come Francia, Bulgaria e Ungheria che immediatamente si oppongono, essendo per le loro centrali e per il loro sistema energetico conveniente mantenere il rapporto con Mosca.
La Russia, infatti, grazie alla compagnia statale Rosatom, di fatto domina il mercato mondiale del nucleare. Nel 2021, la società è stata il terzo fornitore di uranio in Europa, con una quota pari al 20% del totale, dopo il Niger (24,3%) e il Kazakhstan (23%). La Russia ha costruito 19 reattori nucleari in 5 Stati della Ue: 6 nella Repubblica Ceca, 5 in Slovacchia, 4 in Ungheria, 2 in Finlandia e 2 in Bulgaria. Di questi, 15 appartengono al modello VVER-440 mentre gli altri 4 sono modelli VVER-1000. La serie VVER di reattori è stata progettata e sviluppata da Okb Gidropress, una consociata di Rosatom, che è quindi l’unica azienda a poter garantire l’assistenza necessaria al funzionamento di questi reattori. Nel prossimo futuro, infine, dovrebbero entrare in funzione altre 2 centrali nucleari in Slovacchia e altre 2 sono in costruzione in Ungheria.
In un’epoca di rivalutazione del nucleare come energia “pulita” in alternativa all’energia “sporca” dei combustibili fossili, tutto questo non può che rafforzare la posizione di Rosatom. Che infatti non viene sanzionata, a dispetto del fatto che i suoi dirigenti gestiscano la centrale nucleare dello Zaporozhye (nella regione ucraina occupata e annessa nel settembre scorso alla Russia) e nonostante anche altri Paesi Ue abbiano cercato di spingere in questa direzione. Già all’epoca del settimo pacchetto di sanzioni (siamo arrivati al decimo), Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania e Irlanda avevano chiesto in una lettera congiunta di interrompere i rapporti con il settore nucleare russo. Cosa che, come abbiamo visto, non è avvenuta.
Al di là della politica e del gioco delle influenze, va ricordato che Rosatom si è dimostrata un’azienda molto efficiente e affidabile. Il suo successo, dicono gli esperti del nucleare, sta anche nella capacità di fornire ai clienti un servizio all inclusive, dai materiali alla manutenzione, dallo smaltimento dei rifiuti alla formazione del personale. E quando questo non basta, arrivano i finanziamenti a condizioni agevolate. La Russia, infine, conserva una posizione quasi dominante nel mercato del combustibile nucleare. Mosca controlla il 38% della capacità mondiale di conversione dell’uranio e il 46% della capacità di arricchimento dell’uranio. Niente sanzioni contro Rosatom finora, quindi. E difficilmente ne vedremo in futuro.
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