Nelle spiagge italiane ci sono 961 rifiuti ogni 100 metri, il 72.5% è plastica
da L’INDIPENDENTE (Roberto Demaio)
L’inquinamento delle spiagge si conferma una delle grandi minacce ambientali da affrontare con urgenza. I rifiuti sono tra le principali fonti d’inquinamento marino e impattano gravemente sia sulla flora e fauna acquatica che sull’essere umano. Secondo l’ultimo report Beach Litter 2023 di Legambiente, su un totale di 232.800 metri quadrati di spiagge analizzati sono stati trovati 36.543 rifiuti. Una media di 961 ogni 100 metri e un rate di circa un rifiuto ogni 6 metri quadrati di spiaggia, cioè lo spazio occupato solitamente da un ombrellone e due lettini. Beach litter è un’iniziativa di Citizen Science che, grazie a centinaia di volontari dei circoli locali di Legambiente, ogni anno monitora e classifica i rifiuti dispersi sulle spiagge italiane con l’obiettivo di sensibilizzare su questa emergenza che colpisce duramente anche i nostri lidi. La fotografia scattata quest’anno è chiara: “La spiaggia rimane ancora il principale cestino, indifferenziato, delle nostre attività”, così commenta Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente.
L’analisi ha coinvolto 38 spiagge relative a 15 regioni (Liguria, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Lazio, Marche, Abruzzo, Campania, Puglia, Basilicata, Molise, Calabria, Sicilia, Sardegna) e sono stati trovati ben 36.543 rifiuti. Il 72,5% era composto da polimeri artificiali e plastica, che si confermano al primo posto anche quest’anno. Al secondo posto vetro e ceramica (che sono passati da una frequenza del 3,49% nel 2022 al 9,2% attuale), composti per lo più da materiale di costruzione smaltito irregolarmente in spiaggia. A seguire i metalli (6,8% sul totale) e carta e cartone (3,9% sul totale).
Ben il 52% dei rifiuti monitorati è rappresentato da sole 10 tipologie di oggetto: al primo posto i frammenti di plastica con il 10,9% sul totale; seguono tappi e coperchi con l’8,6% e mozziconi di sigarette con il 6% sul totale. Al quinto posto i cottonfioc in plastica (4% del totale). Seguiti dai frammenti di polistirolo (3,9 % del totale), le bottiglie, i contenitori per bevande e infine, all’ottavo e decimo posto (con il 3,1% e 3 % rispettivamente), altri oggetti di plastica e le bottiglie di vetro. Quest’ultime, al pari del materiale di costruzione, new entry negativa della top ten dei rifiuti spiaggiati ritrovati.
Il 46% dei rifiuti di plastica raccolti è costituito dai 10+1 oggetti considerati nella SUP (Single Use Plastics), la Direttiva europea che si pone come obiettivo quello di ridurre l’uso delle plastiche monouso, non biodegradabili e non compostabili, e che da gennaio 2022 è applicata in Italia. Le bottiglie in plastica, inclusi i tappi e anelli (il 15% del totale e il 39% rispetto ai soli oggetti della SUP) si confermano come la tipologia di rifiuti SUP più trovata in assoluto sulle spiagge campionate daLegambiente (ben 5.487 volte). Seguono i mozziconi di sigaretta e le reti e attrezzi da pesca e acquacoltura in plastica (entrambe il 15% della categoria SUP).
I rifiuti di plastica, oltre a costituire un importante pericolo per l’ecosistema marino, possono nuocere alla salute dell’essere umano. Uno studio ha recentemente legato cancro, malattie cardiovascolari e difetti alla nascita con lo smaltimento di polimeri plastici. Nonostante l’aumento dei comuni “plastic free”, esistono numerosi esempi che evidenziano quanto il problema della plastica sia ancora grave. Per esempio, sotto la laguna di Venezia è spuntata un’isola di plastica che si estende per centinaia di metri quadri. Tra le cause d’inquinamento, è fondamentale porre l’attenzione sull’impatto dei rifiuti liberati in mare e trascinati poi sulle spiagge dalla corrente. Per esempio, in Puglia sono stati trovati numerosi rifiuti di origine americana, che sarebbero stati scaricati in mare da alcune navi militari e portaerei USA.
Commenti recenti