L’azione dello Stato sul mare dopo il caso Galata Seaway
da ANALISI DIFESA (Fabio Caffio)
La brillante azione di enforcement della Marina sul traghetto turco si presta a varie chiavi di lettura. Anzitutto ha funzionato il meccanismo decisorio della sicurezza italiana che ha fronteggiato in breve tempo l’emergenza assumendosi la responsabilità di autorizzare l’operazione.
Non dimentichiamo che anni fa, quando nel 2011 fu sequestrata dai pirati il mercantile “Montecristo” di bandiera italiana preferimmo autorizzare un blitz di forze speciali statunitensi e britanniche piuttosto che far intervenire nostri reparti.
Rilevante è stata la dimostrazione di capacità dei nostri militari del San Marco e di Comsubin da parte della Marina che ha dato prova di prontezza, addestramento agli abbordaggi coercitivi, integrazione nell’ambito delle proprie componenti terrestri, aeree e marittime.
Quello che va sottolineato è però il buon rapporto di collaborazione tra Marina, Guardia Costiera e Guardia di Finanza, nel quadro dei rispettivi compiti istituzionali di “Polizia dell’alto mare” (art. 111 COM), Sicurezza della navigazione (maritime safety nell’ambito delle funzioni della Centrale SAR di cui al Dpr 662-1994), ordine e sicurezza pubblica facente capo all’Interno (“ Sicurezza del mare” ex D.Lgs 177-2016).
L’operazione si inquadra infatti, perfettamente, nell’ipotetico settore dell’Azione dello Stato sul Mare la cui realizzazione è divenuto un obiettivo tendenziale del comparto sicurezza marittima da quando si è messo in moto il nuovo Ministero del Mare cui spetterà disegnare i contorni della governance marittima del Paese.
Il modello di riferimento è, com’è noto, l’organizzazione francese in cui Il Comité interministériel de la mer presieduto dal Primo ministro, è l’organo interministeriale di vertice incaricato di deliberare sulla politica marittima del Paese e di definire le linee guida dell’Azione dello Stato sul mare – Action de l’État en mer (AEM) – nel quadro della funzione Guardia costiera, coordinando le attività dei differenti servizi che la svolgono.
Esso è coadiuvato dal Secrétariat général de la mer (SGMer) che, tra l’altro, è responsabile dello svolgimento della citata azione dello Stato sul mare affidata in via principale alla Marine Nationale e delegata localmente alle Prefetture Marittime.
Il nostro sistema è invece policentrico, ma proprio per questo necessita di uno stabile coordinamento interministeriale che rispetti le capacità di ciascuna delle tre componenti ed eviti contrapposizioni o sovrapposizioni. Proprio per questo, l’evento della “Galata Seaway”è un positivo esempio di azione sinergica cui si dovrà dare veste strutturata e stabile.
Un’ultima considerazione giuridica sulla natura del caso che si è attivato su richiesta delle autorità turche di bandiera del traghetto. Se si fosse trattato di pirateria (assalto portato da una nave ad un’altra in alto mare per fini di lucro) non ci sarebbe stato bisogno di tale consenso, trattandosi di un “crimine universale”.
Non sono ben chiari i contorni in cui è maturato il dirottamento del traghetto turco. Se ci fossero state finalità terroristiche avremmo forse avuto un nuovo caso “Achille Lauro”, vale a dire quel tipo di azione criminale inquadrabile nel Terrorismo marittimo.
Circa vent’anni fa la Comunità internazionale si è impegnata a rendere più efficiente il contrasto del fenomeno. Nel 2005 fu così approvato, a questo fine, il Protocollo di Londra di modifica della Convenzione di Roma del 1988 sul Terrorismo marittimo.
L’Italia non ha però ancora ratificato tale Protocollo, che come detto stabilisce le procedure per svolgere operazioni simili a quella della “Galata Seaway” e delinea le specifiche fattispecie penali che bisognerà introdurre nel nostro ordinamento. Forse ora è il momento di riprendere in mano il dossier individuando nella Presidenza del consiglio l’Autorità di riferimento per evitare rivalità tra Ministeri.
Foto: Difesa.it
FONTE: https://www.analisidifesa.it/2023/06/lazione-dello-stato-sul-mare-dopo-il-caso-galata-seaway/
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