I cinesi di TikTok provano a massaggiare i politici italiani
MILANO FINANZA (Luigi Pereira)
A Roma il social cinese TikTok ha incontrato politici e regolatori. Tutti i dettagli
L’evento capitolino “TikTok, quo Vadis?” cui hanno preso parte nei giorni scorsi esponenti delle autorità di controllo, del Parlamento e delle imprese forse avrà chiarito in che direzione va l’app cinese e se per noi occidentali c’è da fidarsi.
COSA PENSA FORMICHE DI TIKTOK (PER DAVVERO)?
A leggere il titolo dell’articolo di Formiche.net, “Le risposte di TikTok ai dubbi su dati, trasparenza e propaganda”, pare che la testata fondata da Paolo Messa nel 2004 e organizzatrice dell’evento, abbia una posizione ben precisa sull’app cinese.
Nonostante i numerosissimi dubbi, insomma, avanzati a più riprese da mezzo mondo occidentale che hanno portato alle ben note restrizioni varate dai vari Parlamenti almeno per ciò che concerne gli impiegati pubblici delle istituzioni sensibili, TikTok avrebbe risposto, facendo finalmente chiarezza.
COSA DICE DI PENSARE FORMICHE
Ma il titolo stesso viene sconfessato poco sotto, quando di sé la testata dice: “Formiche, come i nostri lettori sanno, non è mai stata tenera con TikTok: non solo perché i dati degli europei e degli americani possono finire in Cina (e se con gli Usa c’è un confronto costante sulla gestione di questi database, con Pechino la questione non esiste neanche), ma perché il rischio geopolitico è che qualcuno all’interno del Partito comunista cinese può (per quelle leggi ricordate da Laura Harth) intervenire su qualunque società cinese e, in teoria, manipolarne il funzionamento”.
E lì parte una lunga sbrodolata che ricorda perché Formiche guardi con sospetto TikTok e quali sarebbero i rischi per la democrazia occidentale: “Magari favorendo la viralità di creator, alla vigilia di importanti elezioni in Italia o negli Stati Uniti, che sostengono, ad esempio, che il modello occidentale è in declino, che le nostre democrazie sono inefficaci, che i nostri leader sono deboli, e che il modello autocratico è migliore dei nostri. Perché i video con Biden che si impappina mentre parla girano (con decine di milioni di visualizzazioni) su tutte le piattaforme occidentali (e soprattutto su TikTok…) mentre in Cina non si potrebbe mai e poi mai vedere un video che critica apertamente Xi Jinping”,
Tutto condivisibile, certo, se non fosse, appunto, per il titolo del pezzo, che poi è ciò che rimane in testa al 90% dei lettori (la maggior parte, sì sa, si ferma a quello e magari condivide sui social senza neppure aprire il link). Rischia insomma di passare tutt’altro messaggio, positivo e ottimista.
La stessa presenza delle più alte sfere della redazione (un panel è stato moderato dalla direttrice delle riviste Formiche e Airpress, Flavia Giacobbe, quello politico da Roberto Arditti, direttore editoriale di Formiche, un altro dal direttore di Formiche.net Giorgio Rutelli che si è anche confrontato col responsabile delle Relazioni istituzionali di TikTok, Giacomo Lev Mannheimer (nella foto), ben sottolinea come l’evento, pro o contro TikTok chissà, lo abbia voluto e organizzato appunto Formiche.
IL RUOLO DI MANNHEIMER
Quel che è certo, è che Mannheimer, che come si legge sul sito del think tank liberista guidato diretto da Alberto Mingardi, prima di entrare nel social cinese si è occupato prevalentemente delle tematiche relative a regolamentazione, innovazione e concorrenza per l’Istituto Bruno Leoni (per l’istituto ha firmato varie ricerche in cui sostiene per esempio che “la concorrenza, in Italia, viene quasi sempre accusata di essere “sleale”, a riprova della mancanza di comprensione degli effetti benefici sull’economia nel suo insieme generati dalla libertà economica e dall’innovazione”. Un vero promotore del libero mercato insomma. E della proprietà privata), ha avuto modo di confrontarsi con personaggi di spicco dell’imprenditoria e della politica e della regolamentazione, da Deborah Bergamini (Forza Italia) ad Andrea Dara (Lega) e Antonino Iaria (M5S), dal componente del Collegio del Garante, Guido Scorza, a Eleonora Faina, direttore generale di Anitec-Assinform, fino ad arrivare a Paolo Atzeni, Direttore per lo sviluppo di capacità e competenze, Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Francesco Di Giorgi, Funzionario, Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, Laura Harth, Campaign Director di Safeguards Defenders e Coordinatrice dell’Alleanza interparlamentare sulla Cina, Federico Mollicone, presidente della Commissione Cultura alla Camera.
E il bello è che nella società fondata da Messa qualcuno forse ricorderà come un attuale manager di un gruppo controllato dalla Cina cercò di far passare Formiche come una testata quasi antiamericana. Bizzarrie, ovviamente.
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