Improvvisa ma non imprevedibile tensione tra Polonia e Ucraina, Paesi che sembravano legati da un patto indissolubile di resistenza contro la russia. Tensione che è stata certificata dal
vice ministro degli Esteri di Varsavia,
Pavel Yablonsky: “A causa delle dichiarazioni di alcuni rappresentanti del Governo dell’Ucraina, ultimamente le nostre relazioni non sono state delle migliori. Nessuno lo nasconde. Ho l’impressione che ciò sia dovuto al fatto che, purtroppo, a Kiev alcuni hanno ceduto all’emozione. Comprendiamo che l’Ucraina è pesantemente attaccata, ma non dovrebbe attaccare i suoi alleati”. Non contento, Yablonsky ha aggiunto che Ucraina e Polonia “non sono d’accordo” su molte questioni. “Noi siamo guidati dagli interessi nazionali polacchi. Sosteniamo l’Ucraina nella misura in cui ciò soddisfa gli interessi nazionali della Polonia. È sempre stato così e lo sarà sempre”.
Gli ultimi fatti. Il Governo polacco ha chiesto all’Unione Europea di prorogare il blocco all’esportazione di grano, mais, colza e girasole dall’Ucraina verso cinque Paesi confinanti, appunto la Polonia con Bulgaria, Ungheria, Romania e Slovacchia. Il blocco, decretato mesi fa, dovrebbe scadere il 15 settembre ma la Polonia vuole allungarlo e, anzi, dice di essere
disposta a farlo da sola se la UE dovesse decidere altrimenti. La ragione è semplice: quello agricolo è, oggi, l’unico settore produttivo tuttora redditizio dell’Ucraina, ed è in grado di vendere a prezzi assolutamente concorrenziali rispetto a quello degli altri Paesi europei. E i produttori dei Paesi citati sono insorti, trovando orecchie attente nei rispettivi governi.
Una situazione non facile da gestire, che infatti provoca tensioni. Tanto che nei giorni scorsi il consigliere presidenziale polacco,
Marcin Przydacz, ha detto in Tv che la Polonia dà la priorità alla
“difesa degli interessi degli agricoltori polacchi” e ha nuovamente chiesto l’estensione delle restrizioni alle importazioni di grano ucraino. E ha aggiunto:
“L’Ucraina ha ricevuto molto sostegno dalla Polonia, sarebbe bello se iniziassero a essere grati per il ruolo che la Polonia ha svolto per l’
Ucraina negli ultimi mesi e anni”. Vale la pena di notare che
il discorso sulla ingratitudine ucraina riprende quasi alla lettera quello fatto qualche tempo fa da
Ben Wallace, il ministro degli Esteri del Regno Unito. Una critica identica che colpisce ancor più perché viene dai due Paesi più filo-Ucraina d’Europa.
Dopo la dichiarazioni di Przydacz, il ministero degli Esteri dell’Ucraina ha convocato l’ambasciatore polacco a Kiev per trasmettergli una protesta ufficiale di questo tenore: “Le dichiarazioni sulla presunta ingratitudine degli ucraini per gli aiuti ricevuti dalla Repubblica di Polonia non riflettono la realtà e sono quindi inaccettabili”. Il ministero degli Esteri della Polonia, a sua volta, ha convocato l’ambasciatore ucraino a Varsavia,
Vasyl Zvarych, per protestare a sua volta, affidando persino al primo ministro Morawiecki una critica delle autorità ucraine. Com’è naturale, trattandosi di Paesi che in passato hanno avuto relazioni molto turbolente e si sono anche combattuti, nelle attuali polemiche si sono inseriti anche elementi del passato.
Dal ministero degli Esteri polacco sono state ricordate i “massacri di Volynia” (1943-1945), quando i miliziani dell’Esercito insurrezionale ucraino (UPA), insieme con le truppe naziste e con il concorso di parte della popolazione ucraina, torturano e sterminarono oltre 100 mila polacchi, in gran parte donne e bambini, nella Polonia occupata. “Per noi,
i massacri di Volynia sono un genocidio. Questo genocidio non è stato ancora affrontato e risolto. Vogliamo solo parlarne onestamente e apertamente in modo che le vittime vengano rievocate e la loro memoria sia onorata. Questo problema deve essere affrontato”, ha dichiarato il portavoce del ministero degli Esteri. Cosa che, ovviamente, l’Ucraina non ha gran voglia di fare.
Questo è ciò che si vede in superficie. È però possibile che
parte delle tensioni sia legata all’andamento della controffensiva ucraina, che dopo due mesi non sta ancora producendo i risultati che gli alleati occidentali si aspettavano. Le difese russe nel Donbass, nello Zaporozhye e nella regione di Kherson stanno tenendo e ormai siamo in piena estate. Quella che voleva essere, da parte ucraina, una guerra di movimento, resta per ora inchiodata in una guerra di posizione in cui gli ucraini subiscono le perdite maggiori, sia in termini di uomini sia di mezzi.
I cieli sono controllati dai caccia russi e con settembre potrebbe ripresentarsi, sul fronte, il problema delle piogge e dei terreni impraticabili per i mezzi corazzati pesanti. Una realtà che gli attacchi dei droni ucraini possono forse mascherare ma non nascondere.
Se le cose stessero così anche in autunno, diventerebbe impossibile non riconoscere lo stallo e sempre più difficile non accettare (o subire) la realtà di una soluzione di tipo coreano, con un Est ucraino controllato dai russi. Proprio ciò che l’Ucraina e i suoi alleati da più di un anno considerano una sconfitta inaccettabile.
Commenti recenti